La globalizzazione in agricoltura è una grande minchiata: distrugge le aziende, colpisce la salute delle persone e diffonde nel mondo le patologie vegetali

Di questi disastri dobbiamo ringraziare l’attuale Unione europea ultra-liberista e globalista. Se l’Italia fosse ancora un Paese serio e soprattutto libero sarebbe già uscita dalla Ue. Ma, purtroppo, le cose stanno esattamente al contrario

Liberismo e globalizzazione economica, oltre a rovinare il mondo moltiplicando le diseguaglianze economiche e sociali, se applicate all’agricoltura diventano espressione piena di umana stupidità. Cosa insegnano i ‘filosofi’ della globalizzazione economica? Che bisogna produrre un bene là dove i costi sono più bassi. Questo principio, in generale, è una grandissima minchiata, perché mette in competizione aree del mondo dove il costo del lavoro è diverso. Nelle aree del Pianeta evolute i lavoratori hanno acquisiti diritti e il costo del lavoro, per le imprese, è, per ipotesi, uguale a 100. Nelle aree non evolute i lavoratori non hanno diritti e il costo del lavoro è più basso, per ipotesi uguale a 10. E’ chiaro che le imprese, se le leggi glielo consentono, chiudono le proprie attività nei Paesi evoluti e si spostano nei Paesi non evoluti dove risparmiano sul costo del lavoro. Questa si chiama delocalizzazione. Che, per esempio, ha fatto perdere tantissimi posti di lavoro all’Italia a scapito dei Paesi dell’Est europeo che, peraltro, fanno parte dell’Unione europea. Questa è una delle tante dimostrazioni del fallimento dell’Unione europea. Se l’Italia fosse ancora un Paese serio e soprattutto libero sarebbe già uscita dalla Ue. Ma, purtroppo, le cose stanno esattamente al contrario. Può non piacere ma è così. Non è un caso se, ormai da anni, è la Ue a scegliere il Ministro dell’Economia italiano, a prescindere dallo schieramento politico che vince le elezioni. Il resto sono chiacchiere.

I tre problemi che la globalizzazione provoca in agricoltura (e nella società)

Questo sistema applicato all’agricoltura è esiziale perché provoca una serie di problemi. In primo luogo distrugge le aziende agricole dei Paesi evoluti, facendo venire meno la sovranità alimentare. In secondo luogo peggiora sensibilmente la qualità del cibo. In terzo luogo – ed è l’argomento che in questi giorni è stato al centro del dibattito in Sicilia – ‘internazionalizza’ le malattie delle piante: agenti patogeni presenti in un Continente (insetti, virus, batteri, miceti o funghi) e assenti negli altri Continenti, grazie alla demenziale globalizzazione, si trasferiscono da un Continente all’altro. La tesi secondo la quale è possibile bloccare la diffusione di queste malattie con i controlli alle frontiere è un’altra minchiata, perché prima o poi una falla si materializza e succede il patatrac. L’unica cosa da fare per evitare la diffusione delle malattie è bloccare le importazioni, con buona pace degli aedi della globalizzazione. Ma andiamo per ordine.

La globalizzazione dell’economia fa venire meno la sovranità alimentare, indebolisce i Paesi e ne limita le libertà

Cominciamo dal primo punto: la sovranità alimentare. Ogni Paese, nei limiti delle proprie possibilità, deve produrre ciò di cui ha bisogno, ribadiamo, nei limiti del possibile. Facciamo un esempio. Nel 2021 i capricci del clima hanno ridotto del 50% circa la produzione di grano in Canada e in Nord America. Se non ci fossero stati altri Paesi produttori di grano – soprattutto la Russia – per l’Unione europea sarebbe stato un dramma. Da decenni, infatti, la Ue paga gli agricoltori per tenere incolti i seminativi, cioè per non seminare il grano (Set-Aside). Lo fa per due motivi tra loro interconnessi: 1) per agevolare alcuni gruppi economici Nord europei e americani che fanno affari in Canada; 2) in cambio, l’Unione europea deve importare grano tenero e grano duro canadese. In Canada il grano si coltiva anche nelle aree fredde e umide e per portarlo a maturazione, in assenza del Sole, si effettua la maturazione artificiale con il glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo che viene utilizzato in pre-raccolta. Quando si utilizza il glifosato in pre-raccolta nel grano rimangono i residui di glifosato. Nel 2006 l’Unione europea, per fare entrare il grano canadese in Europa, ha aumentato la percentuale consentita di questo veleno nello stesso grano. La stessa cosa ha fatto per le micotossine DON, che si formano per esempio nelle navi che trasportano il grano in presenza di umidità. Tornando al 2021, quando è venuta meno la produzione di grano nel mondo, l’attuale Commissione europea ha provato a correre ai ripari con leggi e regolamenti che incentivavano la produzione di grano. Così, nello stesso anno, la Ue erogava incentivi a chi non coltivava il grano e a chi non lo coltivava. Risultato: confusione totale. Ennesima dimostrazione di un’Unione europea governata da dilettanti allo sbaraglio. Andando dietro alla Ue liberista e ultra-globalista l’Italia ha perso la propria sovranità alimentare: quando sempre nel 2021 il Sud America, causa clima, ha accusato una riduzione produttiva di mais e soia, gli allevamenti italiani sono rimasti senza mais e soia, perché il nostro Paese ha ridotto la produzione di mais e soia. Il nuovo nome del Ministero dell’Agricoltura – Ministero delle politiche agricole e della Sovranità alimentare – è una presa in giro, perché l’Italia è ormai priva di sovranità alimentare, tant’è vero che, da Gennaio ad oggi, il nostro Paese ha fatto il pieno di grano canadese, grano ucraino e grano russo contrabbandato come grano turco, con buona pace delle bugie raccontate dalla televisione e dalle vacue manifestazioni su “prodotto con grano italiano di qua e prodotto con grano italiano di là: anche in questo caso minchiate all’80%.

Importare prodotti agricoli da altri Paesi – soprattutto dai Paesi poco evoluti – è pericoloso per la salute

Secondo problema: la qualità del cibo. Importare prodotti agricoli da altri Paesi del mondo è pericoloso per la salute umana. In tante aree del Pianeta economicamente arretrate non solo il costo del lavoro agricolo è più basso del 90% rispetto al costo del lavoro agricolo dei Paesi occidentali ma c’è anche il problema dei pesticidi che dalle nostre parti sono stati banditi dieci, venti, trent’anni fa perché dannosi per la salute. I certi Paesi, spesso, producono di più perché usano pesticidi efficaci ma – lo ribadiamo – velenosi. Così si materializzano due effetti nefasti della globalizzazione in agricoltura: le aziende agricole dei Paesi occidentali vengono penalizzate sia per l’altro costo del lavoro rispetto ai Paesi meno evoluti (in Italia un operaio agricolo costa in media 80-100 euro al giorno, in Africa e in Asia, sì e no 5 euro al giorno), sia perché i prodotti agricoli che arrivano da certi Paesi hanno prezzi bassi ma sono pieni di pesticidi e dal sapore pessimo. Gli agricoltori italiani rimangono fregati perché i loro prodotti non sono competitivi; e rimangono fregati anche i consumatori italiani perché portano in tavola prodotti agricoli freschi e trasformati scadenti e in parte pieni di pesticidi. Di questo, lo ribadiamo, dobbiamo ringraziare la fallimentare Unione europea liberiste ultra-globalista e i partiti politici che la sostengono.

Globalizzazione e diffusione delle patologie vegetali tra i vari Continenti

Il terzo problema l’abbiamo già accennato: con la globalizzazione dell’economia si materializza l’interscambio di agenti patogeni. In questi giorni si teme l’arrivo in Europa dell’Huanglongbing’ (HLB), nota anche come ‘Greening’ degli agrumi, una malattia devastante che in Florida ha distrutto l’80% circa degli impianti agrumicoli. A Catania, ieri, un convegno ha affrontato questo nuovo pericolo. Non mettiamo in discussione l’alto livello scientifico degli interventi. Ma restiamo dell’idea che l’unico modo per evitare che questa nuova ‘peste’ degli agrumi arrivi dalle nostre parti è il blocco delle importazioni agricole dai Paesi dove questa malattia è presente. E, possibilmente, la fine della globalizzazione in agricoltura che, fino ad oggi, contrariamente alle stupidaggini raccontate dai teorici del liberismo economico, non ha migliorato le condizioni economiche del mondo ma le ha peggiorare, perché, come già accennato, ha selezionato prodotti agricoli scadenti e avvelenati che hanno peggiorato la salute delle persone. A cominciare dall’aumento delle malattie croniche, per la gioia delle multinazionali farmaceutiche che si ritrovano milioni di persone costrette, causa cattiva alimentazione, ad acquistare medicinali per tutta la vita. E forse il vero problema è questo, con le multinazionali farmaceutiche che non sono interessate alla salute delle persone ma a guadagnare sulla salute delle persone. Anche di questo dobbiamo ringraziare i banditi dell’Unione europea.

Foto tratta da db HUB

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