Dopo la guerra totale dichiarata da Netanyhau a Gaza e dopo i 54 miliardi di euro che la Ue ha dato all’Ucraina l’Italia farebbe bene a ritirare le navi militari dal Mar Rosso. I rischi per la Sicilia

Tra il Golfo di Aden e il Mar Rosso la situazione potrebbe precipitare

Questo articolo, dedicato alla spedizione militare occidentale nel Mar Rosso, lo scriviamo a futura memoria. Per eliminare scuse ed alibi se dovesse succedere qualcosa di brutto. La spedizione militare dei Paesi occidentali – Stati Uniti in testa – per consentire alle navi commerciali occidentali di navigare nel Mar Rosso e, quindi, di attraversare il Canale di Suez fino a qualche giorno fa poteva essere considerata un mezza follia. In queste ore, con l’annuncio del capo del Governo di Israele, Benjamin ‘Bibi’ Netanyahu (foro sopra tratta da Il Fatto Quotidiano), di proseguire a oltranza la guerra nella Striscia di Gaza e con i nuovi aiuti economici della Ue all’Ucraina, la presenza militare occidentale nel Mar Rosso è diventata una totale follia. L’Italia farebbe bene a chiamarsi fuori da uno scenario che potrebbe trasformarsi in una guerra senza esclusione di colpi. Il riferimento è alla spedizioni di navi militari italiane nel Mar Rosso. Proviamo a illustrare che cosa potrebbe succedere.

Netanyahu va allo scontro con il mondo arabo che appoggia i palestinesi perché ha dietro la potente lobby ebraica d’America

Hamas avrebbe voluto l’interruzione del conflitto a Gaza ma Netanyahu non vuole cedere di un millimetro: vuole vincere su tutta la linea. Il messaggio è chiarissimo: dopo l’attacco di Hamas a Israele lo scorso 7 Ottobre, nella Striscia di Gaza non ci sarà mai uno Stato palestinese avallato da Israele. Va da sé che le parole del leader israeliano sono, di fatto, una dichiarazione di guerra a tutto il mondo arabo che appoggia Hamas e la causa del popolo palestinese. Così come è altrettanto palese che dietro Netanyahu c’è la potente lobby ebraica americana: questo spiega perché il capo del Governo israeliano è rimasto al suo posto, mentre l’attuale presidente Usa, Joe Biden, che pensava di imporre a Netanyahu almeno una tregua, ha dovuto prendere atto che, in questa vicenda, il suo ruolo è ininfluente.

Il mondo è sull’orlo di una guerra globale, se è vero che dietro i ribelli Houthi ci sono Iran, Russia e Cina

La guerra a Gaza è strettamente interconnessa al blocco della navigazione nel Mar Rosso e alla guerra in Ucraina. I ribelli Houthi non nascono dal nulla. Sono guerrieri dello Yemen (prevalentemente del gruppo sciita zaydita) che, da circa due mesi, attaccano le navi commerciali occidentali nello Stretto di Bab Al Mandeb, il tratto di mare che unisce il Golfo di Aden con il Mar Rosso. Dietro di loro ci sono Iran, Russia e Cina. Gli attacchi dei ribelli Houthi alle navi commerciali occidentali sono una risposta contro Israele che sta mettendo a ferro e fuoco Gaza e contro l’Occidente in guerra contro la Russia in Ucraina. Inviare le navi da guerra in un’area marina che non appartiene all’Occidente è già un grave errore. Perché, infatti, il mondo arabo vicino ai palestinesi con in testa l’Iran, e la Russia e la Cina dovrebbero consentire alle navi occidentali di attraversare un tratto di mare che non gli appartiene? Per aiutare l’economia europea e americana? Cioè due economie che, a propria volta, aiutano i nemici della Russia in Ucraina e Israele nella guerra contro palestinesi e mondo arabo? L’obiettivo degli Houthi – braccio operativo di Iran, Russia e Cina – è, per l’appunto, bloccare la navigazione nel Mar Rosso e nel Canale di Suez per colpire l’economia occidentale. Chi ne sta facendo le spese è soprattutto l’Unione europea, che in prospettiva dovrà affrontare una crescita dell’inflazione a causa dei maggiori costi del trasporto delle merci via mare, con la probabile crisi dei porti europei, a cominciare dai porti di Genova e Trieste (come abbiamo raccontato qui). Può non piacere ma è una mossa legittima da parte di Paesi che sono in dissidio con l’Occidente.

La Sicilia è a rischio per via della presenza della base militare americana di Sigonella, del MUOS a Niscemi e per la presenza di un gruppo israeliano nella gestione della raffineria di Priolo

Con le dichiarazioni di Netanyhau, che ha deciso per lo scontro frontale contro i palestinesi e mondo arabo, e con i 54 miliardi di euro di aiuti che l’Unione europea ha erogato all’Ucraina la situazione è diventata incandescente. Gli Houtyi, con dietro Iran, Russia e Cina, saranno ancora più impegnati a bloccare la navigazione commerciale occidentale, anche a costo di scontri contro le navi militari occidentali. Non a caso il giornale online scenarieconomici.it scrive che l’interruzione dei transiti delle navi, nel Mar Rosso, potrebbe durare ancora un anno (come potete leggere qui). L’Italia – Paese che prima dell’avvento della fallimentare Seconda Repubblica era nota in politica estera per la capacità di mediazione – si sta ritrovando, per la seconda volta dopo la crisi della ex Jugoslavia, in una guerra. A differenza della guerra nella ex Jugoslavia, la guerra che potrebbe esplodere nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso è molto più pericolosa. Non a caso, qualche giorno fa, un esponente del mondo Houthi ha avvisato il Governo italiano: “Non intervenite contro di noi o sarete un bersaglio“. Il riferimento, ovviamente, non è soltanto alle navi militari italiane, perché è tutta l’Italia che rischia di diventare un “bersaglio”. A cominciare dalla Sicilia dove operano la base militare americana di Sigonella e il MUOS a Niscemi. Non solo. E’ noto che la raffineria di Priolo, in Sicilia, è gestita da un gruppo imprenditoriale israeliano (come potete leggere qui). Considerato che Israele è in guerra questo è già un problema. Il fatto che l’operazione Priolo sia il frutto di un accordo tra Netanyhau e il leader russo Putin significa poco, perché i russi, dopo la citata erogazione di 54 miliardi di euro all’Ucraina potrebbero decidere di mollare definitivamente la Sicilia. per la cronaca, l’impianto di Priolo raffina il 40% circa del petrolio che arriva in Italia. Eventuali problemi alla raffineria di Priolo scatenerebbero un ‘casino’ in un’Italia dove più del 90% delle marci viaggia sul gommato…

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