Il carcere Pagliarelli di Palermo fa paura ai giovani stupratori del Foro Italico. Il ruolo di ‘sexting e ‘revenge porn’

Ora sei dei sette ragazzi protagonisti dello stupro di gruppo hanno paura a restare nel carcere del capoluogo siciliano. La nota del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia
Il carcere Pagliarelli di Palermo fa paura ai giovani stupratori

Com’era prevedibile, i ragazzi protagonisti dello stupro di gruppo (sei su sette, perché il settimo quando sono avvenuti i fatti era ancora minorenne) finiti nel carcere Pagliarelli di Palermo hanno un po’ di paura. I ragazzi, il 7 Luglio scorso, hanno stuprato una diciannovenne in un’area del Foro Italico di Palermo. Ebbene, sembra che avrebbero già ricevuto minacce. Cosa prevedibile, perché chi si macchia di questo tipo di reati, beh, in carcere non è esattamente ben visto. Che la situazione sia un po’ complicata lo mette nero su bianco la direzione dello stesso carcere Pagliarelli, che ha chiesto al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia “l’immediato allontanamento da questo istituto dei detenuti”. Insomma, meglio far cambiare aria ai sei ragazzi accusati di stupro. Nella speranza che in un altro carcere le cose possano andare meglio per i sei protagonisti di questa bruttissima storia.

Federfarma Palermo–Utifarma: le vittime risucchiate nel vortice dell’umiliazione del ‘sexting e ‘revenge porn’ potrebbero aver subito uno stupro di gruppo come epilogo finale della tortura

Intanto segnaliamo un interessante comunicato stampa di Federfarma Palermo–Utifarma. Dove si dice a chiare lettere che gli stupri di gruppo partono da sexting e revenge porn. Per sexiting si intende  l’invio di messaggi, testi, video e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono o tramite internet; mentre per revenge porn si intende  la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite Internet senza il consenso dei protagonisti degli stessi. Leggiamo il comunicato: “In forte aumento la caccia sui social a foto e video a sfondo sessuale postati da vittime inconsapevoli attratte nell’inganno da lusinghe o offerte di denaro”. Qui arriva la brutta notizia: “Federfarma Palermo e Associazione Mete onlus – si legge nel comunicato – che da nove mesi organizzano nelle farmacie di Palermo e provincia una campagna di sensibilizzazione sul ‘sexting e ‘revenge porn’, lanciano l’allarme: in vari casi è anche emerso che le vittime, già da tempo risucchiate nel vortice dell’umiliazione del ‘sexting e revenge porn’, abbiano anche subito uno stupro di gruppo come epilogo finale della tortura. Carnefici che colpiscono con la premeditazione di realizzare foto e video dello stupro, da diffondere e vendere in rete in quanto le
immagini umiliano più della stessa violenza; autori del reato che, agendo in gruppo, si deresponsabilizzano e sostengono a vicenda”. Questo passaggio è importante: i protagonisti di queste violenze, agendo in gruppo, pensano di non essere più personalmente responsabili di tali atti.

Il ruolo di una cultura abbrutita che porta all’errata convinzione che sia giusto svalutare il proprio corpo e la propria personalità, sacrificandoli alla moda delle condivisioni

“Il tutto – prosegue la nota di Federfarma Palermo – Utifarma – va in scena sul web, di fronte ad un pubblico di dimensione planetaria, privo di valori e che fa il tifo o scommette come se si fosse in un videogame”. Morale: “Sempre più vittime di sexting e revenge porn, anche adulte, o i loro genitori, chiedono aiuto alle nostre farmacie che aderiscono alla campagna”, racconta Roberto Tobia, segretario nazionale e presidente provinciale di Federfarma, che in occasione di una sessione del Castelbuono Jazz Festival dedicata al Welfare oncologico ha ricevuto dall’assessora regionale alla Famiglia, Nuccia Albano, una targa dell’Associazione Mete. “Questo riconoscimento – spiega Tobia – va a tutte le farmacie di Palermo e provincia per l’impegno contro questo fenomeno sempre più diffuso. Le persone accolte in farmacia vengono assistite dall’Associazione Mete, dalla polizia postale e dagli psicologi per aiutarle a uscire dall’incubo della persecuzione, del ricatto sessuale, dell’umiliazione e dello screditamento della persona in rete. Tutto nasce – prosegue l’analisi di Tobia – da una cultura abbrutita, frutto dell’era della massima condivisione sui social, che inculca nei giovani, e non solo, la convinzione che sia giusto svalutare il proprio corpo e la propria personalità, sacrificandoli alla moda di condividere, di esserci, come pegno da pagare per fare parte del branco. Branco che poi diventa aguzzino”.

“Occorre informare e convincere che il punto di partenza per salvarsi è avere la forza di dire ‘no’ alle prime richieste di foto e video. E che non è con foto sessuali che si è più belle e più gratificate dal prossimo”

“Dalle centinaia di storie che ci hanno raccontato – aggiunge Giorgia Butera, presidente dell’Associazione Mete onlus – abbiamo percepito l’aspetto più grave: le vittime quasi sempre non sono consapevoli di esserlo. Sono convinte che inviare propri foto e video a sfondo sessuale sia ‘fico’, che questa sia diventata una realtà ‘normalizzata’ di cui è giusto e bene fare parte altrimenti si è fuori da tutto. Prima il gruppo
ti convince di essere importante, poi ti sfrutta chiedendo soldi per non postare le immagini, quindi – rivela Giorgia Butera – può anche scattare la violenza di gruppo. Che, drammaticamente, per la maggior parte dei giovani non è percepita come un evento gravissimo, ma come una ‘dinamica’ da mettere in conto. Ed è per questo motivo, più che per la paura o la vergogna, che molte ragazze non denunciano”. Da qui le conclusioni: “Si deve intervenire urgentemente – dicono Tobia e Butera – perché temiamo un’escalation di questi fenomeni, destinati a diffondersi proprio perché non incontrano particolare resistenza da parte di chi viene adescato. Occorre informare e convincere che il punto di partenza per salvarsi è avere la forza di dire ‘no’ alle prime richieste di foto e video. E che non è con foto sessuali che si è più belle e più gratificate dal prossimo. Noi organizziamo tanti incontri nelle scuole, nei quali sempre più giovani raccontano le loro esperienze. Nelle farmacie entrano i più adulti, o i genitori che si accorgono che
qualcosa non va nei loro figli. Ma bisogna fare molto di più: dobbiamo tutti prendere consapevolezza del fatto che l’insidia è dentro ogni telefono, sui social, e che può capitare in ogni casa perché la rete si
insinua ovunque con le sue tentazioni ‘dark’”. Questi sono i discorsi seri, non certo la sociologia in salsa demagogica che chiama in causa genericamente la società e le famiglie. Analisi sicuramente interessanti ma che non possono fare venire meno la responsabilità personale di chi si macchia di violenze inaudite verso le donne!

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