Trump l’ha capito che la guerra scatenata da Netanyahu contro l’Iran mette in discussione la sua politica, dallo stop alla droga che entra negli USA con i migranti irregolari alla lotta alla globalizzazione?

In politica gli effetti delle azioni messe in campo si calcolano bene. Contrariamente a quello che raccontano, Israele non ha vinto e, anzi, è in grande difficoltà

Da quando è iniziata la guerra tra Israele e Iran, o meglio, da quando il capo del Governo israeliano, Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu, ha aperto il quinto o sesto fronte di guerra, abbiamo provato a raccontare in tutte le salse che l’Iran non è Gaza. Al contrario di quanto pensava Netanyahu, l’Iran è una grande potenza militare: e lo sta dimostrando sul campo. Anche se non lo sapremo mai, con molta probabilità Netanyahu, forte della presenza, alle sue spalle, della lobby mondiale economica e finanziaria ebrea, ha ignorato il presidente americano Donald Trump (nella foto sopra tratta da Il Fatto Quotidiano) e ha deciso di attaccare l’Iran. Volendo, è stata quasi una risposta a Trump, che poco meno di un mese fa ha praticamente snobbato Netanyahu lasciandolo ‘cuocere nel suo brodo-delirio’ di innipotenza. Ma questa volta il capo del Governo israeliano e i suoi consiglieri militari hanno fatto male, anzi malissimo i conti. Certo, hanno alle spalle quasi tutta l’informazione occidentale che, da quando è scoppiato il conflitto contro l’Iran, non fanno altro che dire che Israele ha ormai vinto, che è questione di giorni e bla bla bla. Ieri abbiamo pubblicato una dichiarazione dell’ambasciatore israeliano negli USA, Yechiel Leiter, che ha ammesso che il 10, forse il 15% dei missili iraniani colpiscono Israele. Precisando che la vittoria non è a portata di mano ma che ci vorrà ancora del tempo, forse due, tre settimane (qui il nostro articolo). Su altri giornali leggiamo che l’Iran avrebbe pochi missili e bla bla bla.

L’Iran che si arrende? Ci sembra improbabile

Ma i fatti di cronaca, che non possono essere smentiti, raccontano che il presidente americano Trump ha lasciato di corsa il G7 perché i suoi collaboratori del mondo militare gli avrebbero detto che in Israele la situazione sta precipitando. L’Iran, come scriviamo da giorni, è un osso duro. Se gli iraniani avessero avuto tra le mani la bomba atomica l’avrebbero già utilizzata? Questo non lo possiamo sapere. Ma una cosa sembra chiara: da quello che hanno lasciato intendere l’āyatollāh Ali Khamenei e i suoi collaboratori, l’Iran fino ad ora, per dirla in lingua siciliana, con i bombardamenti in Israele c’ha gghiutu a leggiu, ha usato la mano leggera. Non a caso Trump è stato costretto, di fatto, a convocare in frett’e furia i vertici militari americani e a spedire in Medio Oriente non sappiamo quante navi da guerra e quanti aerei da guerra. Sui giornali leggiamo che Trump ha invitato l’Iran ad arrendersi. Khamenei, da parte sua, ha risposto per le rime: “Nel nome del nobile Haidar, la battaglia ha inizio”. Non sappiamo cos’è successo stanotte e cosa sta succedendo in queste ore in Israele e in Iran: lo sapremo nel corso di questa giornata.

Ma dove sono i milini di cittadini iraniani pronti a ribellarsi al regime degli āyatollāh?

Quello che sappiamo è che, ieri, l’esercito iraniano ha chiesto ai residenti del quartiere di Neve Tzedek a Tel Aviv di lasciare la zona perché verrà colpita dai missili. Neve Tzedek, stando a quanto leggiamo su un canale Telegram, ospita il quartier generale dello Stato Maggiore delle IDF e sarà probabilmente l’obiettivo dell’attacco. Anche i militari israeliani, da parte loro, hanno invitato gli abitanti di Teheran a lasciare la città. Quello che possiamo notare è che Netanyahu continua a commettere errori. Non ha calcolato la forza militare iraniana e si ritrova con le proprie strutture militari e con le proprie città sotto attacco. Da anni ci fanno la ‘testa tanta’ con il regime dispotico iraniano che tratta male le donne, che lede le libertà fondamentali, con la stragrande maggioranza dei cittadini iraniani pronti a ribellarsi al regime degli āyatollāh e via continuando. Fino ad ora non abbiamo visto nulla di tutto ciò: al contrario, abbiamo visto l’esatto contrario: folle di cittadini iraniani che sfilano per le strade gridando slogan anti-iraniani e anti-occidentali.

Egregio presidente Trump, Israele si protegge bloccando Netanyahu, che va trasferito in qualche isola deserta, avviando contestualmente una trattativa con l’Iran insieme con Cina e Russia

Forse, invece di scatenare una guerra contro l’Iran, America farebbe bene, insieme con Cina e Russia, a fermare Netanyahu e a prendere nelle mani la situazione. Trump è stato bravissimo a fermare la guerra tra India e Pakistan. Faccia la stessa cosa in Medio Oriente. Un conto è minacciare l’Iran, come sta facendo in queste ore il presidente americano, tirato dentro questa storia da Netanyahu e da chi ancora lo sostiene e lo protegge dopo tutti i ‘casini’ che ha combinato, compresa l’assurda caccia a militari e militanti di Hamas, distruggendo case, scuole e ospedali di Gaza, ammazzando migliaia di innocenti, compresi i bambini. Ma altra e ben diversa cosa, per l’America di Trump, è infognarsi in una guerra a tutela di Netanyahu, non sapendo come reagirebbe la Cina. Israele si protegge bloccando Netanyahu, che va trasferito in qualche isola deserta, avviando contestualmente una trattativa con l’Iran insieme con Cina e Russia. Trump non è stupido. Non può non aver capito che il ‘casino’ creato da Netanyahu sta bloccando il processo di destrutturazione della globalizzazione. Con molta probabilità, chi vuole tirare in questa guerra folle l’America di Trump sta cercando di salvare il traffico di droga verso gli Stati Uniti gestito dai ‘cartelli’ attraverso l’immigrazione illegale. E sta anche cercando di salvare le multinazionali farmaceutiche che hanno incasinanto il mondo per fare soldi durante la controversa e truffaldina stagione del Covid. Infine, incasinando Trump tra Israele e Iran, si sta cercando di salvare la follia del commercio internazionale senza limiti che favorisce le grandi concentrazioni finanziarie, uccidendo le agricolture di interi Stati e facendo ammalare milioni di persone con prodotti agricoli pieni di pesticidi, pronti per essere ‘curati’ dalle multinazionali farmaceutiche. E il cerchio si chiude.

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