130 anni fa il siciliano Francesco Crispi (“il macellaio di Ribera”) dichiarava lo stato di assedio contro la popolazione della nostra Isola per reprimere i Fasci siciliani

di Mario Di Mauro
fondatore della Comunità TerraeLiberAzione

L’italietta borghese risorgimentata dichiarò democraticamente Guerra al Proletariato siciliano

Il 2 gennaio 1894, lo Stato borghese italiano dichiarò Guerra al Proletariato siciliano. La procedura fu democratica, con voto parlamentare (a maggioranza schiacciante) venne approvata la proposta di “stato d’assedio” avanzata dal Governo italiano presieduto dal siciliano Francesco Crispi. La democrazia borghese era già il miglior involucro del Regime capitalistico: con le sue elezioni, i suoi parlamenti, il suo Spettacolo. L’italietta borghese risorgimentata dichiarò democraticamente Guerra al Proletariato siciliano: in difesa dell’Ordine tricolorato “uno e fatto” e dei Padroni siciliani di vasti territori e ricche miniere che festeggiarono la decisione romana. L’obiettivo sistemico dello “stato d’assedio” del 1894 era uno solo: sradicare e distruggere il movimento liberazionista dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, che dilagava da diversi anni nell’Isola rivendicando civilmente Giustizia sociale e Diritti civili. (sopra foto della repressione dei Fasci siciliani tratta da Antudo)

Per la Sicilia era il terzo stato di assedio dopo la ‘presunta’ unità d’Italia. Prima erano andati in scena lo stato di assedio del 1863 e lo stato di assedio per reprimere nel sangue la Rivolta del sette e mezzo del 1866

Il dispositivo repressivo più estremo dello Stato moderno, lo “stato d’assedio”, nella Sicilia post-annessione non era una novità. Già nel 1863, per imporre la leva obbligatoria (che i giovani siciliani rifiutavano) venne imposto lo “stato d’assedio”, conferendo i “pieni poteri” al generale Govone: migliaia di arrestati e condannati dai Tribunali militari, a centinaia fucilati. E poi abusi e atrocità per rappresaglia contro la popolazione che proteggeva i disobbedienti alla coscrizione obbligatoria… Alla città di Licata tagliarono i viveri e l’acqua potabile! La neonata italietta tricolorata e massonica necessitava di carne da cannone per le sue guerre “risorgimentate”. Il secondo “stato d’assedio” arriva presto: per reprimere la Comune di Palermo e la “Rivoluzione del Sette e mezzo”(foto sotto tratta da Antudo). E nel 1866 non ci fecero mancare neanche il bombardamento navale e…il colera

Le stupide bugie messe in giro da Crispi per giustificare la sua paranoia

Per accupari, soffocare la Sicilia proletaria, nel gennaio 1894 venne mobilitato un imponente Corpo di spedizione neocoloniale forte di ben 40.000 soldati, vennero istituiti Tribunali militari, vietate le riunioni pubbliche, introdotta la censura sulla stampa… I “pieni poteri” vengono affidati al generale Morra di Lavriano sotto la regìa politica del Presidente del Consiglio. Il piano repressivo venne attuato rapidamente: con l’arresto dei dirigenti e con rastrellamenti di massa in almeno 70 città e paesi. Si riempiono le galere: “sold out”. Per giustificare lo “stato d’assedio” viene inventato un “complotto internazionale separatista”, addirittura un “Trattato internazionale”: ordito, dissero, da ambienti governativi francesi con il sostegno dello Zar di tutte le Russie e la benedizione del Papa (addirittura!) … e sottoscritto col leader socialista catanese De Felice Giuffrida, mente finissima dei Fasci, e con l’adesione del forte Movimento anarchico siciliano. Obiettivo: “separare la Sicilia dall’Italia per porla sotto la protezione della Francia e della Russia”. Da Roma tricolorata si inventarono macari un “proclama insurrezionale” (sequestrato ad un pastaio di Petralia Soprana, era un Appello ad insorgere rivolto “agli operai, figli dei Vespri”).

Lo Spettacolo tricolorato schierò tutta la sua artiglieria giornalistica, a partire dal loro “Giornale di Sicilia”, per sparare la balla spaziale del “Trattato di Bisacquino”

In realtà la paranoia unitarista, anticlericale e anti-francese di Crispi aveva partorito una allucinazione spettacolare così incredibile che – malgrado la tragicità della situazione – suscitò risate popolari e perfino parlamentari. Ma la Menzogna spacciata dal Potere funzionò. Lo Spettacolo tricolorato schierò tutta la sua artiglieria giornalistica, a partire dal loro “Giornale di Sicilia”, per sparare la balla spaziale del “Trattato di Bisacquino”. Nasceva il “complotto separatista”: uno spot ancora in servizio nello Spettacolo neocoloniale e nelle sue Nebbie: all’occorrenza viene ricolorato e risparato. Allo “stato d’assedio” crispino si giunge dopo una lunga e sistematica serie di azioni repressive e massacri sanguinari: ricordiamo, per esempio, i Fatti di Caltavuturo del 20 gennaio 1893, nel giorno di San Sebastiano martire: 11 proletari morti e decine feriti cadono sotto il piombo dello Stato borghese italiano: ritornavano, in centinaia, da un’occupazione simbolica del demanio comunale che il Sindaco aveva promesso da tempo di assegnare ai lavoratori autorganizzati. Ed erano terre pubbliche.

Nel solo 1893 la ricerca storica ha registrato in Sicilia almeno 120 manifestazioni di massa!

Ma i Fasci proletari non si arrendono e continuano a crescere rafforzati dal sangue versato: le modernissime comunità fascianti proliferano come funghi liberazionisti in tutta l’Isola, a decine di migliaia vi aderiscono; tante e attive le donne e non mancano gli intellettuali e i professionisti progressisti: medici e avvocati, farmacisti e tecnici produttori… E nel solo 1893 la ricerca storica ha registrato almeno 120 manifestazioni di massa! L’attività del movimento non è solo “sindacale”: è la Vita sociale e culturale che si sta auto-organizzando, è una Sicilia libertaria e moderna quella che stava nascendo, animata da anarchici e socialisti, ma con rivendicazioni immediate formalmente “minimaliste” e per niente “rivoluzionarie” (come la riforma-riequilibrio dei “patti colonici” troppo sbilanciati a favore dei proprietari)… In alcuni cortei paesani – comunque – non mancarono neanche i ritratti della Madonna che protegge.

I Fasci siciliani vennero lasciati soli. I primi ad abbandonare i Fasci siciliani furono i Socialisti espressione del “positivismo cieco”

Il movimento dei Fasci siciliani dei lavoratori ha un merito storico di attualità impressionante: la Questione siciliana diventava del tutto Lotta di Classe, emancipandosi se non altro dalle nebbie del populismo sicilianista e dalla subalternità ai Poteri dominanti. La Repressione “crispina” ha deviato il corso della Storia siciliana. E non va taciuto che i Fasci siciliani vennero lasciati soli. Il Socialismo italiano, col suo “positivismo cieco”, vide nei Fasci la replica di una feudale jacquerie contadina: i Fasci radicati anche nelle moderne città e animati da una moderna classe proletaria: altro che feudalesimo. E se c’è una regione europea che non ha mai conosciuto il feudalesimo classico è proprio la Sicilia (e la Puglia siciliana)!. Il feudo senza feudatari v’era da secoli pienamente capitalistico e pienamente inserito nel Mercato mondiale, come “TerraeLiberAzione” sostiene e dimostra da un quarantennio. I Fasci siciliani erano soli anche nel Mondo. Magari ci fosse stato per davvero…il “Trattato di Bisacquino”! Quasi solo la grande spartachista polacca Rosa Luxemburg riconobbe il valore e l’attualità dei Fasci e…il grande scienziato e dirigente del Socialismo internazionale, Friedrich Engels, che, sebbene ormai malato terminale e cieco, volle inviare una Lettera meravigliosa al Proletariato siciliano che provava a riorganizzarsi dopo la devastante repressione che distrusse il movimento dei Fasci. Perfino questa Lettera di solidarietà divenne oggetto di una montatura mediatica sul “complotto sovversivo internazionale”. ”La natura ha fatto della Sicilia un Paradiso terrestre; ragione sufficiente perché la società umana, divisa in classi opposte, ne facesse un Inferno” – (F.Engels)

La parabola di Crispi, il politico dalle tante vite

La Questione Siciliana, nella sua essenza di Questione sociale (riformisticamente definita nel Memorandum dei socialisti siciliani del 1896 rivolto al Commissario regio G. Codronchi) venne in Realtà risolta svuotando il demos isolano col metodo CEM (Coercive Engineered Migration): al tempo delle navi transoceaniche che deportarono “tonnellate umane” di proletari siciliani, italiani ed europei esuberanti o ”in esubero”, verso le Americhe: il Nuovo Mondo se li prese, arricchendo anche i troppo celebrati Florio, la cui parabola descrive magnificamente la storia dell’abortito sviluppo capitalistico della Sicilia “risorgimentata”). Crispi (foto dotto tratta da Wikipedia) fu il più grande e longevo politico e statista dell’italietta risorgimentata, “una e fatta”. Visse molte vite: rivoluzionario indipendentista nel 1848, fu esponente di alto livello in quello Stato di Sicilia presto travolto dalla Restaurazione europea che gelò la “Primavera dei Popoli”. Esule politico di idee mazziniane e di progresso sociale, abile e colto cospiratore, rientra in Sicilia nel 1860, mente finissima dei “Mille” e del vittorioso golpe-guerra tricolorato –telecomandato da Londra- che annette l’Isola al Regno dei Savoia precipitando il suicidio dello Stato delle Due Sicilie. Abbandonate le sue “illusioni repubblicane e progressiste”, il Crispi diventa un “realista” in tutti i sensi. Per quattro volte fu infine anche presidente del Consiglio: dal 1887 al 1891 e dal 1893 al 1896. Alla sua azione “schizofrenica” si devono importanti riforme sociali: per esempio il Codice Zanardelli (1889) che abolì la pena di morte e introdusse la libertà di sciopero…

La controrivoluzione guidata da Crispi contro i Fasci siciliani

E veniamo al dunque: la pena di morte venne presto ristabilita in Sicilia, già nel 1893, a “fucilate di stato” sulle piazze in sciopero, nella Repressione scientifica che distrusse l’imponente movimento popolare dei Fasci dei Lavoratori che rivendicavano Giustizia sociale e Diritti civili: la “libertà di sciopero” vale fin quando non si rivendica niente! E’ la moderna Legalità borghese, bellezze. Il crispismo la tiene a battesimo… Alle richieste civili e ben motivate – da Roma – per ordine dello “statista siciliano”, si risponde con la brutalità dello “stato d’assedio”: controrivoluzione preventiva! La “paranoia” antifrancese e antipapale del Crispi ha una sua logica. Il grande statista “siciliano” fu il massimo artefice italiano della Triplice Alleanza con Germania e Austria e la sua visione delle cose assegnava un ruolo di primo piano alle dinamiche geopolitiche, in un contesto di provincialismo italico e nell’età dell’imperialismo, lo Statista, a suo modo, era un “gigante incatenato”.

Mai dimenticare il “macellaio di Ribera”

Ristabilito l’ordine in Sicilia , la colonia interna, deviandone la Storia con effetti secolari; era tempo di avventure coloniali africane: e dopo qualche piccolo successo, con l’italica disfatta di Adua del 1896 e la vittoria del negus Menelik e dell’eroico popolo d’Etiopia, finisce anche l’avventura politica del Crispi, il più grande e longevo statista dell’italietta risorgimentata, “una e fatta”. Crispi muore a Napoli, l’11 agosto 1901; le forze mentali del crispismo, invece, vivono ancora tra noi: anche se pochi le vedono. Nel 130° anniversario dell’infame “stato d’assedio” neocoloniale e antiproletario lo ricordiamo come il “Macellaio di Ribera”, anche se non fu solo questo. Il Crispismo è vivo e vegeto, ecco perché questo Stato fa bene a celebrare il suo statista. E noi facciamo bene a non dimenticare il “Macellaio di Ribera” e un “passato che non passa”. Senza “pregiudizi”. ( dal sito: www.terraeliberazione.net )

Un commento

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *