Gli avversari delle democrazie occidentali in profonda crisi stanno ‘scrivendo’ un nuovo ordine mondiale basato sull’autarchia

di Giuseppe Messina

Ormai gli effetti delle guerre sono spesso globali. i ribelli Houthi, bloccando alle navi commerciali l’accesso nel Mar Rosso, stanno mettendo in ginocchio l’economia europea

Il Mediterraneo (foto sopra tratta da Difesa e Sicurezza) era ed è tutt’oggi l’evidente rappresentazione del mondo che cambia. E’ il Continente Liquido che tiene con il fiato sospeso l’intero pianeta. E’ la stessa area geografica a rischio di militarizzazione per quanto sta accadendo. Facciamo un passo indietro. Il Mediterraneo è il mare più antico, che ha visto il debutto della prima nave da guerra – le triremi dei Fenici – e della prima flotta – quella ateniese. E’ un mare storicamente fertile ed ospitante per qualunque popolo e per qualsivoglia civiltà e quindi contendibile per ogni potenza, dall’antichità fino ai nostri giorni. Il Mediterraneo allargato da Gibilterra arriva fino al Mar Nero, dal cuore dell’Europa tocca a sud il Golfo di Guinea e più a est il Medio Oriente ed ha tre punti di accesso: Gibilterra, Suez e i Dardanelli. E’ risaputo che chi li controlla può vantare il predominio su una delle maggiori rotte del commercio planetario, senza il quale nessuna potenza può perseguire i propri interessi. I recenti fatti ci danno ragione. Il gruppo paramilitare, ispirato dagli iraniani – gli Houthi – imperversa da tempo con azioni di pirateria contro le navi commerciali che attraversano la rotta più breve, il Mar Rosso, per raggiungere l’Occidente e viceversa per esportare nei fiorenti mercati asiatici le produzioni europee. Per l’Unione europea è un disastro: aumento dei prezzi dei prodotti che non arrivano più dal Canale di Suez ma da navi costrette a un giro lungo: Capo di Buona Speranza per entrare in Europa dallo Stretto di Gibilterra. Sono 14-15 giorni di navigazione in più, maggiore consumo di carburante e aumento dell’inflazione assicurato in Europa. Non solo. I Paesi europei, per esportare i propri prodotti nei Paesi asiatici, non potendo passare più dal Canale di Suez, dovranno fare i salti mortali. Un disastro economico totale, per la vecchia Europa. E questo è ciò che sappiamo, ciò che vediamo, ciò che ci viene raccontato. Quello che non viene spiegato è la ragione che ha spinto i terroristi dello Yemen a destabilizzare la via di collegamento più importante al mondo. Proviamo a illustrarla.

Oggi gli interlocutori dei Paesi africani sono Cina, Russia, Turchia e Iran. Il cosiddetto Occidente industrializzato non c’è più

Esiste un preciso disegno delle grandi super potenze non allineate all’Occidente di scrivere un nuovo ordine mondiale basato sull’autarchia da contrapporre alla malata democrazia. A conferma di ciò è sufficiente osservare i movimenti geopolitici in Africa. Molti Stati stanno cacciando via l’ONU, dopo aver cacciato i colonizzatori occidentali, quali Usa, Gran Bretagna e Francia. I nuovi governi militari e regimi totalitari in Africa si rivolgono oramai alle potenze come Russia, Cina, Turchia, Iran che garantiscono proprio la forma di governo autarchica. La presenza fissa dei militari dell’esercito di mercenari Wagner in molti territorio africani testimonia questo processo di militarizzazione di molti Stati di questo Continente. La democrazia occidentale, malata e in crisi, sostituita dalla dittatura, quale forma di governo che garantisce gruppi di potere economico che continueranno promanare a violenza e morte. Sta cambiando l’ordine mondiale

Le guerre nel mondo che stanno cambiando la realtà che abbiamo sempre conosciuto

L’Ucraina è, dal 24 Febbraio 2022, il teatro della maggiore guerra di terra accaduta in Europa dal 1945. In questo scenario vi è la contrapposizione diretta fra la Russia e le forze di Kiev, apertamente sostenute e armate dalla NATO e, in generale, dall’Occidente. La Siria e la Libia sono attraversate da conflitti civili e tribali, che hanno avuto entrambi avvio nel 2011; qui si confrontano fazioni armate che rappresentano interessi di Stati rivali. E il Nagorno Karabakh è conteso con le armi fra Armenia e Azerbaijan, così come la Georgia è divisa in due dall’invasione russa del 2008. Nello Yemen sono invece i ribelli filoiraniani Houthi (dall’arabo “partigiani di Dio”) e nel Sahel, i più sanguinari gruppi jihadisti, a indebolire la sovranità di più nazioni, agendo nel golfo di Aden. Per non parlare dei jihadisti di Isis ancora presenti nel deserto fra Iraq e Siria, degli Hezbollah sciiti in Libano pronti ad aprire uno scenario di guerra al confine con Israele, dei guerriglieri curdi lungo i confini meridionali della Turchia con Siria e Iraq, degli Shabaab in Somalia, senza dimenticare i pasdaran iraniani (Corpo delle guardie della rivoluzione islamica) che hanno iniziato le prime scaramucce al confine pakistano. E la Corea del Nord? E’ pronta a creare caos al confine con i “cugini della Corea del Sud, interessando anche il Giappone? Sono prove generali di terza guerra mondiale, o già ci siamo dentro e non ce ne rendiamo conto, ubriacati come siamo di una democrazia solo sulla carta?

In Africa oggi anche l’ONU è visto male. I migranti rappresentano una delle armi messe in gioco dalle nuove potenze autarchiche per destabilizzare l’Occidente e calarlo a picco come una nave bombardata

Oltre agli Stati Uniti, che da tempo hanno abbandonato il Mediterraneo e parte dell’Africa, anche l’ONU è a rischio. Le missioni di pacificazione delle Nazioni Unite in Africa sono più numerose che in altre parti del mondo. Tuttavia, negli ultimi anni molte di queste stanno lasciando il Continente prima del loro termine fissato. La maggior parte delle volte sono i governi locali a chiederlo. L’esempio più lampante è quello del Mali, dove la missione MINUSMA, avviata nel 2013, è stata richiamata nel 2023. La giunta militare che ha preso il potere dopo il colpo di Stato del 2021 ha visto con grande sfiducia l’approccio dell’ONU nel territorio, accusando anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite di aver aumentato le ostilità. I flussi migratori, che innescano conseguenze durature nei territori di arrivo o semplicemente di passaggio, sono frutto della coesistenza fra zone di conflitto armato di differente intensità che caratterizzano il Mediterraneo allargato come uno spazio incandescente. I migranti rappresentano una delle armi messe in gioco dalle nuove potenze autarchiche per destabilizzare l’Occidente e calarlo a picco come una nave bombardata. E’ certo che la rincorsa verso un nuovo ordine mondiale ha prodotto il risultato che è sotto gli occhi di tutti: una schiera di guerre, guerriglie, faide tribali, rivalità armate locali e azioni terroristiche che generano una geografia alternativa, con generali capi fazione e leader militari capaci di recitare ruoli imprevedibili e decisivi. Ne deriva una moltitudine di rischi nei rapporti con gli Stati della sponda nord del Mediterraneo, accomunati dall’adesione all’Unione europea e alla NATO. Questo scenario, caratterizzato da profonde lacerazioni territoriali e instabilità geopolitica, è alla base dell’effetto domino che genera le crisi regionali che, a loro volta, alimentano squilibri economici e sociali nel Mare Nostrum, spingendo interi popoli all’esodo verso le coste dell’Europa. Uno scenario che potrebbe portare alla militarizzazione del Mediterraneo.

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