La scomparsa del filosofo Toni Negri. Diego Fusaro: “Sbagliato liquidarlo semplicemente come cattivo maestro”

di Diego Fusaro

Anche se il suo pensiero non si condivide, Toni Negri merita comunque di essere ricordato, studiato e oggi pianto per la scomparsa

È morto il filosofo padovano Toni Negri (foto sopra tratta da Avvenire), uno dei grandi interpreti del nostro tempo. Ovviamente, i giornali hanno decisamente trascurato la notizia e, quando l’hanno data, si sono limitati frettolosamente a liquidare Toni Negri come un cattivo maestro del Novecento. Personalmente non condivido quasi nulla del modo particolare di Toni Negri di interpretare il marxismo e la globalizzazione, però egli merita comunque di essere ricordato, studiato e oggi pianto per la scomparsa. Non condivido la sua interpretazione di Marx, che egli legge disgiungendolo da Hegel e riportandolo in un paradigma che genericamente dirò vicino a Foucault e a Deleuze. E non lo condivido per la sua lettura della globalizzazione, a partire dal celebre testo “Impero”. Testo nel quale viene abbandonata la benemerita categoria leniniana di lotta all’imperialismo, dato che l’autore sostiene che l’imperialismo non esiste più e che ogni Stato nazionale è in quanto tale da superare a vantaggio della globalizzazione (cosa che potrebbe sottoscrivere anche Mario Draghi).

Il suo pensiero finisce per riproporre sia pure diversamente, da sinistra, la stessa posizione della globalizzazione neoliberale sia pure tinta di rosso

Con ciò il pensiero del nostro autore finisce per riproporre sia pure diversamente, da sinistra, la stessa posizione della globalizzazione neoliberale sia pure tinta di rosso. E così si spiega a mio giudizio il successo internazionale del nostro autore, emblema paradossale di un comunismo capitalistico che finisce in ultima istanza per essere funzionale alla globalizzazione neoliberale incarnando la parte della opposizione fittizia. Non condivido nemmeno l’abbandono che l’autore fa del proletariato a beneficio della non meglio definita moltitudine, ciò che comporta il paradosso di un comunismo non più basato su una soggettività rivoluzionaria precisa ma sull’autodefinizione individuale che ciascuno potrà dare di sé quando si riterrà parte della moltitudine. Si passa così dal comunismo di Marx e di Gramsci al comunismo postmoderno e immaginario di Toni Negri. La stessa antropologia di Negri non ha nulla a che vedere con quella di Marx, essendo invece basata di fatto sulla teoria deleuziana della “macchina desiderante”, e quindi risultando per ciò stesso massimamente compatibile con la megamacchina dei desideri del capitalismo di libero consumo di libero costume. Le soggettività desideranti dei centri sociali sono perfettamente complementari ai consumatori sradicati della globalizzazione, a tal punto che i centri sociali dovrebbero essere intitolati a Soros e a Rockefeller, non certo a Marx o a Lenin. Insomma, condivido ben poco del discorso filosofico di Negri – si sarà capito – ma ritengo una pura aberrazione liquidarlo semplicemente come cattivo maestro. L’ennesima prova della corruzione e dello scadimento del dibattito giornalistico contemporaneo.

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