Lo smartphone ci spia e ci controlla e usa i nostri dati personali per fini affaristici. Il ‘capitalismo della sorveglianza’ dentro le nostre vite

di Diego Fusaro

Con la sua consueta chiarezza il filosofo Diego Fusaro cosa combinano i colossi di internet per fare soldi

Lo smartphone ci ascolta. E dunque ci controlla e usa i nostri dati per eventuali fini di business. A lanciare questo je accuse è ora direttamente Il Sole 24 ore, “L’Osservatore Romano” della globalizzazione neoliberale. Il quale parla addirittura di “evidenze” a suffragio di questa inquietante tesi. D’altro canto, a tutti sarà capitato di domandarsi perché mai le app utilizzate per modificare le foto ci chiedano di poter accedere al nostro microfono. Per comprendere questi processi, è d’uopo fare riferimento al testo fondamentale della Zuboff, Capitalismo della sorveglianza. La tesi del suo ponderoso studio è che i colossi dell’internet abbiano ormai posto in essere un vero e proprio panopticon digitale, mediante il quale senza tregua estraggono dati comportamentali dalle nostre navigazioni sulla rete. In sostanza, il capitalismo della sorveglianza si fonda su due processi reciprocamente innervati: per un verso, ci controlla panopticamente senza posa, spiandoci e tenendoci costantemente sotto osservazione in tutto quello che diciamo, scriviamo e facciamo. Per un altro verso, usa a fini di profitto i nostri dati, facendo business sui nostri comportamenti, sulle nostre abitudini e sulle nostre preferenze. Non vi è davvero nulla di cui stupirsi dunque in relazione al fatto che anche gli smartphone, oltre ad Alexa e alle reti social, ci ascoltino e ininterrottamente estraggano dati comportamentali.

Foto tratta da Cuneocronaca.it

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