Quando Gesù contraddicendo il Libro del “Levitico” spiegò che l’impurità non aveva per lui origini alimentari ma morali

di Frate Domenico Spatola

7 Febbraio 2024, Mercoledì della quinta settimana del tempo ordinario: Marco 7,14-23

Aveva denunciato l’ipocrisia degli scribi e dei farisei, sul tema della purità rituale. La sua origine di natura alimentare condizionava pesantemente la vita della gente in Israele. Gesù volle chiarire, una volta per tutte, alla folla alla quale chiese particolare attenzione. Sapeva la gravità di ciò stava per dichiarare e che lo avrebbe compromesso. “Non esiste alcun cibo che possa rendere impuro chi lo mangia”. Dichiarava in tal modo che il Libro del “Levitico” , della Legge di Mosè, che argomentava sulla “purità rituale”, non era ispirato da Dio. La gravità della affermazione lo obbligherà a espatriare per non rischiare la vita anzitempo. Ritenendo tuttavia lineare il suo ragionamento, si meravigliava per la richiesta di spiegazione fattagli in privato dai discepoli che dichiaravano di non capire. “La impurità – fu la spiegazione di Gesù – non dipende da ciò che si mangia, perché il cibo, entrando nel ventre, va a finire nella fogna. È nel cuore la matrice di tutti i misfatti”. L’impurità perciò non aveva per lui origini alimentari ma morali. Responsabilizzava i comportamenti, i soli necessari a qualificare dell’uomo il vero rapporto con Dio.

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