Il Mediterraneo e le molteplicità di lingue, tradizioni, ambienti, culture, fedi. Le immagini e le descrizioni del “Breviario mediterraneo” di Predrag Matvejević

di Giuseppe Messina

Terza puntata del volume di Giuseppe Messina “MediterraneoMar Continente liquido – La guerra del pesce e la pace normalità dei nostri sistemi”. La scienza del mare… è, tuttavia, anche storia di naufragi e mito di sirene, galeoni affondati e Leviatani primordiali

Sui confini del Mediterraneo in tanti hanno dissertato nel corso del tempo; ognuno ha trovato un suo criterio di delimitazione dello spazio, perché, nel corso dei millenni, il mar Mediterraneo ha visto più volte una modificazione dei suoi confini, abbracciando le sorti di questo o di quel popolo, di questa o di quella religione, caratterizzando le culture delle dominazioni che, nel tempo, si sono susseguite, tra distruzioni e ricostruzioni, lasciando tracce indelebili nelle pagine tramandate, nelle pietre accarezzate dalla brezza del mare, colorate dai raggi del sole, dalle poesie, dalle gesta epiche, dalla mitologia, dalla successione degli imperi, dal commercio, dall’architettura delle coste, dalla cultura dell’ulivo, delle lingue e dei gerghi, testimoni della straordinaria contaminazione di luoghi e popoli, di approdi, porti, fari, carte e destini lunghi millenni, rendendolo l’unico esempio al mondo di “fusione” di popoli. La scienza del mare è studio di rotte e correnti, analisi chimica del tasso di salinità e rilievo stratigrafico; mappa del dominio bentonico e pelagico e suddivisione in zone eufotiche, oligofotiche e afotiche, misurazione di temperature e di venti; essa è, tuttavia, anche storia di naufragi e mito di sirene, galeoni affondati e Leviatani primordiali.

«D’ora innanzi e per sempre dovrà risuonare del grande Leviatano la potenza e la misericordia…» (Cesare Pavese)

Il Leviatano: creatura simbolica nota nella teologia e nella mitologia, figura biblica che ritroviamo nell’Antico Testamento; un mostro marino dalle dimensioni imponenti, una spaventosa bestia dalla ferocia mostruosa e dalla grande forza. È il simbolo della supremazia di Dio – suo creatore – sull’uomo; un essere e allo stesso tempo una metafora. Esercita il suo fascino sull’immaginario collettivo da secoli ed è nell’Antico Testamento che incontriamo la primigenie di questo mostro. “Il Leviatano” (scritta nel 1651) è, probabilmente l’opera di filosofia politica più conosciuta di Thomas Hobbes. Il Leviatano rappresenta simbolicamente lo Stato come un grande corpo le cui membra sono i singoli cittadini. Hobbes paragona il potere dello Stato alla devastante forza della creatura del mare, necessaria al mantenimento della pace e dell’ordine. Tale opera è considerata la teorizzazione e l’atto costitutivo dello Stato assoluto moderno. L’autorità dello Stato è pari alla porzione di libertà individuale che ognuno gli delega con la rinuncia, per vivere in pace, ad esercitare i corrispondenti diritti collegati a tale libertà. «D’ora innanzi e per sempre dovrà risuonare del grande Leviatano la potenza e la misericordia…» (Cesare Pavese). L’Odissea, il più grande romanzo di formazione, la più grande storia dell’individuo che si avventura nel mondo e ritorna a casa, ossia a sé stesso, non è immaginabile senza il mare. Ma quel mare, il Mediterraneo, è il grembo da cui prende vita tutta la nostra storia, la nostra civiltà.

Col “Breviario Mediterraneo”, Matvejević trova un’incantevole chiave musicale, legge la realtà, i gesti ed il vociare delle persone, lo stile delle capitanerie, l’indefinibile trapassare della natura nella storia e nell’arte…

Predrag Matvejevic’ (foto sopra tratta da Avvenire) – grande voce del mondo continentale – con l’opera dal titolo “Breviario mediterraneo” arricchisce sia la storiografia culturale che la vera e propria letteratura del mare del Mediterraneo, che non è soltanto lo spazio storico-culturale, magistralmente e forse definitivamente studiato da Fernand Braudel, né lo spazio mistico-lirico, vitale celebrato da Camus o da Gide. Affascinante genere intermedio fra il portolano, il lessico e il saggio-romanzo, basato su una assoluta fedeltà al reale, il libro di Matvejevic può ricordare, nella sua totale autonomia e nella sua diversità, La Mer di Michelet, altro testo bizzarro, nel quale un grande storico, dopo aver scandagliato negli archivi la storia di Francia e della Rivoluzione, dedica la sua infaticabile attenzione alla stratificazione geologica delle coste e ai fari, alle conchiglie e alla flora oceanica, agli stabilimenti balneari e ai racconti sulle sirene. Nel “Breviario”, l’autore accosta il Mediterraneo, visto come un mare profondo, abissale, ricolmo di pietas per ognuno degli innumerevoli destini che custodisce e seppellisce, come un immenso archivio, alla sua grazia, sapendo cogliere i fondali nel brillìo dell’increspatura, nella leggerezza di risacca. La cultura e la storia vengono calate direttamente nelle cose, nelle pietre, nelle rughe sul volto degli uomini, nel sapore del vino e dell’olio, nel colore delle onde. Col “Breviario Mediterraneo”, Matvejevic trova un’incantevole chiave musicale, legge la realtà, i gesti ed il vociare delle persone, lo stile delle capitanerie, l’indefinibile trapassare della natura nella storia e nell’arte, il prolungarsi della forma delle coste nelle forme dell’architettura, i confini tracciati dalla cultura dell’olivo, dall’espandersi di una religione o dalla migrazione delle anguille, i destini e le storie custodite nei dizionari nautici e nelle lingue scomparse, il linguaggio delle onde e dei moli, i gerghi e le parlate che mutano impercettibilmente nello spazio e nel tempo “chiacchiera, ciacola e cakula; scirocco, silok e ciroko; neve, nevera e neverin; barca, barcon, barcosa, barcusius, bragoc”. L’autore cerca di afferrare il Mediterraneo, di abbandonarsi al fascino di questa parola, ma anche di circoscriverne rigorosamente il significato, di tracciarne limiti e confini. Insegue le varie piste mediterranee, quelle dei traffici dell’ambra e delle peregrinazioni degli ebrei sefarditi; dell’estensione della vite e del corso dei fiumi; i confini si fanno allora oscillanti e fluttuanti e disegnano ideali curve come creste d’onda o isobare. In una rappresentazione cartografica, la isobara è la linea che congiunge i punti che hanno la medesima pressione barometrica. In meteorologia, le isobare sono linee ideali, che, sulle carte, uniscono i punti con uguale pressione atmosferica al livello del mare o ad una certa quota altimetrica. Nella cartografia nautica, le linee batimetriche o isobate (dal greco ἴσος “uguale” e βάϑος “profondità”), invece, sono rappresentate da sottili linee continue che uniscono i punti che hanno la stessa profondità. Sono le curve di livello che si trovano sotto il livello del mare.

Le vie del sale e delle spezie

Per Matvejevic, le integrazioni sono in tante cose concrete, come nell’odore del cordame sui moli e nelle storie superstiziose nate intorno a questi ultimi, nelle spume, differenti da mare a mare, nelle svariate tonalità della tenebra sul mare, nella varietà delle reti, nei colori della pittura nei diversi paesi, nelle denominazioni del mare e nelle immagini della rosa dei venti, nella struttura teatrale delle peschiere, nel lessico o nella gestualità dell’ingiuria, nella contemplazione del mare intesa come preghiera. E’ difficile conoscere l’intero Mediterraneo e fin dove si estenda, afferma Matvejevic; e quanto ampi siano i tratti della costa che occupa, fin dove si spinga nelle rientranze del territorio e dove in effetti cessi. La saggezza antica insegna che il Mediterraneo arriva fin dove cresce l’ulivo. E tuttavia non è ovunque così. Ci sono posti che si trovano proprio sulla costa che non sono mediterranei o lo sono solo in misura minore rispetto ad altri che ne sono più distanti. I suoi confini non sono definiti, né nello spazio né nel tempo, e somigliano al cerchio di un gesso che continua ad essere descritto e cancellato, che le onde e i venti, le imprese e le ispirazioni allargano o restringono. L’autore ricorda che, lungo le coste del Mediterraneo, passava la via della seta, s’incrociavano le 7 vie del sale e delle spezie, degli olii e dei profumi, dell’ambra e degli ornamenti, degli attrezzi e delle armi, della sapienza e della conoscenza, dell’arte e della scienza. Gli empori ellenici erano, ad un tempo, mercati ed ambasciate. Lungo le strade romane si diffondevano il potere e la civiltà. Dal territorio asiatico sono giunti i profeti e le religioni. (sotto, le saline; foto tratta da Il Giornale)

Qui popoli e razze per secoli hanno continuato a mescolarsi fondersi e contrapporsi gli uni agli altri, come forse in nessun’altro Continente o altra regione di questo pianeta

Sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa. Matvejevic definisce il Mediterraneo come un mosaico che si compone e scompone per poi ricomporsi nelle sue componenti, verificando il significato di ciascuna di esse ed il valore dell’una nei confronti dell’altra: l’Europa, il Maghreb ed il Levante; il giudaismo, il cristianesimo e l’islam; il Talmud, la Bibbia e il Corano; Atene e Roma; Gerusalemme, Alessandria, Costantinopoli, Venezia; la dialettica greca, l’arte e la democrazia; il diritto romano, il foro e la repubblica; la cultura araba, la poesia provenzale e catalana; il Rinascimento in Italia; la Spagna delle varie epoche, gli Slavi del Sud sull’Adriatico e molte altre cose ancora. Il fatto di mettere in rilievo o dissociare così le componenti più forti o predominanti riduce o deforma la portata ed il contenuto del Mediterraneo. Qui popoli e razze per secoli hanno continuato a mescolarsi fondersi e contrapporsi gli uni agli altri, come forse in nessun’altro Continente o altra regione di questo pianeta. Secondo l’autore, si esagera nell’evidenziare le loro convergenze e somiglianze, trascurando, invece, i loro antagonismi e le differenze. Il Mediterraneo non è solo storia e le sue peculiarità non si inseriscono facilmente in altri contesti, non entrano in tutti i tipi di relazione del litorale con il Continente, del Sud col Nord, dell’Est o dell’Ovest col Sud. E immense sono le incongruenze che hanno contrassegnato le diverse civiltà e culture del Mediterraneo, vecchie e nuove. Dopo la greca e romana, la bizantina, l’italiana e la francese con quella provenzale, la spagnola con quella catalana, l’araba disseminata nelle varie regioni, la croata, dalla Dalmazia alla Pannonia (odierna Ungheria), la slovena, dal litorale fino alle Alpi, la serba con la montenegrina, la macedone e la bulgara, l’albanese, la rumena, la turca e probabilmente altre ancora, precedenti all’epoca greco-romana, contemporanee ad essa o successive, e tutte prese nell’insieme, o ciascuna a sé.

Tra antagonismi e differenze

Per Matvejevic, le culture del Mediterraneo non sono solo culture nazionali. Nel “Breviario”, l’autore si sofferma sugli antagonismi e le differenze che in ogni periodo hanno caratterizzato il Mediterraneo come luogo di forti contraddizioni: da un lato la chiarezza e la forma, la geometria e la logica, la legge e la giustizia, la scienza e la poetica; dall’altro, tutto ciò che a queste particolarità si contrappone. I libri sacri della pace e dell’amore e le guerre dei crociati o le Jihad anticristiane. L’universalità e l’autarchia. Atene e Sparta. Roma e i barbari. L’impero d’Oriente e quello d’Occidente. La costa settentrionale e quella meridionale. L’Europa e l’Africa. Il cristianesimo e l’islam. Il cattolicesimo e l’ortodossia. La tradizione giudaica e la persecuzione degli ebrei. Sul Mediterraneo, il Rinascimento non è riuscito dappertutto a superare il Medioevo. Matvejevic si sofferma sul mestiere del pescatore, che caratterizza da sempre la cultura, la tradizione e l’economia mediterranea. I pescatori sono spesso rappresentati con le facce rugose, come scavate dalla pioggia e dal sole, dal vento e dalle onde, ma non ci mostrano quasi mai le loro mani incallite dal sale e dalle reti, dalle funi e dai remi. Matvejevic racconta l’anima del mare attraverso i suoi odori, che sono enormemente diversi se il mare è calmo o agitato; se evapora per la calura e il vento o se lo bagnano le piogge e l’umidità; se si stende sui ciottoli o va a frangersi sulle rocce; se lo frustano la bora e la tramontana o lo fanno rotolare il levante e lo scirocco. Si mescolano con quelli dei pini e delle loro resine, dei vari alberi, piante, erbe. E sono diversi gli odori del mare quando ci avviciniamo alla riva o ce ne allontaniamo; diversi come diverse sono le lingue e i dialetti degli abitanti della costa mediterranea che hanno creato una moltitudine di parole e modi di dire, così come di strumenti, utensili, arnesi e oggetti. Così come le tante tradizioni, i riti, gli usi e i cerimoniali tra gli abitanti: la cottura dei pani di varia grandezza e forma, i diversi condimenti e profumi, l’essiccazione del pesce e della carne, la preparazione delle botti e il travaso del vino, la raccolta delle olive e la spremitura secondo rituali antichi, particolari, quasi magici.

Fine della terza puntata/ Continua

Prima Puntata/ Il “MediterraneoMar” tra passato, presente e futuro. La “Guerra del pesce” e il ruolo fino ad oggi completamente sbagliato dell’Unione europea

Seconda Puntata/ Il Mediterraneo fra tradizione biblica, greci, romani fino ai nostri giorni è da sempre crocevia di civiltà, luogo di incontri, scambi e relazioni tra popoli

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