Lo chef Gianfranco Vissani dice che il 99% dei prodotti venduti in Italia dalla Gdo è straniero. E’ un’esagerazione ma il problema è reale

Vissani ha fatto bene a porre un problema molto serio. Perché l’Italia è letteralmente invasa da prodotti agricoli freschi e trasformati esteri!

Il noto chef Gianfranco Vissani, ospite della trasmissione televisiva Porta a Porta, ha esagerato affermando che il 99% dei prodotti alimentari venduti in Italia dalla Grande distribuzione organizzata (Gdo) è straniero (qui un articolo). La provocazione, però, è stata indubbiamente positiva, se non altro perché la televisione ha raccontato a milioni di cittadini italiani una verità: e cioè che l’Italia è letteralmente invasa da prodotti agricoli che arrivano da chissà dove. Proprio stamattina, in un centro commerciale di Palermo, su alcuni ortaggi campeggiava la scritta: “Estero”. Abbiamo chiesto a una persona che lavora presso questo centro commerciale perché non specificano il Paese di origine: “Perché non lo sappiamo – ci ha risposto -. Quando acquistiamo all’ingrosso questi prodotti ci dicono: ‘Questi sono prodotti in Italia, questi all’estero’. Certe volte riusciamo a informare i consumatori sui luoghi italiani dove vengono prodotti ortaggi e frutta, ma non sempre è così”. Non è proprio così, perché in certi centri commerciali viene indicato anche il Paese di origine di alcuni prodotti. Nel complesso va detto che l’informazione sull’origine dei prodotti agricoli, in Italia, è carente. Idem per i prodotti agricoli trasformati. A disinformare, in primo luogo, è la televisione con promozioni pubblicitarie che ignorano a bella posta l’informazione che serve ai consumatori: ovvero la vera origine dei prodotti agricoli freschi e trasformati.

La sovranità alimentare sbandierata in Italia dalla politica è una presa per i fondelli

Vissani avrà esagerato ma ha detto, con la schiettezza che lo contraddistingue, una grande verità. Che strumenti hanno, oggi, i consumatori per sapere che una passata di pomodoro è stata prodotta con pomodoro italiano o cinese? Noi – questa è una nostra scelta – non acquistiamo più passata e salsa di pomodoro industriale: e non acquistiamo nemmeno quella locale. Per un motivo semplice: perché il sapore non fa innamorare: anzi. Nella tradizione siciliana un po’ di zucchero nella salsa di pomodoro si aggiunge. Oggi, per rendere dolce la salsa di pomodoro industriale di zucchero bisogna aggiungerne un po’ troppo… Restiamo nella cosiddetta Dieta Mediterranea tanto celebrata con le chiacchiere: con quale grano duro le industrie stanno producendo la pasta? Con il grano prodotto nel Sud Italia e in Sicilia? O con il grano duro dell’Emilia Romagna colpita dall’alluvione? Noi non acquistiamo più pasta industriale da anni e meno che mai quest’anno, se è vero che l’Italia ha importato grano duro ucraino, grano duro canadese e grano duro russo fatto passare per grano duro coltivato in Turchia. Il tutto alla faccia della sovranità alimentare sbandierata a parole e nel nome un po’ grottesco che accompagna il Ministero dell’Agricoltura! Lo stesso discorso vale per il pane. La verità è che bisogna acquistare pasta, pane e pizze avendo la certezza che siano stati preparati con il grano locale. Il resto sono solo chiacchiere.

In Tunisia la produzione di olio d’oliva, quest’anno, si è ridotta del 10% circa. Ciò significa che in Italia ci sarà la solita ‘invasione’ di olio d’oliva tunisino che manterrà, se andrà bene, il prezzo del prodotto a 9-10 euro al kg, rispetto ai 7-8 euro al kg dello scorso anno

Parliamo dell’olio extra vergine di oliva? In Spagna – primo produttore al mondo di olio d’oliva – il prezzo è alle stelle. Il prezzo dell’olio d’oliva spagnolo è aumentato di oltre il 100% rispetto allo scorso anno, ma gli agricoltori dicono di essere in perdita sia perché la produzione è in calo a causa dei cambiamenti climatici, sia perché sono aumentati vertiginosamente i costi di produzione. Drastica la riduzione della produzione di olio d’oliva in Grecia: dalle 350 mila tonnellate dello scorso anno si passerà a circa 200 mila tonnellate. Dicono che anche in Tunisia ci sia stata una riduzione della produzione di olio d’oliva: ma a quanto pare non è esattamente così, se è vero che la produzione di olio d’oliva tunisino, quest’anno, si dovrebbe attestare intorno ai 200 mila tonnellate, rispetto a una media di poco meno di 230 mila tonnellate di olio d’oliva registrato negli ultimi cinque anni. Il calo nella produzione di olio d’oliva in Tunisia c’è ma è del 10% circa: ciò significa che anche quest’anno la Tunisia esporterà olio d’oliva. L’Italia, ad esempio, è un grande importatore di olio d’oliva tunisino: sfidiamo chiunque a trovare in Italia centri commerciali, supermercati e piccoli negozi artigianali dove si vendono bottiglie di olio d’oliva extra vergine o di olio d’oliva con la scritta “Prodotto in Tunisia“. La verità è che il fiume di olio d’oliva tunisino che arriva in Italia sparisce. Viene tutto esportato? Un elemento di novità va segnalato: nei centri commerciali siciliani (nel resto d’Italia non sappiamo) non ci sono più le “offertissime” di olio d’oliva extra vergine a meno di 4 euro a bottiglia. Hanno capito che a prezzo così bassi i consumatori capiscono che il prodotto è scadente? Chissà.

La frutta estiva che si vende in Sicilia è in buona parte da dimenticare! Ci vuole tanto a capire che arriva da chissà dove?

Vogliamo parlare della frutta? Non è il 99%, quella estera che si vende nei punti della Grande distribuzione organizzata. Ma tanta frutta che si vende in Italia, dalla Grande distribuzione organizzata fino ai piccoli negozi, compresi i mercatini rionali arriva dall’estero. Si offende qualcuno se scriviamo che buona parte della frutta estiva che circola in Sicilia è senza sapore? E il discorso vale anche per le pesche: in questo momento sono in vendita in Sicilia pesche montagnole che vanno bene e altre che sono immangiabili! Lo stesso discorso vale per gli ortaggi. Cinque anni fa, a Pachino, provincia di Siracusa, luogo di produzione del pomodorino di Pachino e del datterino era in vendita pomodoro datterino arrivato dal Camerun. E che dire delle arance marocchine e, in generale, Nord Africane vendute in Sicilia? E dei limoni esteri, magari piani di pesticidi, presenti nella Sicilia che era considerata la patria di questo agrume? Non parliamo della frutta secca – mandorle in testa ma non solo – che si vende in Italia, che è in massima parte di produzione estera. E delle lenticchie canadesi presenti ovunque? Questi sono i fatti. Quello che non è stato detto in televisione è che in tanti Paesi del mondo si utilizzano a man bassa pesticidi che in Italia sono stati banditi venti, trenta, anche quarant’anni fa perché dannosi per la salute umana. La verità è che la globalizzazione dell’economia non andrebbe applicata in agricoltura, perché chi produce a costi più bassi, oltre che essere avvantaggiato dal costo del lavoro (Nord Africa e in Asia il costo giornaliero di un operaio agricolo non arriva 5 euro al giorno mentre in Italia un operai agricolo costa non meno di 80 euro al giorno), è avvantaggiato da fatto che usa pesticidi da noi, come ricordato, eliminati perché dannosi pe la salute. La globalizzazione dell’economia, in agricoltura, è un disastro per molte produzioni agricole italiane ed europee. Ma di questo ai signori dell’Unione europea non gliene può fregare di meno. Dovrebbero essere i consumatori italiani a lamentarsi, se è vero che in tanti casi portano sulle proprie tavole prodotti agricoli freschi e trasformati da dimenticare!

Foto tratta da Dissapore

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