Gesù richiama i discepoli ubriacati dalle ambizioni ribattendo che debbono primeggiare nel servizio fraterno

di Frate Domenico Spatola

28 Febbraio 2024, Mercoledì della seconda settimana di Quaresima: Matteo 20,17-28

Nei pressi di Gerusalemme, Gesù dichiarò ai Dodici che non sarebbe stato il vincente. Consegnato dai capi sacerdoti, sarebbe stato ucciso dai pagani. Morte non definitiva, perché il terzo giorno sarebbe risorto. I discepoli non compresero. Vagheggiavano altri sogni. I figli di Zebedèo, con la madre chiesero a Gesù, nel suo nuovo regno, i primi posti per comandare. Gesù ne scusò l’incapacità di comprendere: “Potete bere il calice che io sto per bere?”. Indicava la drammatica sconfitta. Alienati, i discepoli risposero: “Lo possiamo”. Gesù riprese che i posti ambìti, erano il dono del Padre a coloro che avrebbero condiviso il suo destino da crocifisso. Gli altri dieci si sdegnarono per la furbata dei compagni. La comunità di Gesù si era divisa per l’ambizione, come le dodici tribù dell’antico Israele. Distanti ideologicamente, Gesù li convocò e spiegò che apparteneva ai dominatori nutrire quelle ambizioni, loro invece dovevano primeggiare nel servizio fraterno, sull’esempio del “Figlio dell’uomo, venuto per servire e dare la vita per tutti”.

Foto tratta da Io resto con Gesù

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