Il sali e scendi di Monsignor Viganò: critica Papa Bergoglio ma poi aggiunge che è pur sempre il Pontefice e ce lo dobbiamo tenere così com’è

di Diego Fusaro

Così facendo, dice con la sua consueta chiarezza il filosofo Diego Fusaro, la critica astratta dell’oggetto giudicato immodificabile diviene in concreto la sua apologia più potente, sia pure indiretta

Con Andrea Cionci, unendo filosofia, teologia e diritto canonico, abbiamo mostrato more geometrico perché il monsignor Viganò (foto sopra tratta da Il Giornale) finisca, eventualmente anche malgrado le sue intenzioni, per essere l’opposizione funzionale a Bergoglio stesso. In sintesi, Viganò critica – molto giustamente – Bergoglio per la sua teologia del nulla e per la sua religione liquida. Ma ci dice che, essendo pur sempre il Papa, dobbiamo riconoscerlo come tale e dunque, per i cristiani, obbedire alla sua neo-chiesa. Questa è la classica posizione che gli anglofoni dicono di gatekeeping e che noi potremmo tradurre liberamente come “critica addomesticata“: si critica radicalmente l’oggetto e, insieme, si dice che a malincuore bisogna accettarlo così com’è perché non ci sono alternative. È la posizione classica che in filosofia troviamo in Umberto Galimberti, il quale critica duramente – e giustamente – la civiltà della Tecnica e poi però dice che non la si può cambiare. Dunque la critica astratta dell’oggetto giudicato immodificabile diviene in concreto la sua apologia più potente, sia pure indiretta.

Gli utili idioti dello status quo: coloro i quali, quando la partita prende una brutta piega per il re, rovesciano la scacchiera

Lukács, nella “Distruzione della ragione”, parla degli intellettuali del Grand Hotel Abisso: nel lusso delle loro stanze confortevoli, talvolta si affacciano sull’abisso per buttare un occhio sull’orrore, per poi ritirarsi di nuovo nelle loro stanze raffinate. Lo dice in relazione ai Francofortesi. Noi possiamo dirlo anche in relazione a Viganò e a quanti ignorano l’argomento fondamentale per fare scacco matto a Bergoglio: l’argomento secondo cui Ratzinger non ha mai abdicato, essendosi invece posto – con munus e senza ministerium – in sede impedita dal 2013. Questo argomento, a nostro giudizio è vincente (cfr. Cionci, “Codice Ratzinger”, e Fusaro, “La fine del Cristianesimo”). In base a questo argomento, Bergoglio non è il Papa. Ad oggi, l’argomento non è stato confutato, ma solo aprioricamente respinto, ignorato o dileggiato nelle forme proprie appunto della distruzione della ragione. Il buon cristiano – diceva l’Aquinate – è colui che onora la ragione oltre a onorare Dio. È un altro modo per dire che non si può onorare Dio mortificando il logos. Ora, che il nostro argomento venga respinto a priori dai difensori di Bergoglio e della sua neo-chiesa smart e postcristiana, si capisce da sé. In essa, distruzione della ragione e della fede procedono di conserva, come richiesto dal nichilismo relativistico. Perché però l’argomento viene egualmente ignorato o schernito da Viganò e da chi gli è vicino? E non parlo che di teologi e studiosi, come ad esempio – un nome su tutti – Valli, evitando accuratamente di occuparmi – per carità di patria e anche perché il tempo non va sprecato – di internettari livorosi e di pittoreschi fanatici, di gestori dialettofoni di televendite di panettoni sottocosto e di haters di professione. Costoro, incapaci di intendere e di argomentare, sono solo gli utili idioti dello status quo: coloro i quali, quando la partita prende una brutta piega per il re, rovesciano la scacchiera con rumore assordante e con quei ghigni e con quelle battutine che – diceva Preve – sono l’argomento di chi non ha argomenti e vuole appunto evitare la sfera razionale degli argomenti.

Proprio come può accadere in una ideale partita di scacchi contro sua maestà, il re deve sempre vincere

Ma torniamo a cose e a persone più serie. Se il nostro argomento non regge, Viganò e la sua compagnia dovrebbero spiegarci perché, liberandoci dall’errore e aiutandoci ad avvicinarci alla verità. Se regge, come noi crediamo, dovrebbero essi stessi farlo loro, dacché sarebbe la freccia decisiva per l’arco di chi aspiri a sanare la Chiesa e a fermare il suo “folle volo” nel baratro del nichilismo in cui la sta portando Bergoglio. Insomma, se l’argomento è sbagliato, lo confutino razionalmente. E se è giusto, lo facciano loro per condurre nel modo più efficace la battaglia. Perché, invece, non lo prendono in esame? Tertium datur. E la nostra tesi è allora questa: non essendo loro in grado di confutare il nostro argomento (ad oggi inconfutato), lo ignorano proprio perché esso è vero in forma dirimente, e potrebbe realmente condurre alla fine del caos nella Chiesa e alla soluzione del dramma Bergoglio, con una possibile ripresa del percorso eroico di Ratzinger nella resistenza alla dittatura del relativismo. In sintesi, Viganò e il suo variegato circuito giocano una curiosa partita a scacchi, nella quale, quando viene loro suggerita la mossa per fare scacco matto, fanno finta di non sentire o addirittura si girano dall’altra parte, lasciando così che a fare scacco matto sia il loro avversario. E, dunque, criticano sì Bergoglio, ma alla fine non intendono realmente proporre la rivoluzione che pure sarebbe necessaria. Mobilitano cavalli, torri e regine, si addentrano nel campo avversario, ma si interdicono dal compiere la mossa finale, lo scacco matto. Sicché alla fine il loro agire, apparentemente critico verso Bergoglio, si risolve in una indiretta apologetica di Bergoglio stesso, che essi si ostinato a riconoscere e a considerare come il Papa. Proprio come può accadere in una ideale partita di scacchi contro sua maestà, che deve sempre e comunque vincere, magari anzi lasciando credere che la partita sia stata combattuta fino alla fine e che l’avversario le abbia provate tutte e non ce l’abbia fatta perché il re è comunque invincibile. Dopo una partita cosiffatta il re appare più forte di prima.

Un commento

  1. Nulla da eccepire, Cionci e Fusaro vantano onestà intellettuale e approfondita conoscenza sull’argomento. Tesi granitiche e di impossibile, razionale, confutazione.

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