Il “MediterraneoMar” tra passato, presente e futuro. La “Guerra del pesce” e il ruolo fino ad oggi completamente sbagliato dell’Unione europea

di Giuseppe Messina

Iniziamo oggi la pubblicazione, a puntate, del volume di Giuseppe Messina “MediterraneoMar Continente liquido – La guerra del pesce e la pace normalità dei nostri sistemi”. Cominciamo con l’introduzione

Ancora una volta, la pace è minacciata da interessi di parte che destabilizzano la serena convivenza tra i popoli e le nazioni, screditano il diritto Internazionale e mettono a repentaglio i diritti fondamentali dell’uomo. Un mondo in cui si possa realizzare il pieno rispetto dei diritti umani sarà un mondo pacificato e pacificatore, capace di sanare i conflitti sociali più gravi. L’area del Mediterraneo allargato appare particolarmente instabile ed il presente lavoro propone al lettore un approfondimento sul tema, alla luce dei conflitti nei diversi territori che alimentano il fenomeno migratorio e che interessano il Maghreb, il Sahel, così come anche le coste del Mar Nero, oggi interessate dal violento conflitto scoppiato tra Russia ed Ucraina. Un approfondimento, il nostro, che appare necessario, perché solo riscoprendo il significato profondo dei valori umani e la centralità dei diritti dell’uomo sarà possibile trovare il punto di caduta indispensabile per attuare il principio di sostenibilità sociale, economica e politica che è l’essenza del concetto della Blue economy, che mira al miglioramento della qualità di vita e al raggiungimento dell’equità sociale, riducendo contemporaneamente, in modo significativo, i rischi ambientali e le scarsità ecologiche; puntando, inoltre, come mission finale, ad un futuro prospero e fiorente. (Sopra foto tratta da Vecteezy)

Il modello di integrazione rappresentato da Mazara del Vallo, una delle cittadine più affascinanti della Sicilia

In considerazione del periodo storico in cui viviamo, nel presente lavoro, si intende rivolgere, con realismo, ma anche con pervicace speranza, un invito alla riflessione ed alla comprensione delle svariate problematiche riconducibili al Continente liquido, il “MediterraneoMar”. Nessuno si salva da solo, come ci insegna Papa Francesco, soprattutto sotto il peso delle bombe. La coesistenza eternamente pacifica dei popoli è un desiderio assolutamente utopico, ne siamo consapevoli; ma, quantomeno, per sperare di perseguire l’optimum, bisogna declinare una nuova vision inclusiva, che abbia l’obiettivo di tracciare delle possibili linee trasformative in direzione di una concezione più utile dell’ ”altro”, considerato non più come nemico, ma, altresì, come imprescindibile risorsa, prendendo esempio dal “MediterraneoMar”, che, da secoli, virtuosamente ed instancabilmente, riesce a conciliare identità e diversità degli uomini che lo abitano e lo attraversano, accomunando tutti nella fatica e nel lavoro del mare, realizzando, nei fatti, un modello, che è quasi spontaneo del pescatore siciliano, sentinella dei valori umani, abituatosi, nel corso dei secoli, a subire differenti dominazioni, mescolandosi e fondendosi con popoli stranieri. Un tale modello virtuoso di integrazione possiamo ritrovarlo indubbiamente connaturato nella popolazione mazarese, “fusa” con le comunità nordafricane, in particolare con quella tunisina. A Mazara del Vallo, dove la pesca è una benedizione ed i pescatori sono un patrimonio da custodire, si realizza, in questo modo, un modello di convivenza, il cui indiscutibile obiettivo è la salvaguardia della dignità dell’uomo e dialogo, cultura, religione e lavoro sono valori fondanti, imprescindibili e comunemente riconosciuti, pur nella reciproca diversità. Il modello mazarese di civile convivenza, testimoniato dal lavoro dei pescatori e dalle loro vite costellate di sacrifici affettivi ed economici, vissute in una simbiosi perfetta col mare, presenta un limite soltanto: l’uomo e la sua fragilità. (Sopra l’autore del libro Giuseppe Messina, foto tratta da Aqamah)

L’eterno contenzioso sulla pesca nel Mediterraneo

L’idea alla base della realizzazione del presente lavoro trova fondamento anche nel tentativo di ridestare il dibattito intorno alla cosiddetta “Guerra del pesce”, mai affrontata effettivamente in termini risolutivi, non soltanto con l’intento di restituire certezze, fiducia e sicurezza ad un’area atavicamente caratterizzata da forti tensioni sociali, disinnescando così possibili conflitti futuri, ma anche per stabilire regole comuni, che possano determinare interessi economici condivisi ed effetti geopolitici favorevoli. Tentativo, il mio, ulteriormente alimentato da noti fatti di cronaca – ad esempio, i 108 giorni di prigionia in Libia dei pescatori di Mazara del Vallo – che hanno riportato alla ribalta un contenzioso sul diritto di pesca, infruttuosamente vigente da oltre mezzo secolo, e gravato, nel passato, anche dal peso di vite umane spezzate e da un’indubbia ricaduta negativa sull’ economia del settore e dell’indotto, con grave crisi del comparto e del territorio.

Un racconto infinito

Il “MediterraneoMar”, senza alcuna ombra di dubbio, rappresenta la matrice culturale comune a tutti i popoli del Mediterraneo; per noi siciliani, molto più di ciò che è: per noi è un infinito racconto. Per me che sono mazzarese, poi, è un riferimento costante alla maggior parte dei miei percorsi formativi e conoscitivi. “Mare”: parola magica della mia vita; è una realtà abusata a cui attingiamo costantemente, sovente misconosciuta dalla storia, dal presente, dalla memoria ed anche di ciò che ancora ne rimane. Punto d’incontro di civiltà, sede feconda di importanti traffici e commerci, oggi diventa sempre più piccolo e affollato, ed i poveri sono sempre quelli che escono dalla Storia. L’uomo è qualcosa di unico ed irripetibile tra gli esseri viventi, mai un mezzo dell’economia o della politica. Un focus questo, sul diritto internazionale e sul ruolo delle istituzioni sovranazionali nel processo di cooperazione e sviluppo condiviso, una nuova visione del Mediterraneo, “mare nostrum”, “mare tra le terre”, “grande mare”, “continente liquido”, luogo dinamico che continua ad essere al centro di contrapposti interessi politici ed economici alla base dei conflitti e delle tensioni territoriali, cause che si traducono, anche e spesso, in violazioni delle convenzioni internazionali per mezzo di azioni militari unilaterali, specifiche e mirate, migrazione incontrollata, traffico illecito di esseri umani tra la sponda africana e quella europea, che continuano ad avere conseguenze sociali ed economiche che si ripercuotono negativamente, direttamente o indirettamente, a danno del processo di pace e cooperazione nell’area mediterranea, anche per le marinerie siciliane, soprattutto con riguardo al bacino produttivo peschereccio di Mazara del Vallo. (sotto foto del Continente africano tratta da Wikipedia)

Il ricordo di Giovanni Tumbiolo, indipenticabile protagonista del mondo della pesca della Sicilia

Come ha avuto modo di affermare il compianto Giovanni Tumbiolo, “La condivisione storica di specchi acquei con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, impone una nuova politica d’internazionalizzazione, un nuovo processo di cooperazione, di sfruttamento razionale delle risorse ittiche e della loro conseguente valorizzazione. Per superare definitivamente l’annosa guerra del pesce occorre avviare un gemellaggio storico soprattutto con la Libia ma anche con Marocco, Tunisia, Algeria, Mauritania, Cipro e Malta”. Il presente lavoro origina dalla ricerca di una nuova dimensione riconducibile al Mar Mediterraneo, non solo per i continui mutamenti che nel corso dei secoli hanno forgiato questa parte del globo, ma anche per misurare gli effetti geopolitici, mutuati da nuovi interessi economici che necessitano di regole comuni. (Sotto foto di giovanni Tumbiolo tratta da Mazara forever)

I contrasti sulle acque territoriali

Il Mediterraneo, punto d’incontro di varie civiltà, sede feconda, da tempi immemorabili, d’importanti traffici e commerci diventa sempre più piccolo ed avaro di risorse, meta di flussi migratori incontrollati. Per millenni, vi si è praticato il libero esercizio delle attività di pesca. Negli ultimi decenni, l’evoluzione della crisi e dei sistemi socio-economici e politici, la crescita dei bisogni alimentari con la conseguente trasformazione di talune risorse, fra le quali quelle marine, in beni strategici, hanno praticamente posto fine al libero esercizio e determinato politiche di progressiva estensione delle zone economiche marine fino a raggiungere le 200 miglia. Appare evidente come, in un simile contesto, si acuiscano i problemi relativi alle strutture e alle tecnologie di pesca, ai costi di esercizio e agli investimenti, alla commercializzazione e quelli connessi alla conservazione e trasformazione industriale del pescato. Così, ogni Stato che vi si affaccia tende ad estendere il limite delle acque territoriali, generando contrasti e pericolose tensioni e la contesa per le tante risorse, comprese quelle marine, aumenta sempre più, con conseguenti ripercussioni sulle relazioni politiche. Numerosi sono i Paesi mediterranei (in genere in via di sviluppo), detentori di risorse ittiche, che, rispetto al passato, si sono attrezzati con proprie flotte pescherecce, potenziando la capacità di pesca ed incrementando la concorrenza alle marinerie degli Stati europei ed in particolare all’Italia, avvantaggiati dall’assenza delle limitazioni e dei divieti all’attività di pesca posti con norme sempre più restrittive dall’Unione Europea. Da ciò deriva la drammatica situazione che attanaglia da lungo tempo la marineria siciliana, in particolare quella mazarese, costretta ad avventurarsi fuori dalle acque territoriali e spesso da quelle internazionali, per riuscire a garantire continuità al settore, sottoponendosi al rischio concreto (come dimostrato dai fatti) di sequestri, carcerazioni, multe salatissime e rischiando perfino la vita degli equipaggi. Il “MediterraneoMar”, date le sue caratteristiche geografiche e la complessità socio-economica, è particolarmente complesso dal punto di vista delle giurisdizioni marittime. Il numero di Paesi e la loro posizione relativa generano nuove frontiere che si ripercuotono sull’accesso allo sfruttamento delle risorse vive, sia da parte degli Stati costieri che da parte di Paesi terzi, con strutture giurisdizionali presenti che determinano possibili implicazioni sull’attività della pesca.

La necessità di nuove forme giuridiche

Uno studio, questo, che trae linfa anche dalla necessità di interpretare le ragioni di scelte politiche fallimentari del recente passato ad opera delle istituzioni nazionali e sovranazionali e di “individuare nuove formegiuridi che consentano una più stretta cooperazionetra i popoli rivieraschidel Mediterraneo”, per citare quanto affermato dal prof. Guido Camarda nella presentazione del mio precedente lavoro dal titolo “La pesca nel diritto interno ed internazionale”, (pubblicato nel 1994 da ISSPE). Partendo dal contenuto di questo mio del 1994, l’intento attuale è quello di proporre un approfondimento dei profili pubblicistici e privatistici, richiamandoli ed attualizzandoli al quadro normativo odierno, per pervenire ad un qualche traguardo, seppur non ispirato al rigore scientifico, con l’obiettivo di fornire utili elementi di riflessione a vari livelli (per gli amministratori, per i tecnici del diritto, per gli operatori), ripercorrendo la storia e l’evoluzione del “MediterraneoMar”. In particolare, per il legislatore che ha il delicato ruolo di normare per superare, come affermato da Calogero Ferlisi, “i rapporti conflittuali tra autorità preposte a certi interessi pubblicistici ed il cittadino, quando l’azione amministrativa viene, in vari punti e sotto vari aspetti, disattesa, ignorata o contrastata dal privato. Ciò significa che esiste un problema di divaricazione tra il diritto e la società, tra la norma e la vita reale.Un problema di fondo, di tipo normativo o culturale, o di semplice costume, che, nell’interesse di tutti, deve essere accuratamente individuato, delimitato e quindi superato”.

La cooperazione in materia di gestione della pesca tra i Paesi che operano nel Mediterraneo

Il presente volume intende fornire un contributo in favore delle Istituzioni e del livello decisionale politico per prevenire, gestire ed affrontare, con un piglio risolutivo rispetto al passato, le controversie in ambito marittimo ed, in particolare, il complesso tema delle problematiche relative alla pesca nel “MediterraneoMar”, tra cui la “Guerra del pesce” nel Canale di Sicilia. Obiettivo del presente lavoro, quindi, è quello di fornire ulteriori contributi al dibattito, in atto da lungo tempo, sulla necessità di applicare un sistema di regole comuni e condivise e, conseguentemente, rafforzare la cooperazione in materia di gestione della pesca tra i Paesi che operano nel Mediterraneo. Scopo è anche quello di fornire, agli operatori del mondo sindacale, quale organismo intermedio di promozione economica e sociale della comunità, un quadro propedeutico di sintesi e di analisi, anche critica, per stimolare un confronto, corredato da possibili soluzioni, nel quadro democratico di un dibattito costante a tutela della produzione, del lavoro, della sicurezza e dei diritti in uno dei pochi settori primari, tutt’oggi essenziali per la catena alimentare e per la difesa della tradizione identitaria italiana.

Il ruolo dell’Unione europea

La gestione della pesca nel “MediterraneoMar” è considerata, per le sue molteplici sfaccettature, un tema di studio di rilevanza cruciale nella visione geopolitica di prospettiva, non soltanto per i Paesi coabitanti il Mediterraneo e per quelli frontalieri al nostro, per un frame aggiornato sulla pesca mediterranea che focalizzi le criticità correlate agli aspetti ambientali, economici e sociali. La configurazione politica della regione mediterranea presenta una chiara divisione tra la sponda settentrionale, in buona parte integrata nell’Unione Europea e caratterizzata da politiche comuni, e la sponda meridionale dell’Africa settentrionale, che presenta invece una debole e instabile struttura politica. A prescindere dalla mappa marittima, su entrambe le sponde predominano gli interessi nazionali. Il risultato è, quindi, un mosaico giurisdizionale che non ha facilitato nel tempo, né facilita tuttora, l’utilizzo dello strumento degli accordi bilaterali e multilaterali. C’è, poi, il ruolo dell’Unione Europea (UE), che ha esercitato nel Mediterraneo una politica non sempre incisiva, nel senso di difesa degli interessi economici e sociali delle regioni comunitarie frontaliere, fallendo nel tentativo di strutturare un profilo di cooperazione stabile e duratura con gli Stati mediterranei dell’Africa e del Medio Oriente. L’UE ha competenza esclusiva nell’ambito delle relazioni internazionali in materia di pesca; ha la facoltà di contrarre, a nome degli Stati membri, impegni internazionali con Paesi terzi od organizzazioni internazionali nel settore della pesca. La Commissione europea, a nome dell’UE, negozia accordi di pesca con i Paesi terzi. I risultati sin qui (non) ottenuti e la difficoltà nel dialogo con i Paesi frontalieri mediterranei evidenziano, però come la strategia comunitaria sulla pesca sia sempre stata ispirata ad un approccio orientato alle politiche del Nord Europa, ed i risultati poco soddisfacenti hanno evidenziato uno scarso interesse verso l’area mediterranea.

Il ruolo dell’Unione per il Mediterraneo (UPM)

Anche l’Unione per il Mediterraneo (UPM), ad oggi, seppur abbia costituto il luogo istituzionale per lo sviluppo della cooperazione tra e per i Paesi del “Grande Mare”, come lo definivano i fratelli di matrice ebraica, non è riuscita a risolvere definitivamente le tante criticità che hanno impedito la nascita di una nuova fase di sviluppo economico diffuso tra tutti i Paesi frontalieri, in un processo di cooperazione sempre in evoluzione, così come la ricerca di forme stabili di partenariato. In tal senso, una nuova visione, basata sulla “Blue economy” e sulla “Blue Bio Economy”, può costituire una novità strutturale per intraprendere relazioni efficaci e stabili in un rinnovato processo di cooperazione partenariale verso una pace duratura. Predrag Matvejević (foto sopra) afferma: “Guardando il Mediterraneo, rileggo la storia dell’Europa e del mondo. Il Mediterraneo è in crisi e da tempo ha perduto la sua importanza culturale. Stiamo assistendo al predominio dei Paesi del Nord ed il Sud si sentefrustrato.Tra la sponda nord ela sponda sud sista creando un abisso e c’è una differenza tra la rappresentazione del Mediterraneo e il Mediterraneo stesso”. Di contro, citando Horden e Purcell, “il Mediterraneo è uno spazio che connette diversità, formato da mari, cui corrispondono altrettante sponde, che a loro volta accolgono una molteplicità di lingue, tradizioni, ambienti, culture, fedi. Una concentrazione di civiltà ed un esempio di interazione tra popoli, territori che si affacciano, unica al mondo che evidenzia alcune caratteristiche fondamentali dello scambio intermediterraneo. Nel delineare il futuro di questo spazio nei prossimi anni e decenni si dovrà tenere conto di come si svilupperanno i rapporti tra i popoli del Mediterraneo strettamente legati alle influenze sociali, economiche e politiche”. In questa direzione, l’UE ha una responsabilità enorme nel concentrare ogni sforzo diretto a costruire un nuovo e moderno approccio economico e sociale per un futuro sostenibile attraverso la realizzazione della transizione verde e digitale, per rendere più equa e più resiliente l’economia nel “MediterraneoMar” per le generazioni future. Puntare alla conservazione ed alla protezione della biodiversità spinge l’Unione europea a rivedere la politica esterna nel “MediterraneoMar”.

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