Investire nelle reti trasportate dai cavi sottomarini è razionale in tempo di guerra? Va bene la Sicilia schierata con USA e Israele ignorando il mondo arabo?

A Palermo continuano a distruggere strade per piazzare reti. Siamo sicuri che è la scelta giusta in un mondo in guerra e che sarà sempre più in guerra per tutto il 2024? Sono così improbabili gli attentati ai cavi sottomarini per bloccare l’economia occidentale?

di Ammiano Marcellino II

Ieri sera abbiamo raccontato di una fuga di gas in una via di Palermo provocata dagli eterni scavi frutto di appalti altrettanto eterni. Oggi vogliamo allargare il tiro, partendo ancora dal capoluogo della Sicilia, paradigma di un’Isola dove la politica sembra vivere in un mondo privo di guerre. Tra i tanti appalti & scavi che vanno in scena da oltre un quindicennio, in alcune vie di Palermo, ormai da qualche mese, vanno in scena anche i lavori per la sistemazione della fibra ottica. Si offende qualcuno se diciamo che in un mondo in guerra i cavi sotterranei sottomarini potrebbero diventare obiettivi sensibili? Qualche settimana fa l’autore della Nota Diplomatica ha scritto un articolo che affronta un argomento oggi centrale: la vulnerabilità della grande rete di oltre 400 cavi sottomarini che mettono in comunicazione ‘elettronica’ il mondo. “La prima posa di un cavo transatlantico, tra il Canada e l’Irlanda – leggiamo nella Nota Diplomatica di qualche settimana fa – risale al 1858. Funzionò per un mese prima di guastarsi. L’opera fu finalmente conclusa nel 1866 dalla Anglo-American Telegraph Co. La comunicazione telefonica tra i due continenti arrivò solo nel Dopoguerra, nel 1950. Da allora, grazie allo sviluppo tecnologico, possiamo comunicare con il mondo intero a un costo talmente irrisorio da permetterci di passare intere ore in rete a leggere fesserie senza pensarci un attimo. Si calcola che i cavi sottomarini trasportino tra il 95% e il 98% del traffico Internet internazionale, i cui costi quasi insignificanti sono ormai alla base dei commerci merceologici e della finanza di tutto il globo. Cosa succede però se qualcuno ‘taglia il fili’?“.

Perché i Dem americani hanno bisogno delle guerre nel mondo

Non c’è nemmeno bisogno di specificare nel dettaglio cosa succederebbe se qualcuno dovesse “tagliare i fili”. L’economia del cosiddetto Occidente industrializzato verrebbe colpita al cuore. Non è un’ipotesi campata in aria. Siamo in guerra, anche se in Italia si fa finta di nulla. I fatti che vanno in scena da qualche settimana in Israele e nella Striscia di Gaza ci dicono, in primo luogo, che i Democratici americani hanno deciso di affrontare la lunga campagna elettorale che si concluderà nel Dicembre del prossimo anno con le elezioni presidenziali presentandosi come i ‘salvatori del mondo’. Non a caso, in queste ore, stiamo assistendo in diretta agli Stati Uniti che si pongono come mediatori per convincere gli israeliani a non calcare troppo la mano a Gaza. Una farsa! Avremo un 2024 di guerra nel Medio Oriente; proseguirà la guerra in Ucraina; ci saranno tensioni senza escludere altre guerre tra Serbia e Kosovo, ci saranno tensioni in Armenia, ci saranno tensioni a Taiwan e non è da escludere che gli statunitensi inventino altre fonti di guerra. L’unico modo, per i Dem americani di Joe Biden, di vincere le elezioni presidenziali, a parte i soliti ‘democratici’ brogli elettorali, sono proprio le guerre. Della serie: “Il mondo è in guerra e solo noi Democratici siamo in grado di far trionfare gli Stati Uniti d’America. Quindi, cittadini americani, ci dovete votare”. In più – cosa tutt’altro che secondaria – incasinando il mondo con le guerre, Cina, Russia e, in generale, i tanti Paesi che hanno aderito al BRICS avranno difficoltà a sostituire il dollaro americano negli scambi monetari internazionali.

Siamo sicuri che avere sostituito, in politica estera, la mediazione tra israeliani e palestinesi con l’adesione cieca a Israele e agli Stati Uniti d’America gioverà all’Italia? E che dire della Sicilia che ha in ‘pancia’ il Muos di Niscemi, Sigonella e la raffineria di Priolo che accende la bandiera israeliana a Palazzo d’Orleans?

Questo è lo scenario mondiale da qui al Dicembre del prossimo anno. Ci aspetta un anno difficile. Con guerre e possibili attentati. Come il terrorismo che in queste ore è tornato a materializzarsi Bruxelles, con l’Isis che ha provocato due morti. L’attentato di Bruxelles potrebbe non essere casuale: potrebbe essere un sinistro segnale a tutta l’Unione europea oggi ‘tappetino’ degli Stati Uniti d’America e del demenziale liberismo e globalismo. Come si presenta l’Italia in questo scenario di guerra? E come si presenta la Sicilia? La diplomazia degli Aldo Moro, Giulio Andreotti e dei Bettino Craxi è stata sepolta. La mediazione tra israeliani e palestinesi che ha caratterizzato la politica estera della cosiddetta Prima Repubblica è stata sostituita da un’adesione cieca al Patto Atlantico. Con la stessa noncuranza con la quale il Governo di Mario Draghi ha sposato il ‘presunto’ vaccino anti-Covid nel nome della sicurezza sanitaria e poi l’adesione alle ragioni dell’Ucraina schierando l’Italia frontalmente contro la Russia, l’attuale Governo di Giorgia Meloni, dopo l’attacco di Hamas ad Israele, si è subito schierato con gli israeliani e con gli americani. Non parliamo della Sicilia, con il Governo regionale di Renato Schifani che ha illuminato il Palazzo d’Orleans di Palermo – sede del Governo dell’Isola – con la bandiera di Israele. Il tutto mentre il Muos di Niscemi e le basi militari americane siciliane – in testa Sigonella – fanno da base alle guerre americane e occidentali. Per non parlare della raffineria di Priolo, che non ha chiuso grazie a un accordo tra russi e israeliani. Insomma, se l’Occidente potrebbe essere mandato in tilt tagliando i cavi sottomarini che, come già accennato, trasportano il 95-98% del traffico internet internazionale, la Sicilia, sulla scia del Governo filo-israeliano di Meloni, si presenta nel 2024 senza mediazione con il mondo arabo. Insomma, in Sicilia siamo tutti impegnati per fare rieleggere Biden…

Foto tratta da InSic

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