L’annata vitivinicola è stata buona con “ottime qualità delle uve”, o ha ragione la Cia siciliana che chiede interventi per “far sopravvivere le aziende vitivinicole”?

Noi propendiamo per la tesi della Cia siciliana. La lettera del presidente Graziano Scardino all’assessore Luca Sammartino

Ci ha colpiti una lettera che il presidente della CIA siciliana (Confederazione Italiana Agricoltori), Graziano Scardino (foto sotto), ha inviato all’assessore regionale all’Agricoltura, Luca Sammartino. In questa missiva si fa, o si cerca di fare, il punto della situazione sullo stato dell’agricoltura in Sicilia. Titolo: “Chiediamo l’inserimento nella Finanziaria regionale di una dotazione adeguata per far sopravvivere le aziende vitivinicole che hanno subito danni a causa degli eventi climatici e della peronospora”. Questo passaggio sull’uva da vino andrebbe approfondito. Tre mesi fa, in piena vendemmia, abbiamo letto articoli che hanno suscitato in noi grande perplessità. Si raccontava, per la Sicilia, di un calo del 30 della produzione di uva da vino in alcune zone e del 40-50% in altre zone. Quanto alle previsioni, si parlava di un’annata con “un’ottima qualità delle uve”. Se non credete a quanto state leggendo potete cercare sulla rete gli articoli che, a Ottobre, raccontavano di un’annata con ottime qualità delle uve. Una presentazione molto strana, con riferimento alla qualità delle uve, se è vero che, al clima ballerino, si è sommato un pesante attacco di peronospora. Di solito il clima che fa le bizze e, soprattutto, la peronospora non migliorano la qualità delle uve e, di conseguenza, non dovrebbero migliorare la qualità dei vini.

Stando a quelle che sono le nostre conoscenze, ci viene difficile pensare che cambiamenti climatici e peronospora abbiano migliorato la qualità delle uve

A dare forza alla nostra tesi è il presidente della CIA siciliana, là dove chiede l’inserimento, nella Finanziaria regionale, “di una dotazione adeguata per far sopravvivere le aziende vitivinicole che hanno subito danni a causa degli eventi climatici e della peronospora”. Dopo di che ci piacerebbe capire come mai le dichiarazioni di Scardino sono diametralmente opposte alle dichiarazioni di chi sostiene che l’annata vitivinicola siciliana 2023 sia stata caratterizzata da un’ottima qualità delle uve. Noi siamo propensi a credere a quanto scrive il presidente della CIA siciliana perché, stando a quelle che sono le nostre conoscenze, ci viene difficile pensare che cambiamenti climatici e peronospora migliorino la qualità delle uve. Ma leggiamo la lettera del presidente Scardino all’assessore Sammartino:  “Il settore primario della nostra regione nel corso dell’anno 2023 – evidenzia il presidente della CIA della nostra Isola – ha risentito molto degli eventi climatici, anche estremi, in un quadro climatologico che genera molta preoccupazione tra gli agricoltori e gli allevatori. Il cambiamento climatico è ormai una realtà consolidata con cui dobbiamo misurarci e occorre mettere in piedi politiche agricole, anche di gestione del rischio, che possano garantire il reddito alle imprese. All’Inverno particolarmente siccitoso è seguita la Primavera insolitamente piovosa, mentre l’Estate è stata caratterizzata da altissime temperature ed un periodo di siccità che si è protratto fino al mese di Novembre”. (sotto, l’assessore Luca Sammartino).

I produttori di arance della Piana di Catania farebbero bene ad organizzarsi autonomamente per le irrigazioni, a prescindere dai Consorzi di Bonifica

Finalmente tra chi occupa ruoli istituzionali importanti in Sicilia c’è qualcuno che prende sul serio i problemi provocati dal cambiamenti climatici in atto. “Questo scenario – aggiunge Scardino – ha provocato danni a molte filiere con perdita di reddito per tanti agricoltori. I raccolti primaverili estivi hanno subìto danni da pioggia in particolare i foraggi ed il grano, il comparto vitivinicolo dalle abbondanti piogge è passato ai danni da peronospora ed ai colpi di calore, in molti areali la produzione è andata distrutta. La filiera agrumicola ha sofferto la mancanza di acqua e le temperature oltre la media, generando produzioni di piccolo calibro, mentre si guarda con apprensione la prossima campagna, ma riteniamo non opportuno parlare già di crisi al fine di non pregiudicare il mercato”. Questo problema, in realtà, riguarda gli agrumi della Piana di Catania, dove la politica siciliana non è ancora riuscita a sciogliere tutti i nodi dei Consorzi di Bonifica in generale, mentre, in particolare, ancora non si capisce chi dovrà pagare i debiti del passato. Il nuovo Patto di stabilità imposto dai ‘banditi’ dell’Unione europea – da 12 a 18 miliardi euro all’anno di nuovi tagli per l’Italia – non dovrebbe consentire alla Regione siciliana di azzerare i debiti passati dei Consorzi di Bonifica della Sicilia. Né è pensabile – come è stato tentato più volte – di scaricare questi debiti sugli agricoltori. Morale: per l’acqua per irrigare i produttori di arance della Piana di Catania dovrebbero organizzarsi autonomamente, facendo a meno dei Consorzi di Bonifica.

Va contestata la ripartizione dei fondi del cosiddetto Primo Pilastro della Pac, con riferimento al grano, che da anni penalizza gli agricoltori di Sud e Sicilia

“A causa della siccità autunnale -prosegue la lettera di Scardino – sono state pregiudicate le semine delle colture foraggere mettendo in difficoltà le aziende zootecniche che stanno drammaticamente rischiando la moria dei capi. L’anno che ci stiamo lasciando alle spalle  è stato un anno complesso poiché, oltre ai fattori climatici, è arrivata la riforma della Pac che ha impattato negativamente sulla coltura del grano ed in generale sui redditi degli agricoltori delle zone interne, ma sta incedendo sulle politiche regionali con il Piano Strategico Nazionale della Pac a cui la Regione ha dovuto adattare i propri interventi ed i propri bandi”. La verità è che la Regione siciliana e, in generate, tutto il Sud Italia dovrebbero chiedere, da un lato, la rivisitazione della ripartizione dei fondi del Primo Pilastro della Pac: va contestato, in primo luogo, il fatto che il 75% di questi fondi vadano nel Nord Italia e va contestato, soprattutto, l’assegnazione di tali fondi in base alla superficie dei seminativi, a prescindere da chi li coltiva e da chi non si coltiva. E’ noto che in Italia si registra una drastica riduzione della coltivazione di grano tenero, un tempo coltura l’elezione del Nord Italia, che ormai da anni viene importato dall’estero: soprattutto grano tenero canadese varietà Manitoba molto richiesta dalle industrie dolciarie (e non soltanto) e, dal Gennaio di quest’anno, anche da Russia e Ucraina. Questa ormai superata applicazione del Primo Pilastro della Pac, con riferimento al grano, penalizza gli agricoltori di Sud e Sicilia che coltivano il grano duro. Quest’anno la produzione di grano duro del Sud Italia ha subito una riduzione causa clima avverso ma il prezzo, invece che salire, è diminuito di quasi il 40-50% a causa della presenza di grano duro estero. Così i produttori di grano duro di Sud e Sicilia sono stati penalizzati due volte: prendono le ‘briciole’ del Primo Pilastro e sono costretti a vendere il grano duro a un prezzo basso. Tutto questo mentre la televisione – che andrebbe chiusa gettando la chiave – continua a raccontare che la pasta e, in generale, tutti i derivati del grano duro sono prodotti con “grano duro italiano”. E dove lo prendono questo grano duro italiano? In minima parte da Sud e Sicilia. L’unica Regione del Nord che produce grano duro – l’Emilia Romagna – ha subito un’inondazione mentre nessuno spiega che fine ha fatto il grano – duro e tenero – arrivato in Italia da Canada, Russia e Ucraina.

L’agricoltura siciliana, tranne alcuni casi, dovrebbe privilegiare il consumo interno e non l’export, spiegando ai cittadini nella nostra Isola che pagare un po’ di più i prodotti agricoli siciliani freschi e trasformati fa bene alla loro salute

Torniamo alla lettera del presidente della CIA siciliana: “Tanto è stato fatto anche per chiudere la precedente programmazione, ma ancora tanto deve essere fatto per completare bandi e rendicontazione. Sicuramente non è mancata la concertazione e la programmazione condivisa che ha portato alla pubblicazione di alcuni bandi che sono importanti per tante filiere agricole. Per un sistema complesso come quello della normativa agricola – afferma Scardino –  è necessario che le istituzioni, la politica, la burocrazia, i corpi intermedi e le rappresentanze agricole lavorino assieme per un unico fine: garantire il reddito delle imprese agricole, attraverso la sburocratizzazione dei bandi, la semplificazione delle procedure, il miglioramento della capacità di spesa. Ringraziamo l’assessore per il continuo confronto sulle varie problematiche che assieme abbiamo affrontato nel corso dell’anno appena trascorso. La Cia ritiene che la strada intrapresa sia corretta e vuole avere un atteggiamento costruttivo, di portatore di interessi maturo che pungoli e sia da sprono alla politica quando è necessario, ma che dia il proprio contributo di idee e proposte per migliorare i risultati non sempre performanti. Il prossimo anno si preannuncia intenso poiché abbiamo già concertato la pubblicazione dei bandi relativi agli investimenti, con l’auspicio della certezza dei tempi, della semplificazione amministrativa e della sburocratizzazione delle procedure. Il rinnovamento delle aziende agricole siciliane – conclude il presidente della Cia Sicilia – è fondamentale per essere competitivi sui mercati e per produrre qualità sempre più richiesta dai consumatori, per questo motivo dobbiamo mettere il più possibile a disposizione delle imprese i fondi del Per, ma anche dei vari Ocm, al fine di investire, promuovere, commercializzare”. Commercializzare i prodotti agricoli siciliani dove? Questo Scardino non lo dice. Noi ribadiamo la nostra tesi: ci sono prodotti agricoli siciliani che vanno esportati, con riferimento soprattutto a quelli di elevata qualità; gli altri prodotti agricoli siciliani, prima di essere esportati, dovrebbero saturare la domanda interna, se è vero che oggi la Sicilia importa dall’estero una grandissima quantità di ortofrutta e anche di prodotti agricoli trasformati di pessima qualità che costano meno e fanno il gioco delle multinazionali farmaceutiche… Bisogna cominciare a illustrare si siciliani che i prodotti agricoli della nostra Isola sono di qualità e non creano problemi di salute.

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