In Spagna il socialista Pedro Sanchez farà un Governo con gli indipendentisti della Catalogna (e non soltanto)

di Terza Erinni

Il socialismo spagnolo, pur di restare al Governo, abbraccia la causa indipendentista della Catalogna e, magari, di altre regioni spagnole che hanno sempre avversato il centralismo ottuso di questo Paese

Pedro Sanchez, leader del PSOE (Partito Socialista Operaio Spagnolo), attende fiducioso l’investitura di re Felipe che, a  breve, dovrebbe conferirgli l’incarico di formare il nuovo Governo spagnolo. Sembrano, infatti, praticamente nulle le possibilità del Partito Polare (PP), con Alberto Nunez Feijoo, di trovare quei 176 voti in Parlamento necessari a garantirgli una maggioranza comoda per battezzare un esecutivo di centro-destra. E, così, Sanchez, in queste ore si sta sfregando le mani, mentre i tentativi del suo rivale, naufragano uno dopo l’altro, senza pietà. Ultima batosta, è arrivata ieri dai Paesi baschi: “I Popolari – si legge sui giornali iberici- ammettono che i nazionalisti baschi, la loro ultima speranza, non sosterranno Feijoo”. Bella scoperta: perché mai dovrebbero appoggiare un partito tradizionalmente nemico delle rivendicazioni regional-indipendentiste spagnole?

L’Unione europea ultra-liberista e globalista dovrà ingoiare anche questo rospo…

Ma in politica, come è noto,  ‘mai dire mai’, tutto è possibile, anche l’impensabile. A ben guardare, infatti, anche le sorti di Sanchez dipendono da chi mai si sarebbe sognato di dover convincere gli indipendentisti catalani. Ahi, que dolor! Parliamo di quegli stessi indipendentisti ‘bastonati’ e abbandonati da Sanchez nel 2017, anno del famoso referendum sull’indipendenza catalana. Sappiamo che la Spagna di Mariano Rajoy non riconobbe valore legale a quella consultazione, ma la prova servì, senza ombre di dubbio, a dimostrare al mondo da che parte sta la maggioranza della società catalana. Le reazioni, come si ricorderà, furono furiose: la polizia spagnola uso metodi franchisti (tant’è che l’Agenzia per i diritti umani ebbe non poco da ridire sui metodi usati contro i catalani), le cancellerie dell’Europa ultraliberista si schierano con Madrid, pochissime le voci che esortavano al dialogo e al riconoscimento del diritto dell’autodeterminazione dei popoli.

Se vorrà dare vita al Governo, il socialista Sanchez, che nel 2017 era ferocemente contrario agli indipendentisti catalani, dovrà accettare le condizioni dettate da chi vuole la fine della Spagna centralista

E, il nostro Pedro, il socialista che posizione prese? Non spese una parola in favore dei catalani, le sue parole parole parlavano di unità, sovranità e bla, bla, bla. Tra i popolari e i socialisti, poca differenza in quell’occasione. Però, la vita è strana: adesso che i voti indipendentisti rappresentano per lui una manna dal cielo, Sanchez si sta riscoprendo sensibilissimo ai temi sollevati da Barcellona (e non solo). Intanto, i catalani gli hanno fatto ‘odorare’ la vittoria sulla coalizione di centrodestra con il sostegno alla compagna di partito, Francina Armengol, che, grazie a loro, è presidente del Congresso dei deputati. Se, vorrà segnale il gol decisivo, Sanchez dovrà accettare alcune condizioni (praticamente, già accettate), ovvero:  il riconoscimento del catalano come lingua ufficiale dell’Unione Europea, l’uso del catalano nel Congresso a partire dalla prossima sessione plenaria; la creazione di una commissione d’inchiesta sugli attentati del 17 agosto a Barcellona e Cambrils e una commissione d’inchiesta sul caso di spionaggio conosciuto come ‘caso Pegasus’, che ha visto coinvolti diversi leader ed esponenti della società civile pro-indipendenza della Catalogna. Per cominciare. Perché se ufficialmente, la questione di un nuovo ‘referendum’  è esclusa dalle trattative, tutti sanno che i catalani non ci rinunceranno mai. Punteranno, magari, allo stesso obiettivo, l’indipendenza della Catalogna, formale o sostanziale che sia, attraverso altre vie. Così come una maggiore apertura alle rivendicazioni delle altre Regioni, storicamente, lontane dal centralismo di Madrid. E, Sanchez, il grande difensore della sovranità spagnola del 2017, non potrà che stare a guardare. Se non è nemesi, ci somiglia molto.

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