C’è la possibilità di trovare un accordo tra Israele e palestinesi e di bloccare la guerra in Ucraina? Un’ipotesi di pace in cinque punti

di Andrea Piazza

Conflitti e speranze

Viviamo un momento storico estremamente complesso, penalizzato da numerosi conflitti bellici in corso. È evidente che qualora i grandi Stati della Terra non riusciranno a trovare un punto di mediazione, la situazione generale sarebbe destinata a deteriorarsi con l’incertezza che la guerra a pezzi subisca una mutazione in conflitto bellico mondiale. Le azioni criminali/terroristiche pianificate ed eseguite da Hamas con trattenimento di ostaggi hanno alzato ulteriormente la temperatura con il rischio di esclation in danno dei sequestrati e collateralmente della popolazione palestinese che da decenni subisce sulle proprie carni il radicalismo di Hamas. Siamo nella fase più buia ma l’interesse delle grandi potenze di trovare una via risolutiva deve darci speranza, perché nei momenti più difficili e prossimi al baratro soltanto il buon senso può generare le condizioni funzionali a raggiungere un insperato accordo generale. Ovviamente si dovrà trovare una soluzione in termini rapidissimi che consenta il ritorno a casa degli ostaggi, scongiurando un ingresso in assetto da guerra all’interno della città di Gaza e dintorni.

Il possibile accordo globale per bloccare i conflitti

È evidente che qualora prevalessero le armi il conflitto rischierebbe di allargarsi a macchia d’olio, coinvolgendo altri nemici di Israele come Hezbollah & Company. Confidando nell’interesse di tutte le parti superiori in gioco, la necessità, da parte dalla Federazione Russa, di ridimensionare il terrorismo internazionale che costituisce una pari minaccia alla propria sovranità (ricordiamo il terrorismo ceceno), sarebbe ipotizzabile un accordo general-risolutivo che potrebbe prevedere: 1) il rilascio degli ostaggi israeliani; 2) un salvacondotto per i terroristi di Hamas verso l’Iran con l’avallo della Federazione Russa e Cina con l’impegno successivo di azzerare i vertici decisionali terroristici; 3) avviare il successivo riconoscimento dello Stato di Palestina; 4) implementare gli accordi di Abramo per stabilizzare il rapporti di Israele in Medio Oriente; 5) mettere fine al conflitto in Ucraina con il riconoscimento alla Federazione Russa dei territori militarmente conquistati.

L’ipotesi di tornare ai due blocchi in una chiave diversa dalla ‘Guerra fredda’

In prospettiva gli equilibri geopolitici necessitano di ritornare al passato, alla contrapposizione dei due blocchi in una chiave diversa dalla ‘Guerra fredda’: da un lato il nostro blocco occidentale NATO con inclusione di Stati democratici compatibili e, dall’altro lato, gli Stati appartenenti al sistema BRICS oltre ad una serie di Stati che resterebbero in una posizione neutrale e di bilanciamento nei confronti dei rispettivi appartenenti ai due blocchi. Nonostante tutto, il dualismo dei due blocchi ci ha assicurato equilibrio e stabilità, fino alla fine della caduta del Muro di Berlino. Dopo il 1989, e precisamente nel 1992, il neoliberismo finanziario ha preso corpo, destrutturato i nostri modelli sociali ed economici, marginalizzato l’importanza assoluta “storica” dell’area del Mediterraneo, nonché i tentativi per esportare altrove il nostro modello occidentale “idealmente democratico”. La circostanza che tutte le potenze mondiali si stanno muovendo è un indizio, sarebbe illogico che finisse tutto nel nulla. In considerazione che le nostre democrazie occidentali sono strutturate sul dualismo dell’alternanza – in USA democratici/Repubblicani, in UK conservatori/progressisti, in Italia centrodestra/centrosinistra – non avrebbe senso disapplicare il medesimo schema alla logica dei due blocchi, rinnovati perché l’aggregazione dei BRICS non è un ‘ipotesi ma una certezza. D’altronde nella storia umana anche il bene si compensa nel dualismo con il male… il mondo è fatto così.

Foto tratta da Terrasanta.net

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