Il 28 Agosto del 1963 a Washington, Marthin Luther King pronunciava il suo discorso più famoso: “Ho un sogno…”

di Frate Domenico Spatola

Ancora oggi quel “sogno” aleggia e non si incarna, perché il razzismo non è vinto

28 agosto 1963. A Washington, Marthin Luther King pronunciava il suo discorso più famoso. Era il desiderio di uguaglianza fra gli uomini. Era la “Terra promessa” da lui sognata. Era sua “la forza d’amare” a sorreggerne la speranza. Ma fu anche l’utopia, per la quale verrà ucciso il 4 aprile 1968 a Memphis, nel Tennecy, in campagna elettorale per Robert Kennedy. Si viveva attesa di cambiamenti epocali, nel periodo postbellico. Giovanile si respirava “il sogno dell’uguaglianza oltre i colori della pelle”, perché “nella notte del dolore le mani hanno tutte lo stesso colore”. Da leit-motiv a preludio Sessantottino. Negli Stati Uniti, per i diritti degli Afro-americani, si provava a contrastare il razzismo voluto dal Ku Klux Klan. “A distanza dei Sessanta anni – ci chiediamo – che ne è di quel sogno?”. Una guerra è in corso da un anno e mezzo, senza prospettiva a breve. Le rivoluzioni affamatorie dei poveri, in tante parti del mondo, non dànno speranza. Quel “sogno” aleggia e non si incarna. Perché il razzismo non è vinto e prolifica proteicamente in Iran e Afghanistan con “l’apartheid” delle donne il maschilismo, imposto come legge divina. E il sogno? L’Africa è sfruttata fino svuotarla di risorse umane e di ricchezza naturale. Fuggono da profughi in cerca di acqua per sopravvivere come da diritto di natura. La globalizzazione si è rivelato l’inferno temuto, perché il Pianeta è ostaggio dei pochi oligarchi, avidi di prezzi sempre più esosi, da affamare i meno abbienti. Il “sogno” è ora il mio: trovare nella Umanità le ragioni per dirsi fratelli.

Foto tratta da Azione non violenta

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