Dopo circa 35 anni c’è un Governo regionale che affronta il problema dell’interramento delle dighe con una soluzione utile per l’agricoltura

Il progetto – razionale e meritorio – è dell’Autorità di bacino della Presidenza della Regione siciliana

L’idea è interessante: utilizzare la terra che si accumula nelle dighe della Sicilia non abbiamo ancora capito se come ammendante o come fertilizzante. Stando a quello che si legge in un comunicato della presidenza della Regione siciliana, si dovrebbe cominciare con la diga di Pozzillo: “Il limo che risiede sul fondo della diga Pozzillo, in territorio di Regalbuto, nell’Ennese – leggiamo nel comunicato del Governo dell’Isola – diventa una importante risorsa per l’agricoltura e sarà usato come fertilizzante per le colture. A disporlo è l’Autorità di bacino della Presidenza della Regione. La sabbia addensata sul fondo della diga, che fino ad oggi ha costituito un grosso problema penalizzando fortemente la capacità d’accumulo dell’invaso, ora potrà essere utilizzata come ‘ammendante’ in agricoltura nei terreni del comprensorio”.

Si tratta di liberare le dighe siciliane dalla sabbia che si trova nei fondali delle stesse dighe dopo decenni di abbandono. E di utilizzare la stessa sabbia come ammendanti o fertilizzanti nei terreni agricoli

Non per volere essere pignoli, ma una cosa sono i fertilizzanti, mentre altra e ben diversa cose sono gli ammendanti. Forse la Regione siciliana e l’Autorità di bacino dovrebbero essere un po’ più precisi. In ogni caso, l’idea è buona. Tornando al comunicato, leggiamo che “L’Autorità di bacino ha infatti autorizzato l’Enel, gestore dell’invaso, a compiere tutte le opere necessarie ad eliminare l’interrimento presente nella diga che ammonta a circa 2,5 milioni di metri cubi, corrispondente al 10% del volume utile perso per effetto dell’interrimento stesso. Per la prima volta queste operazioni, che rientrano fra quelle incluse nel piano di gestione della diga, vedranno i grossi quantitativi di limo sul fondo dell’invaso utilizzati in agricoltura, trasformando l’operazione in una soluzione virtuosa ed ecologica che rende produttivo un problema atavico che, pertanto, oggi diventa una importante risorsa. L’operazione, tra l’altro, consente di recuperare volume utile all’interno dell’invaso, che potrà servire, pertanto, per accumulare ulteriori quantitativi d’acqua”.

L’idea è buona. A patto che la Regione non carichi sugli agricoltori siciliani l’onere di andare a spargere queste sabbie nei terreni agricoli. Di questo si deve occupare la stessa amministrazione regionale con l’ESA, su richiesta degli agricoltori

A parte la sovrapposizione fertilizzanti-ammendanti, l’idea ci sembra buona, perché finalmente le circa 50 dighe siciliane, quasi tutte interrate, potranno essere liberate dalla sabbia che si trova nel fondo di dette dighe. Ne trarranno giovamento i terreni agricoli siciliani che hanno bisogno di essere ‘corretti’ o ‘concimati’. ne trarranno giovamento gli agricoltori. L’importante è che la sabbia tirata fuori dalle dighe non venga gettata dove capita dicendo agli agricoltori: “Fatene buon uso”. Insomma, la sabbia tirata fuori dalle dighe non può essere ‘sbolognata’ agli agricoltori a come capita! L’amministrazione regionale dovrà raccogliere prima le richieste degli agricoltori e siccome spargere i concili o gli ammendanti nei terreni ha un costo – oggi piuttosto elevato, perché il prezzo dell’energia è alle stelle, dovrà essere la stessa Regione siciliana – magari con i trattoristi dell’ESA (Ente di Sviluppo Agricolo) – a spargere la sabbia nei terreni su richiesta degli agricoltori. Da decenni sentiamo parlare dei trattoristi dell’ESA: non c’è migliore occasione per creare una sinergia tra Autorità di bacino della Presidenza della Regione, ESA e agricoltori.

L’utilizzazione delle sabbie dei fiumi per il ripascimento dei litorali sabbiosi

C’è anche un passaggio del comunicato che riguarda i corsi d’acqua, nel quale si sottolinea la “possibilità di riutilizzo dei materiali in esubero, dopo che nello scorso mese di Giugno l’Autorità di bacino aveva emanato un avviso pubblico che mirava a creare un sistema ‘circolare’ finalizzato al riutilizzo dei materiali sabbiosi e ghiaiosi provenienti dai corsi d’acqua dai quali sono stati rimossi nel corso degli interventi effettuati di manutenzione e mitigazione del rischio idraulico. In quel caso il riutilizzo delle sabbie era destinato a fini produttivi e per i ripascimenti dei litorali in erosione”. Dobbiamo prendere piacevolmente atto che, dopo quarant’anni circa c’è un Governo regionale che avanza una proposta concreta per affrontare l’annoso problema delle dighe interrate, con una soluzione razionale, e magari anche di utilizzare il materiale proveniente dalla sistemazione di fiumi e corsi d’acqua.

Foto tratta da Etnanatura

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