Le parole del boss Matteo Messina Denaro sulle stragi del 1992 sono logiche e lineari. Dalla caduta del Muro di Berlino a Maastricht non solo mafia

di Andrea Piazza

Stando alle indiscrezioni sulle dichiarazioni rese alla Magistratura dal boss mafioso Matteo Messina Denaro verrebbero fuori elementi di analisi inoppugnabili

Riprendendo una notizia di stampa ed indiscrezioni giornalistiche allegate, è stata riportata la notizia che in occasione dell’ultimo interrogatorio che risale allo scorso 7 Luglio, il boss Matteo Messina Denaro, innanzi procuratore aggiunto Paolo Guido e ai pm Piero Padova e Gianluca De Leo avrebbe dato la propria chiave di lettura in ordine alla stagione stragista del 1992 (strage di Capaci e strage di via D’Amelio ). Non conosco il contenuto delle sue dichiarazioni. Ma da talune indiscrezioni le parole del boss le considererei logiche e lineari, anche perché avrebbe indicato degli elementi di analisi inoppugnabili, come la costruzione di un falso collaboratore di giustizia come Vincenzo Scarantino e il suo ruolo propositivo-depistatorio, si presume in associazione con l’ex Questore Arnaldo La Barbera. In due precedenti articoli pubblicati si I Nuovi Vespri (che potete leggere qui: https://www.inuovivespri.it/2023/01/18/arresto-matteo-messina-denaro-mafia-stragi-1992-andrea-piazza/https://www.inuovivespri.it/2023/01/24/arresto-boss-matteo-messina-denaro-monsignor-mogavero-chiesa-mafia-andrea-piazza/) abbiamo ipotizzato l’interesse a conoscere la versione del super boss. Sia chiaro, a scanso di equivoci, che abbiamo sempre in via preliminare riconosciuto un ruolo della criminale mafia siculo-americana nell’esecuzione delle stragi ma, a differenza della narrazione classica in relazione al movente e tanti altre macroscopiche palmari illogicità, abbiamo attribuito una paritaria responsabilità del sodalizio mafioso, che apparirebbe, a dovere di cronaca, più nel ruolo di gregario che artefice principale, ovverosia un soggetto corresponsabile che si è prestato a simulare il proprio ruolo principale per togliere luce e visibilità ad altri.

Nelle stragi del 1992 l’inadeguatezza della verità processuale è evidente

Nelle stragi del 1992 l’inadeguatezza della VERITÀ PROCESSUALE è, per logica, evidente. Benissimo hanno fatto i figli di Paolo Borsellino – con Fiammetta in prima linea unitamente al fratello Manfredi, la sorella Lucia ed il legale Fabio Trizzino – a mettere il dito nella piaga, nella ricerca spasmodica della verità, criticando con evidenza logica l’impalcatura del movente e l’indicazione di una “sapiente” regia per non allargare le maglie nella ricerca di esecutori e mandanti. La famiglia Borsellino con coraggio ha in modo modo chiaro criticato l’operato dell’autorità giudiziaria, in particolare la requirente. Ricordo che in occasione della presentazione di un libro con taglio critico di Fiammetta Borsellino presso la facoltà di Giurisprudenza non erano presenti gli innumerevoli amici e colleghi di Paolo Borsellino, con la sola eccezione positiva del Presidente Francesco Ingargiola (https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://www.radioradicale.it/scheda/672820/presentazione-del-libro-paolo-borsellino-per-amore-della-verita-di-piero-melati&ved=2ahUKEwjOo5uX_9aBAxUUSPEDHfyOBr0QFnoECAwQAQ&usg=AOvVaw2O19-OFo3iyCaGqKpU2YmU).

Il ‘caso’ Scarantino già chiaro nel 1995 grazie a un servizio del giornalista Angelo Mangano

Rammentiamo che, nelle stragi rilevanti nell’ultimo decennio di fine secolo, abbiamo assistito ai DEPISTAGGI DI STATO (una costante nelle stragi e delitti eccellenti), nonché all’allontanamento di abili investigatori come Gioacchino Genchi dal pool di indagine di PG, all’accreditamento come collaboratore di giustizia di Vincenzo Scarantino (senza nessuno spessore criminale) che nel 1995 aveva dichiarato al giornalista Mediaset, Angelo Mangano, di essere “un falso collaboratore di giustizia che voleva ritornare in carcere “…soltanto nel 2013 sarà accertata la sua assoluta inattendibilità che porterà alla scarcerazione dopo 18 anni di carcere duro di Gaetano Murana (assistito dall’ Avv. Rosalba Di Gregorio), colpevole di essere un vicino di casa dell’accreditato collaboratore. Sulla vicenda giornalistica di questa pagina di storia negata ci racconta tutto lo stesso giornalista Angelo Mangano che aveva paura di passare a miglior vita (vedasi link https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=332099058183811&id=101296231264096 ).

Il quadro internazionale e il ruolo delle Intelligences

Ritornando al quadro generale che, sotto il profilo requirente, ha seguito una scontata dinamica bidimensionale (binario morto…) in assenza di un’ambiziosa ‘tridimensionalita’ rinascimentale, resto dell’idea che il movente non è da ricercare nel marginale dossier mafia e appalti (archiviato pochi giorni dopo la strage del Luglio 1992). La mano dell’entità che ha tratteggiato questi eventi complessi è riconducibile ad uno scenario internazionale, ovverosia interconnesso all’operatività delle INTELLIGENCES con l’apporto della nostra mafia siculo americana. È notorio che in seguito al venir meno dei due blocchi, talune agenzie strutturate sulla contrapposizione siano state sottoposte ad una sorta di reset, una forma di commissariamento (taluni sono transitati in via provvisoria dall’agenzia internazionale alla nazionale altri sono stati per addolcire il termine purgati). In sostanza, dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), il 1992 è stato l’anno della svolta geopolitica generale. È iniziato con gli accordi di Maastricht, l’omicidio di Salvo Lima (anni prima reclutato dalla CIA https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&opi=89978449&url=https://palermo.gds.it/articoli/cronaca/2023/04/01/la-cia-la-prima-guerra-di-mafia-a-palermo-e-lagente-salvo-lima-23c25438-e7a3-4c00-9b40-b94ee6da6d64/amp/&ved=2ahUKEwiCyYPv8taBAxXGlP0HHfaeDLEQFnoECBQQAQ&usg=AOvVaw3lg6z4ZlYT-J8xKu2DPLTO ), l’attentato di Capaci, la mancata elezione a Presidente della Repubblica di Giulio Andreotti con l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro, l’attentato di via D’Amelio, l’avvio di Tangentopoli che nel 1994 determinerà l’implosione della Prima Repubblica.

Acquisizione delle dichiarazioni di Matteo Messina Denaro

A distanza di tre decenni, il pedaggio pagato dalla nostra nazione è stato salatissimo, non solo in termini di contributo di sangue ma anche per il forte ridimensionamento della politica estera italiana. Ai tempi di Andreotti e Craxi di fede atlantista definibile moderata l’Italia, oltre ad essere una potenza economica, era un Paese che, con autorevolezza, compensava gli eccessi dei nostri alleati, con la sapienza italica dialogante con il mondo arabo e la Federazione Russa. Ritornando all’attualità delle nostre dolorose vicende di mafia, sarebbe auspicabile, dopo 31 anni, l’avvio di un dibattito non ideologico, senza tifoserie e chiusure mentali, funzionale ad incardinare un’analisi storica che avrebbe un raggio d’azione non limitato alle preclusioni processuali. In aderenza al diritto di cronaca, un contributo prezioso, non per attribuire valore di fede privilegiata, sarebbe l’acquisizione integrale delle dichiarazioni del boss Matteo Messina Denaro che, presumibilmente, non dovrebbero contenere elementi di riservatezza investigativa. La nostra società civile sarà in grado di sollecitare una prova di maturità democratica… La nostra Magistratura requirente e giudicante sarebbe pronta a fare autocritica? Ai posteri l’ardua sentenza.

Foto tratta da Il Fatto Quotidiano

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