Un interessante convegno sul futuro dell’agricoltura a San Gimignano, in Toscana. Un esempio da seguire in tutti i territori per arrivare a un’agricoltura gestita all’insegna della sussidiarietà

Si tratta di argomenti che dovrebbero essere il pane quotidiano di tutti gli agricoltori e dei cittadini interessati a un’alimentazione sana

Per caso abbiamo scoperto la pagina Facebook Biodistretto San Gimignano. Si tratta di una cittadina toscana della provincia di Siera, poco più di 7 mila e 500 abitanti nella quale oggi Venerdì 26 Aprile e domani Sabato 27 Aprile si celebra un interessante convegno dal titolo: “AGRICOLTORI IN PIAZZA CON I LORO PRODOTTI/ LE LORO PROTESTE/ LE LORO PROPOSTE” (foto della locandina del convegno sopra).

Perché gli agricoltori protestano?

🌼 Come si coltiva la bellezza a San Gimignano?

🌾 Cosa sono i cosiddetti nuovi OGM?

Se siete interessati a questi temi non potete perdervi la giornata di SABATO 27 APRILE!

A SAN GIMIGNANO, in Piazza del Duomo, sotto le Logge del Teatro dei Leggeri si svolgeranno tre convegni con ospiti competenti che dialogheranno tra loro e risponderanno alle tante domande.

La Ue si occupa solo dell’agricoltura del Nord Europa e continua a vessare gli agricoltori dell’Europa mediterranea con un’impostazione ‘sovietica-dirigista’

Riteniamo importante seguire questi appuntamenti. Sarebbe opportuno che in ogni angolo d’Italia dove si pratica l’agricoltura e che in ogni angolo d’Europa dove si pratica l’agricoltura si cominci a parlare di questo settore ‘dal basso’. In queste ore il Parlamento europeo – forse il peggiore tra tutti i Parlamento del mondo, espressione e braccio operativo di un regime dittatoriale – a chiusura di cinque anni di disastrosa legislatura, ha approvato una serie di modifiche alla PAC (Politica Agricola Comune) che interessano soprattutto l’agricoltura del Nord Europa. Sono misure che riducono le follie ‘green’ ma che non affrontano i problemi strutturali delle agricolture dei Paesi mediterranei dell’Unione europea. Parlano i fatti concreti.

Basta con i Verdi europei. In cinque anni ne hanno combinate di tutti i colori. Non è vero che è stato abolito l’obbligo della rotazione nei terreni seminativi

In queste ore, per citare un esempio, è stata fatta passare la notizia che sarebbe stato abolito l’obbligo della rotazione nei terreni seminativi. A parte l’idea – invasiva e lesiva della democrazia – di un’Unione europea che entra nelle aziende agricole dove si coltivano cereali e impone cosa coltivare – va detto che non è così: l’obbligo resta e la gestione dello stesso obbligo delle rotazioni viene trasferita nei singoli Stati. La Ue, insomma, continua a mantenere, in agricoltura, un’impostazione da ‘Unione Sovietica’, ovvero un’agricoltura ‘dirigista’. Dovranno essere gli Stati a gestire e, forse, a eliminare l’obbligo di rotazione. Allo stato attuale non sappiamo se il Governo italiano, attraverso il Ministero delle Politiche agricole, sia già intervenuto. Tra l’altro, quest’anno, causa clima, più del 50% dei seminativi e delle colture foraggere è andato perduto. Cosa dovrebbero fare ‘ruotare’ gli agricoltori? Che senso ha dare nelle mani della Commissione europea e del Parlamento europero i destini dell’agricoltura? Le competenze, in materia di agricoltura, debbono tornare agli Stati. Per un motivo semplice: perché con i cambiamenti climatici in corso, ogni anno sempre più pesanti, ogni Stato, attraverso le articolazioni regionali, deve decidere in autonomia cosa fare, Regione per Regione. In agricoltura va applicato il principio di sussidiarietà non la gestione ‘dirigista’ dell’agricoltura imposta dalla Ue e, soprattutto, dai Verdi europei. Invitiamo tutti gli agricoltori che andranno a votare alle prossime elezioni europee – ammesso che le elezioni vengano celebrate – a non votare per i Verdi europei che in questi cinque anni ne hanno combinate di tutti i colori contro gli interessi reali dell’agricoltura e dei cittadini non-ricchi. Basta con gli insetti a tavola, con le case ‘green’, con i ‘cappotti termici’, basta con i provvedimenti per smantellare gli allevamenti. Forse andrebbe chiusa questa disastrosa esperienza dell’Unione europea.

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