Gino Cecchettin alla trasmissione televisiva ‘Che tempo fa’ contro il patriarcato che non esiste più da almeno 50 anni

di Diego Fusaro

Con la consueta chiarezza il filosofo Diego Fusaro illustra come la televisione di oggi sia espressione di quello che viene presentato come progresso per essendo l’esatto contrario

Nella trasmissione “Che tempo che fa”, il salotto notoriamente pluralistico di Fabio Fazio, è intervenuto ieri Gino Cecchettin, il padre della povera Giulia (foto sopra tratta da Il Gazzettino). Straordinario davvero che abbia trovato la forza di andare in televisione dopo così pochi giorni dalla scomparsa della figlia. Naturalmente ognuno elabora il lutto secondo le proprie sensibilità. Ovviamente la sua presenza si è trasformata immancabilmente in una grande prestazione ideologica contro il patriarcato, come l’ordine del neoliberismo progressista oggi impone. Poco importa che il patriarcato in Europa non esista più da almeno 50 anni e che invece trionfi sotto il cielo la società del padre evaporato e del desiderio individualistico illimitato, quello che deve comunque sempre imporsi e che quando trova ostacoli li travolge, magari anche producendo la morte altrui (sotto foto di Diego Fusaro).

“… il flusso del discorso deve procedere a senso unico, come una grande verità lasciata cadere dall’alto e diffusa tramite la potenza catodica”

Il padre di Giulia ha detto testualmente di aver fatto un grande percorso di cambiamento, e stupisce davvero che questo percorso sia avvenuto in così pochi giorni. Ha altresì lasciato intendere che occorre cambiare la società, lottando contro il patriarcato, vero responsabile della violenza a suo giudizio. Sarebbe interessante domandargli dove veda il patriarcato, nel tempo della famiglia liquida e del maschio fragile. Ma come è noto, nel salotto pluralistico di Fabio Fazio non si dà spazio per voci contrastanti rispetto all’ordine del discorso presentato al pubblico. Mai un dubbio, mai una contraddizione, mai una domanda, mai una critica: il flusso del discorso deve procedere a senso unico, come una grande verità lasciata cadere dall’alto e diffusa tramite la potenza catodica. Non un cenno, da parte del padre di Giulia, al reale colpevole dell’omicidio di sua figlia, quasi come se in realtà a essere colpevole fosse l’intero genere maschile affetto da intrinseco patriarcato e degno di essere rieducato. Quasi come se appunto essere maschi fosse una colpa da cui liberarsi mediante un processo di rieducazione. Insomma, una grande prestazione ideologica coerente con l’ordine erotico della globalizzazione neoliberale. Come se appunto ogni maschio in quanto tale fosse responsabile dell’orrendo omicidio di Giulia Cecchettin.

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