La Candelora ovvero la presentazione del bambino Gesù al Signore a Gerusalemme

di Frate Domenico Spatola

La Candelora o la festa dell’incontro (“ipapante”): Luca 2,22-40

A quaranta giorni dalla nascita, per la Legge di Mosè, “il figlio primogenito andava riscattato con una offerta al tempio e la madre, puerpera, purificata”. Non si sottrassero a tale imposizione Giuseppe e Maria, che si recarono al tempio di Gerusalemme. A commento, ritorna, per metà del racconto di Luca, l’espressione “secondo la Legge”. Ma quel giorno, altro era il progetto divino. Alla “Porta di Nicanore” si avverò l’incontro della svolta. Simeone, l’uomo “secondo lo Spirito” (a lui successivamente si aggregherà anche Anna, l’altra profetessa), proverà a bloccare l’inutile rito. Maria, la tutta santa, per avere dato i natali al Figlio di Dio, veniva colpevolizzata. Simeone prese tra le braccia Gesù, e intonò il suo cantico di ringraziamento: “Nunc dimittis…”. Poteva morire in pace perché i suoi occhi avevano visto “la luce delle genti e la gloria d’Israele”. Alla meravigliata Madre, preconizzò rinunce dolorose che la fede, come spada le avrebbe trafitto l’anima. Il Calvario ne avrebbe laureato il percorso, con quello del Figlio in croce, “segno di contraddizione” per molti in Israele. Alle parole del vegliardo, quelle di Anna, vedova a ventuno anni, e da sessantatre anni a servizio del tempio. A 84 anni (12 x 7), mossa dallo Spirito, parlò del Bambino a quanti aspettavano la redenzione in Israele. Quel mattino “l’incontro” e “la luce” dell’inno, suggerirono rispettivamente con “Ipapante” anche il nome “Candelora”, per la liturgia odierna.

Foto tratta da Calabria Diretta News

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