Palermo e la storia (triste) di Villa Deliella abbattuta nel 1959 per fare posto a una speculazione edilizia che non si materializzerà mai

Una vicenda legata a quella che è passata alla storia come la stagione del ‘Sacco di Palermo’

In questi giorni si torna a parlare di Villa Deiella (foto sopra tratta da ilSicilia.it). Era una villa di Palermo in stile Liberty abbattuta per fare posto a una speculazione edilizia che non si materializzerà mai. La storia, anzi la fine di questa dimora nobiliare è paradigmatica. Una vicenda esemplare sì ma in senso negativo. Un esempio eclatante di quella che è passata alla storia come il ‘Sacco di Palermo’. Villa Deliella si trovava in piazza Francesco Crispi (per i palermitani Piazza Croci). Fu progettata dall’architetto Ernesto Basile – il progettista del Teatro Massimo di Palermo – nel 1898 per la famiglia dei principi Deliella, i coniugi Anna Drogo di Pietraperzia e Nicolò Lanza, un ramo dei Lanza Branciforte. Una villa molto bella completata, come raccontano le cronache, tra il 1907 e il 1909 dal costruttore Salvatore Rutelli. Gli arredi della villa erano stati realizzati dallo ‘Studio Ducrot’, la celebre fabbrica di mobili della Palermo di quegli anni che era dislocata dove oggi si trova l’area dei Cantieri Culturali alla Zisa.

L’abbattimento di Villa Deliella avviene nel 1959, periodo, in Sicilia, di grande confusione politica con il Governo regionale del democristiano ‘ribelle’ Silvio Milazzo in sella

L’idea di buttare giù questa villa per realizzare chissà quale speculazione edilizia risale ai primi anni ’50. Anche se in quegli anni Palermo subiva grandi trasformazioni il progetto di eliminare Villa Deliella non aveva trovato molte sponde al Comune. Qualcuno ha detto che in quegli anni la Regione siciliana si disinteressava dei propri beni culturali. Questo è verso solo in parte. Con molta probabilità, senza la confusione politica che andò in scena nella politica regionale siciliana di fine anni ’50 del secolo passato, Villa Deliella non sarebbe stata abbattuta. Nel 1959 al Governo della Regione siciliana c’era il democristiano ‘eretico’ Silvio Milazzo. Milazzo (foto sopra tratta da Eco di Ravanusa) si era ribellato al suo partito e anche – o forse soprattutto – con la spinta dell’allora presidente dell’ENI, Enrico Mattei aveva dato vita a un Governo regionale appoggiato da una maggioranza eterogenea che andava dai fascisti, ai monarchici, fino ai comunisti. Una ‘macedonia’ politica portata avanti dai democristiani ‘ribelli’ come il citato Milazzo, Ludovico Corrao (il futuro Sindaco storico di Gibellina) e Francesco Pignatone, che era l’ideologo. All’inizio – Ottobre 1958 – la cosiddetta ‘Operazione Milazzo’ venne appoggiata anche da Don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito Popolare Italiano che era già da qualche anno in polemica con la Democrazia Cristiana e, in particolare, con Amintore Fanfani che in quel momento ricopriva tre ruoli di vertice: segretario nazionale della DC, Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Esteri. Mattei utilizzò il Governo Milazzo per mettere radici in Sicilia e studiare l’eventuale presenza di idrocarburi. Mentre Don Sturzo già prima delle elezioni regionali del 1959 aveva invitato il suo pupillo Milazzo (che era nato a Caltagirone proprio come Don Sturzo) a chiudere l’esperienza: consiglio che Milazzo non seguì.

Le pressioni del Consiglio comunale di Palermo sull’allora Sindaco della città Salvo Lima

Come si può immaginale il ‘casino’ politico era enorme. Erano gli anni della ‘Guerra fredda’ e una Sicilia governata con l’apporto dei comunisti non andava proprio a genio agli americani. Alla confusione si era aggiunta altra confusione, perché nel 1959 si celebrarono le elezioni regionali e Pignatone, Corrao e Milazzo diedero vita a un nuovo partito cattolico che si chiamava Unione Cristiano Sociale, prendendo una barca di voti con una decina di deputati eletti in Assemblea regionale siciliana. Allora il presidente della Regione lo eleggevano i 90 deputati di Sala d’Ercole. Milazzo riuscì a farsi rieleggere presidente ma aveva la guerra in casa ad opera dei democristiani, di una parte del Psi e da alcuni deputati che facevano un po’ di qua e un po’ di là a seconda delle offerte… In questo gran ‘casino’ politico e parlamentare la Regione siciliana, in verità, era riuscita a porre il vincolo su Villa Deliella in quanto opera del Basile. Sindaco di Palermo, in quel momento, era il democristiano Salvo Lima. Fu Lima a contestare il vincolo della Regione su Villa Deliella? Chi scrive pose questa domanda ad Anselmo Guarraci, socialista, che negli anni successivi fu più volte assessore comunale all’urbanistica. A noi Guarraci disse che il Sindaco Lima, in questa storia, c’entrava fino a un certo punto. Allora i Sindaci venivano eletti dai Consigli comunali e Lima – così ci ha raccontato Guarraci – proprio su Villa Deliella, veniva messo sotto pressione un giorno sì e l’altro pure dal Consiglio comunale.

Dopo l’abbattimento di Villa Deiella si blocca tutto. Oggi nell’area dell’ex villa nobiliare dovrebbe sorgere il museo del Liberty. Almeno così dovrebbe essere

Insomma, il Consiglio comunale di Palermo dell’epoca non sembrava molto interessato alla salvaguardia del patrimonio architettonico e del verde di Palermo. Guarrraci, per citare due esempi, riuscì a salvare dalla speculazione alcuni palazzi storici di Palermo e il Verde Terrasi, un giardino di agrumi sfuggito alla lottizzazione del ‘Girato delle Rose’. Un rettangolo di verde delimitato da Viale Lazio, Viale Campania, Via Brigata Verona e Via Empedocle Restivo. Oggi il Verde Terrasi è sede di una villa comunale intitolata a Gaetano Costa, il giudice assassinato dai mafiosi nel 1980. Ma non è uno spazio verde tenuto bene: anzi. Tornando a Villa Deliella, utilizzando un sotterfugio il Comune di Palermo face sapere di aver ottenuto la cancellazione del vincolo. La scusa era che erano passati cinquant’anni dalla realizzazione di Villa Deliella. In realtà, la storia non è stata mai chiarita, perché il mezzo secolo, semmai, avrebbe dovuto spingere per il mantenimento del vincolo, non per la sua eliminazione. Misteri panormiti. Il Governo regionale avrebbe potuto opporsi? L’assessorato regionale allo Sviluppo economico – che allora si occupava di questioni urbanistiche – poteva intervenire. Solo che in quel momento storico, come abbiamo ricordato – Novembre del 1959 – il Governo regionale di Silvio Milazzo era praticamente sotto ‘assedio’. Di lì a poco sarebbe caduto e dopo un anno e mezzo circa di confusione inizierà la stagione dei Governi di centrosinistra. Ma nel 1959, lo ribadiamo, il caos politico e amministrativo in Sicilia era totale. Il Consiglio comunale di Palermo ne approfittò per approvare un provvedimento amministrativo che consentiva l’abbattimento di Villa Deliella. Dopo di che, forse avendo capito di averla fatta grossa, al Comune di Palermo si bloccò tutto. Per decenni lo spazio dove sorgeva Villa Deliella è stata sede di un parcheggio e di un autolavaggio. L’ex assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà, ha accolto la proposta di dare vita nell’area dove sorgeva Villa Deliella a un museo del Liberty. Il progetto va avanti con il Governo regionale di Renato Schifani? Confessiamo che non lo sappiamo.

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