Un ricordo del Ponte sullo Stretto di Messina nei primi anni ’90 e l’alternativa di tre tubi sottomarini. I dubbi sul Ponte a campata unica a causa di una ‘freccia’ di 7-8 metri

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina era stato presentato da Iri e società Ponte sullo Stretto di Messina. Il progetto dei tre tubi sottomarini era stato presentato dall’Eni

di Giulio Ambrosetti

Mi è stato chiesto di scrivere per questo blog un articolo sul Ponte sullo Stretto di Messina. Ho risposto che non è un argomento che mi affascina. E che trovo comico che a riproporre l’opera sia la Lega di Matteo Salvini. Che altro c’è da dire? Del presente so poco. A ricordarci il passato remoto gira sulla rete da mesi il trafiletto che vedere nella foto sopra (tratta da l’Eco del Sud). Ricordo le promesse di Silvio Berlusconi nella campagna elettorale del 2001 non mantenute. Forse l’unica cosa che merita di essere ricordata è una polemica andata in scena mei primi anni ’90, poco più di trent’anni fa. Provo a raccontarla perché è stata l’unica volta in cui mi sono occupato del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. Allora lavoravo al quotidiano L’Ora di Palermo. L’Iri, Istituto per la ricostruzione industriale, era presieduto da un grande manager, Giuseppe Nobili. L’Iri, insieme con la società Ponte sullo Stretto di Messina – che già allora era presente alcuni decenni – presentò un progetto per la realizzazione di un Ponte a campata unica. Vista la distanza tra Scilla e Cariddi, un Ponte a campata unica faceva un po’ impressione. Ma all’Iri assicuravano che non ci sarebbero stati problemi; sulla stessa linea, ovviamente, la società Ponte sullo Stretto di Messina con l’allora suo presidente Baldo De Rossi. Il progetto del Ponte prevedeva due corsie per le automobili e una corsia per i treni.

Il Ponte democristiano e i tre tubi socialisti

Poco dopo la presentazione del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina l’Eni, Ente nazionale idrocarburi, allora presieduto da un altro grande manager di Stato, Gabriele Cagliari, presentò un progetto alternativo al Ponte. Ricordiamo che, in quegli anni, si stava realizzando il collegamento tra la Francia e l’Inghilterra con il Tunnel sotto la Manica. Il progetto dell’Eni non era un tunnel ma tre grandi tubi del diametro di una trentina di metri circa. I tre tubi avrebbero dovuto attraversare il tratto di mare che divide la Sicilia dalla Calabria a mezz’acqua. In due tubi avrebbero dovuto essere realizzate le strade per la circolazione delle automobili, nel terzo tubo sarebbe stata realizzata la ferrovia. I vertici dell’Eni, per presentare il progetto dei tre tubi alternativi al Ponte, si catapultarono in Sicilia dando vita a una conferenza stampa. Siccome l’Iri veniva considerato un ente espressione della Democrazia Cristiana, mentre l’Eni era espressione del Psi, l’immancabile polemica era stata semplificata con una battuta tutto sommato efficace: il Ponte democristiano e i tre tubi socialisti.

Il Ponte a campata unica e il problema del vento

Questa è, grosso modo, la cronaca di quegli anni. Ma la cosa che ricordo con interesse è una chiacchierata con un vecchio ingegnere dell’Eni. Era un signore avanti con gli anni di grande esperienza. Mi parlò dei ponti sul Bosforo, sul Tago, di alcuni ponti inglesi e di alcuni ponti giapponesi. Quando passò a parlare del Ponte sullo Stretto di Messina fu molto tranciante: “Il Ponte sullo Stretto di Messina a campata unica è un grande azzardo – mi disse -. Per quello che noi abbiamo studiato, lo Stretto di Messina è un’area piuttosto ventosa. E questo potrebbe creare problemi seri”. Per quel poco che conoscevo, le obiezioni canoniche al Ponte sullo Stretto di Messina erano legate al fatto che questa parte della Sicilia e la Calabria sono due aree con problemi sismici. Il terremoto di Messina del 1908 ne è tragica testimonianza. Questo ingegnere, invece, si limitava ad affermare che il problema della zona sismica c’era, ma aggiungeva che il vento avrebbe potuto creare problemi maggiori. Provo a illustrare i suoi dubbi. Mi spiegò che nei giorni di vento mediamente forte – evento non raro nello Stretto – il Ponte avrebbe dovuto fare i conti con una ‘freccia’ di sette-otto metri. Ricordo che chiesi: “Cos’è la freccia?”. La sua risposta fu press’a poco questa: “Nel punto centrale del Ponte, a metà strada tra Sicilia e Calabria, con un vento medio forte, lo stesso Ponte oscillerà da una parte e dall’altra. Questa oscillazione noi la chiamiamo freccia. Ovviamente, man mano che ci allontaneremo dal centro la freccia si ridurrà”. Ricordo che chiesi: questa freccia, con il vento, sarebbe complessivamente di sette, otto metri o sarebbe sette-otto metri da una parte e sette-otto metri dall’altra parte?”. La sua risposta fu: “Questo dipenderà dal vento”.

Il vaticinio dei primi anni ’90: Sicilia e Calabria non vedranno mai né il Ponte a campata unica, né i tre tubi sottomarini. Fino ad oggi, a distanza di oltre trent’anni, è stato così

Ricordo che chiesi: esistono materiali in grado di resistere a tali sollecitazioni? Mi rispose di sì, aggiungendo che ciò avrebbe richiesto una manutenzione del Ponte di alto livello che, a suo avviso, l’Italia non era in grado di assicurare. Poi aggiunse: “A scanso di equivoci preciso che sono meridionale e se già sarebbe difficile, per un’opera simile, una manutenzione nel Nord Italia, figuriamoci che cosa succederebbe al Ponte di Messina”. Il discorso finì sui trasporti via mare. Sorridendo mi disse che il Ponte a campata unica sullo Stretto di Messina avrebbe fatto diventare ricche le società che gestiscono i trasporti via mare. Perché nelle giornate ventose in cui il Ponte sarebbe stato chiuso al traffico – e non sarebbero state, precisava, poche giornate – automobilisti e passeggeri dei treni sarebbero stati costretti a prendere le navi. Mi disse che, in presenza del Ponte, il numero delle persone che ogni giorno avrebbero attraversato lo Stretto sarebbe aumentato e con il Ponte chiuso per il vento i gestori delle navi diventavano fondamentali e avrebbero guadagnato una barca di soldi. Ricordo ancora le sue conclusioni: “Mi creda, la soluzione dell’Eni taglierebbe definitivamente le gambe al servizio di trasporto via nave nello Stretto di Messina. Mentre con il Ponte tutto resterebbe come prima”. Poi mi salutò pregandomi di non scrivere il finale: “Tranquillo, la soluzione dell’Eni verrà scartata. Ma anche il Ponte sullo Stretto di Messina rimarrà un sogno. Perché con una freccia di sette-otto metri sarebbe follia”.

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