Il commento a un celebre passo del Vangelo: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

di Frate Domenico Spatola

Farisei e erodiani pensavano di mettere in difficoltà Gesù con un tranello. Ma Gesù mise nel sacco loro, facendogli fare una figura da due lire

15 Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. 17 Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l’iscrizione?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Accusati da Gesù come ladri e assassini, i capi religiosi di Israele arretrarono a preparare nuove trappole per screditarlo e accusarlo. Primi a tentarlo furono i discepoli dei farisei, in combutta con gli erodiani, militari a servizio di Erode. Dinanzi al comune pericolo dimenticarono l’antica inimicizia. Ossequiosi e curiali, lo adularono chiamandolo “maestro veritiero”, ma senza alcuna intenzione di seguirlo. Il parere, a lui richiesto, era una trappola: “È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”. Si trattava della odiosa tassa annuale, che era stata imposta dai Romani nell’anno sesto dell’era corrente e contro la quale il popolo si era ribellato. La risposta di Gesù, se favorevole, lo avrebbe reso impopolare. Ma altrettanto rischiosa sarebbe stata la sua negazione. Gli erodiani l’avrebbero ammanettato per insurrezione contro l’imperatore. Gesù, dopo averli smascherati pubblicamente come “ipocriti”, chiese che gli mostrassero la moneta del tributo, nelle cui facce figuravano rispettivamente le effigi dell’imperatore Tiberio e di sua madre. Gliela ostentarono prontamente perché la detenevano nelle tasche, contravvenendo al divieto che circolasse nell’area del tempio a motivo delle immagini vietate. Gesù fece loro un ragionamento tale da potere, da sé, tirare la conclusione. Accettare onòri e utili dall’imperatore, li obbligava a subirne anche gli òneri. Ma a Gesù premeva piuttosto denunciare il furto sacrilego del popolo che essi avevano fatto a Dio, per cui li obbligava urgentemente a “restituire a Dio quello che era di Dio”.

Foto tratta da Tempo di Riforma

Un commento

  1. faccio però notare un dettaglio:
    tutti dicevano moneta dell’impero e gesù diceva moneta di cesare;
    già ai tempi di gesù la moneta aveva un gestore e gesù parlava proprio contro questo;
    la moneta è una ideologia, la prova sta nella costituzione ” .., è uno strumento di scambio accettato da tutti, e deve essere gestito dal governo. “, avete notato che viene definito strumento (come se fosse un’attrezzo);
    gesù gia avvertiva che non era un sistema equo.
    nella storia quante volte la moneta è fallita, scambiata apparentemente risolveva e poi il problema ricominciava e tutte le volte di un gestore e con garanzie (metalli preziosi, pietre, diamanti, ecc.. – le garanzie sono inganni).

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