In ricordo di Biagio Conte a un anno dalla sua morte. Lo si poteva onorare o rifiutare ma mai ignorare perché pugno nello stomaco

“Non so se consapevole, ma la sua era coscienza profetica del nostro tempo”

di Frate Domenico Spatola

A sera di questo gran giorno, penso a Biagio. Senza di lui Palermo è cambiata. Non aveva bellezza, né ricchezza, solo una grande anima. Ha fatto quello che altri non hanno potuto o saputo fare. Non so se consapevole, ma la sua era coscienza profetica del nostro tempo. Chi denuncia sapendo di compromettersi? Per la pace, si faceva pellegrino. A piedi e croce in spalla, con barba e immancabile cappuccio. Lo si poteva onorare o rifiutare perché metteva disagio, ma non lo si poteva ignorare perché pugno allo stomaco. Uomo di Dio e alla sua maniera. Non si scoraggiò mai per la valanga di debiti, che gli immigrati, senza scampo gli facevano contrarre. E la società interpellata aiutava a singhiozzo quelli che, da padre, Biagio adottava come figli per sfamarli. Protestava, con lunghi digiuni e pellegrinaggi anche fino a Bruxelles per parlare ai signori dei diritti millantati in quel Parlamento. Lo ignorarono, per la propria coscienza: sporca! Miei ricordi di lui giovanissimo, quando iniziò ad ospitare i poveri e gli immigrati sotto i portici della stazione centrale di Palermo. La “Missione san Francesco” gli fu prodiga in quei primi passi. Ora egli è quella Istituzione, che don Pino, collaboratore lodevole dalla prima ora, con non minore audacia continua a ottemperare. Con il suo fido, il cane dal nome emblematico “Libertà”, partì a piedi fino ad Assisi. E San Francesco, il Poverello, lo consacrò per la missione.

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