Oplà: l’Italia importa il grano russo e sostiene l’economia russa. Ma non dovremmo essere alleati dell’Ucraina?

Per carità: il mercato internazionale del grano è un ‘gran casino’. Però, così facendo, l’appoggio all’Ucraina rischia di diventare una barzelletta!

In Italia le industrie stanno producendo pasta con il grano russo? Sapevamo che l’Italia è piena di grano canadese e di grano ucraino. Siccome ci sono polemiche roventi sul grano ucraino inquinato dalle bombe, con presenza soprattutto di metalli pesanti (qui trovate tre articoli sul grano ucraino inquinato: “In Europa continua ad arrivare grano di pessima qualità. Buon appetito!” – “La Slovacchia distrugge il grano ucraino: è così inquinato che non si utilizza nemmeno per gli animali” – “Attenti ai derivati del grano ucraino, canadese e anche del Sud Italia ‘annegato’ dalle piogge”), ecco che gli industriali hanno optato per il solito grano canadese e, così sembrava, per il grano turco. Invece, a giudicare da quello che si legge nel sito di Granosalus (associazione di produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia e di consumatori), sarebbe cominciato anche l’arrivo massiccio di grano russo. Non è da escludere che quello che fino ad oggi è stato fatto passare per grano turco sia, in realtà, grano russo! Quanto sta avvenendo è davvero singolare: ufficialmente l’Italia è schierata con l’Ucraina nella guerra contro la Russia e poi che fa? Acquista grano russo, di fatto sostenendo l’economia del Paese che è in guerra contro l’Ucraina della quale l’Italia è alleata e sostenitrice… Siamo alle comiche! Chissà che faccia farà il presidente dell’Ucraina Zelensky, in questi giorni impegnato in una battaglia legale contro la Ue che ha avallato lo stop all’importazione di grano ucraino da parte di cinque Paesi europei: Polonia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia. Morale: il Governo italiano ‘appoggia’ l’Ucraina e poi – acquistando grano russo -sostiene l’economia della Russia in guerra contro l’Ucraina. Siamo alla farsa!

L’Italia piena di grano canadese, turco e adesso anche russo. La nota di GranoSalus

“Non basta il grano turco senza dazi e a prezzi di dumping – leggiamo nel sito di GranoSalus -. In rada nel porto di Manfredonia è arrivata ieri la nave russa Mercury J partita da Novorossiysk il 1 Settembre e arrivata qui il 7 Settembre. Si tratta di una Bulk Carrier, battente bandiera Palau con un tonnellaggio di 277 mila tonnellate. IMO 9299472. Significa aggiungere altri 250 mila quintali da sommare agli oltre due milioni di quintali di grano duro turco arrivati dal 26 Luglio all’1 Settembre in prevalenza in Puglia, con alcuni scarichi a Salerno, Ravenna, Ancona e Augusta”. Non possiamo non segnalare una stranezza: mentre aumentano le marche di “Pasta prodotta con 100% grano duro italiano”, sotto i nostri occhi, contemporaneamente, assistiamo alla presenza in Italia di una grande quantità di grano duro estero importato e a una drastica riduzione della qualità di grano duro italiano frutto di un’annata disastrosa (ricordiamoci nel Sud e in Sicilia sono state registrate piogge a Maggio e nei primi dieci giorni di Giugno: e questo per il grano duro è esiziale, se è vero che si è salvato solo il grano duro coltivato nelle aree alto collinari e nelle aree montane, dove la raccolta viene effettuata a Luglio inoltrato e talvolta anche ai primi di Agosto, così il grano bagnato dalle piogge di Giugno è stato asciugato dal Sole). Se l’Italia è piena di grano duro estero e la produzione di grano duro del Mezzogiorno d’Italia (dove si concentra il 90% del grano duro italiano) è stata ridotta dalle cattive condizioni climatiche da dove spunta la “Pasta prodotta con 100% grano duro italiano”? E’ legittimo o no porsi e porre questa domanda? Né è pensabile che il grano duro è arrivato dall’Emilia Romagna – dove il grano duro è in espansione – se è vero che quest’anno tale regione è stata travolta da un’alluvione.

La contraddizione: l’aumento di “Pasta prodotta con il 100% di grano duro italiano”. E allora che fine fa l’enorme quantità di grano duro estero importato?

Insomma, comunque la si giri, i conti, per il grano duro italiano, non tornano. C’è una seconda stranezza. Abbiamo sottolineato la carente offerta di grano duro italiano a fronte di una domanda di grano duro piuttosto sostenuta. Quando si verificano queste condizioni – soprattutto se in Italia, come cercano di farci credere, la pasta viene prodotta con il “100% di grano duro italiano” – il prezzo del grano duro dovrebbe schizzare all’insù. “In Italia, invece – leggiamo sempre nel sito di GranoSalus – nelle ultime settimane si è verificata una cosa strana: a fronte di un deficit mondiale di grano, ivi compreso quello dell’Italia, e di prezzi internazionali elevati, la domanda di grano duro italiano è aumentata, ma i prezzi nazionali sono stati abbassati a tal punto che dalla Borsa merci di Foggia, un commissario di parte agricola per protesta si è dimesso. Senza abbassare né il prezzo della pasta, né quello del pane”. Non conosciamo bene le ultime dinamiche internazionali del prezzo del grano, che come ci hanno insegnato i report dell’analista dei mercati internazionali, Sandro Puglisi, sono mutevoli e, soprattutto, dipendono da vari fattori. Nel report di Puglisi dell’8 Settembre leggiamo che “I prezzi del grano europeo sono aumentati, mentre i mercati dei semi oleosi sono diminuiti. L’euro è sceso al minimo di tre mesi contro il dollaro, sostenendo i prezzi delle materie prime europee. L’attività di carico di Settembre in Europa si presenta ancora piuttosto lenta, nonostante i grandi volumi disponibili nelle infrastrutture portuali. In Polonia, i prezzi dei cereali sono crollati questa settimana, mentre gli esportatori hanno dovuto fare i conti con la qualità del raccolto influenzata dalle piogge”.

Il rischio è che nelle Regioni del Sud e in Sicilia si riduca la produzione di grano duro causa bassi prezzi e alti costi di produzione

A parte qualche divergenza, un fatto è certo: l’Italia è piena di grano duro estero e l’informazione che arriva dalla televisione è simile all’informazione sul Covid… Dopo di che è impossibile non essere d’accordo sulle conclusioni a cui giunge GranoSalus: “In assenza della Commissione unica nazionale-CUN, che garantiva la trasparenza, siamo ormai a livelli così esagerati di importazioni che il prezzo, a cui buyer e grandi industrie compiacenti acquistano il grano, è diventato tanto basso da renderne sconveniente la coltivazione. Il rischio è che migliaia di ettari coltivati anche con grani di elevata qualità vengano addirittura abbandonati. Gli agricoltori non possono lavorare sottocosto! È un rischio che porterebbe alla desertificazione di interi territori, ad una maggior dipendenza da grani importati, con gravi conseguenze sociali e con riflessi negativi per la salute dei nostri consumatori e per la nostra dieta”. Le cose stanno così anche in Sicilia? Cosimo Gioia, produttore di grano duro nell’entroterra della Sicilia allarga le braccia: “Noi semineremo comunque il grano duro perché non abbiamo alternativa. Ma le considerazioni di GranoSalus sono corrette. Il prezzo del grano duro basso e i costi di produzione sono in aumento. Sementi e fertilizzanti hanno oggi costi proibitivi. Il problema è che la politica è sorda”. Da quello che leggiamo sulla rete, il prezzo del grano duro in Puglia, mercato di Foggia, va da 38 a 40 euro al quintale. Sono 20 euro al quintale in meno rispetto allo scorso anno. In Sicilia il prezzo del grano duro è ancora più basso, compreso tra una ‘forbice’ di 28-32 euro al quintale. Con i costi di produzione alle stelle è difficile lavorare in queste condizioni, a meno che – ad esempio – non si risparmi sui fertilizzanti: ma questo riduce la produttività. Insomma, il gatto che si morde la coda…

Foto tratta dal sito di GranoSalus

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