Anche i discepoli una volta si mostrarono uomini di poca fede ma quando si videro perduti tra vento e acque tempestose e chiamarono Gesù capirono tutto

di Frate Domenico Spatola

27 Gennaio 2024, Sabato della terza settimana del tempo ordinario: Marco 4,35-41

Il buio della sera e la mareggiata per il vento forte, simboleggiano l’incomprensione tra Gesù e i suoi. All’altra riva, dove li vuole avviare, stanno i pagani, ma i discepoli recalcitrano per non andare. Sono nemici di Israele e vanno abbandonati all’ira divina. Stesso ragionamento era stato, in passato, del profeta Giona, rinunciatario a recarsi a Ninive, capitale assira e, per antonomasia, nemica numero uno di Israele. Il vento contrario fu perciò l’immagine del loro rifiuto. I discepoli hanno Gesù in barca, ma lo tengono immobilizzato, come morto. Ricorreranno a lui, con l’acqua alla gola e prossimi ad affondare. Lo sveglieranno al rimprovero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Senza un briciolo di autocritica, ma ora in totale resa, consentiranno a Gesù di agire. Egli minacciò il vento e il mare e venne la bonaccia. Era gesto teofanico. A rivincita, scontata fu la domanda:” Perché avete paura?” Mancanza di fede, fu la risposta che si diede lo stesso Gesù. L’esperienza comunque servì ai discepoli per domandarsi: “Chi è costui, cui vento e mare obbediscono?”. Con tale espressione, l’evangelista applicava a Gesù, quel che Giobbe diceva di Dio.

Foto tratta da la Luce di Maria

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