Ignazio di Antiochia e la mistica del martirio: “frumento di Cristo” macinato dai denti dei leoni”

di Frate Domenico Spatola

La sua comunione con Cristo era totale

Di Ignazio di Antiochia affascina la “mistica del martirio”. Condannato al Circo Massimo di Roma per essere divorato dalle belve, doveva offrire lo spettacolo richiesto dai cittadini dell’Urbe. Ignazio non si sottrasse. Desiderava quell’ora per “consumarsi con Cristo”. Scriveva ai cristiani di Roma di non impedire che egli “frumento di Cristo venisse macinato dai denti dei leoni”. La comunione con Cristo era totale e, all’apice condivisione nella morte. Nel 107, imperava Traiano. Non accanito persecutore dei Cristiani, dava ai prefetti libertà di arbitrio per intervenire, pesantemente, se i “seguaci di Cresto”, come in un biglietto li definiva Plinio il Giovane, provocassero disordini. Antiochia era stata la sede di Pietro. Per la prima volta, i seguaci di Gesù in questa città, furono chiamati “Cristiani”. Ignazio venne affidato a “dieci leopardi”, come egli chiamava i suoi brutali carcerieri. Lo trascinarono fino a Roma “damnatus ad bestias”. Il Testamento spirituale è l’Epistolario alle Sette Chiese. Lascito insostituibile dell’epoca sub-apostolica. Intenso per la vita della Chiesa e la sua organizzazione. Incentrata sul vescovo come immagine del Padre, assistito dai presbiteri come gli Apostol, e, per il ministero, il Diacono sul modello di Cristo “servo eccellente e mediatore”. Gli “Scritti” di Ignazio trasudano ardore ed entusiasmo di fede per Cristo e per la Chiesa. Egli sente fortemente in sé lo Spirito che “come acqua gorgoglia e lo invita a venire al Padre”. Se l’apostolo Paolo aveva sperimentato “Cristo che vive in me!”, Ignazio lo ha compreso e lo addita a noi.

Foto tratta da La Nuova Bussola Quotidiana

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