La grande paura della “Macchia nera”: a rischio gli agrumeti siciliani. Siamo certi che dispiacerebbe a chi vuole trasformare la Sicilia in un’immensa valle di pannelli fotovoltaici?

Importare frutta e ortaggi freschi da Paesi dove sono presenti gravi patologie che, una volta arrivati dalle nostre parti, possono distruggere l’agricoltura siciliana è una follia. Eppure questo avviene perché ce lo impone l’Unione europea

Da quando siamo in rete abbiamo più volte scritto che la globalizzazione dell’economia in agricoltura è un grave errore. Con la globalizzazione dei prodotti agricoli freschi – frutta e ortaggi – gli agenti patogeni delle piante possono passare da un Paese all’altro e da un Continente all’altro. Questo principio di buon senso riguarda gli insetti, i funghi o miceti, i virus e i batteri. Un insetto che colpisce una particolare specie vegetale, una volta arrivato in un Paese dove non era presente, può provocare una strage. Idem per un parassita fungino, per un virus e per un batterio. In queste ore i vertici del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia lanciano l’allarme sugli agrumi che arrivano dal Nord Africa (qui un articolo). Che bisogno ha una Regione come la Sicilia, che è una grande produttrice di agrumi, di importare altri agrumi non si capisce. Importarli, poi, da Paesi a rischio è follia allo stato puro. Va detto che, purtroppo, la gestione dell’agricoltura è stata affidata all’Unione europea oggi governata da una ‘banda’ di liberisti e globalisti: ed è proprio l’Unione europea che impone a tutti i Paesi che ne fanno parte di importare ortaggi, frutta e, in generale, prodotti agricoli esteri. Un Paese Ue non si può rifiutare di importare prodotti agricoli dall’estero senza il consenso della stessa Unione europea. Dalla scorsa Estate cinque Paesi dell’Est Europa che fanno parte della Ue non importano più grano ucraino, perché ha un costo basso e manda in fallimento i produttori di grano di questi cinque Paesi, ma anche perché la qualità del grano ucraino dopo oltre un anno e mezzo di guerra non è eccelsa. Questi cinque Paesi si sono imposti alla Ue perché hanno fatto squadra. Invece nei Paesi Ue che non si sanno imporre il gioco funziona così: se chi controlla l’economia dell’Unione europea deve fare affari con un Paese estero, ebbene, non ci pensa un attimo a sacrificare l’agricoltura. Si fa un accordo: i capitalisti della Ue vanno a sviluppare un affare industriale, o magari nel campo dei servizi, ad esempio, in Canada; in cambio, però, i canadesi chiedono che i Paesi dell’Unione europea acquistino il grano canadese.

Emblematico l’esempio del grano canadese: il Canada ha accettato di fare affari con i capitalisti europei ma in cambio ha chiesto di fare entrare il loro grano, duro e tenero, in Europa

L’esempio che vi stiamo raccontando è avvenuto nei primi anni dell’euro, la disastrosa (per l’Italia) moneta unica europea. Il Canada ha accettato di fare affari con i capitalisti europei ma in cambio ha chiesto di fare entrare il loro grano, duro e tenero, in Europa. Il problema sta nel fatto che il grano canadese coltivato nelle aree fredde e umide di questo paese contiene residui di glifosato e micotossine DON maggiori dei limiti previsti dalla legislazione europea. Così, nel 2006, i governanti europei hanno cambiato la legislazione europea innalzando i limiti di glifosato e micotossine, consentendo al grano canadese – duro e tenero – di entrare nell’Unione europea. Il caso del grano canadese è stato particolare; ma in generale, in Europa arrivano frutti e ortaggi freschi da tutto il mondo. Ribadiamo: una follia, perché c’è il rischio elevato di importare agenti patogeni che possono distruggere le nostre specie agrarie eventualmente attaccate da insetti, funghi, virus e batteri importati da questo o quel Paese. In questi giorni si teme che dal Sudafrica possa arrivare un fungo responsabile di una malattia nota con il nome di Macchia nera degli agrumi (se volete scendere nei particolari potete leggere questo articolo). Quello che è importante sottolineare è che i controlli sull’ortofrutta importata e gli eventuali trattamenti per combattere eventuali agenti patogeni hanno un valore relativo. Questo perché un solo errore può causare la distruzione di milioni di piante, con danni economici ingenti.

Ondate di malattie che fanno fuori un bel numero di impianti di agrumi, di frutteti, di vigneti, di campi di grano della Sicilia possono diventare l’occasione per sostituirli con immense distese di pannelli fotovoltaici per produrre energia per il Nord Italia e per l’Europa. E la nostra Isola che ci guadagnerebbe? Una beata minchia!

Poiché in un mondo dominato da liberismo e globalismo è impossibile bloccare il commercio internazionale di ortofrutta fresca, sarebbe quanto meno opportuno evitare di importare ortaggi e frutti che nei Paesi di origine dove tali prodotti agricoli sono attaccati da particolari agenti patogeni. Che senso ha – per citare l’esempio di questi giorni – importare agrumi dal Sudafrica, sapendo che in questo Paese è presente un fungo che, una volta arrivato in Sicilia, potrebbe colpire in modo gravissimo l’agrumicoltura siciliana? La verità è che per difendere la propria agricoltura un Paese europeo deve chiedere ‘permesso’ all’Unione europea! All’apparenza questa storia può sembrare frutto dell’ottusa burocrazia ma in realtà lo scenario potrebbe essere peggiore. L’Unione europea e l’attuale Governo italiano ripetono da tempo che il futuro della Sicilia è quello di hub energetico. Alla Ue e all’attuale Governo italiano dell’agricoltura siciliana non gliene può fregare di meno. Per questi signori gli agrumi, i frutteti, i vigneti, i campi di grano della Sicilia sono “incidenti di percorso”. A loro interessa che la Sicilia, in terra e in mare, venga riempita di impianti per produrre energia solare ed eolica da esportare nel Nord Italia e nel resto d’Europa. Ala fine è solo una variante del colonialismo iniziato nel 1860 con la disgraziata quanto ‘presunta’ unità d’Italia. Una bella ‘scorpacciata’ di malattie che fanno fuori un bel numero di impianti di agrumi, di frutteti, di vigneti, di campi di grano in Sicilia possono diventare l’occasione per sostituirli con immense distese di pannelli fotovoltaici. E la nostra Isola che ci guadagnerebbe? Ve lo diciamo noi: una beata minchia! Vi sembra un’esagerazione? Riflettete.

Domani illustreremo perché questo scenario è pericolosissimo in tempo di cambiamenti climatici.

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