San Marco tra vita e opere: la grande fede in Gesù del quale racconta umanità, debolezze e gloria. Come divenne il protettore di Venezia

di Frate Domenico Spatola

In sedici brevi capitoli dimostrerà che Gesù è “Cristo” (cap. VIII) e nel quindicesimo capitolo, che è “il Figlio di Dio”

“Divino abbreviatore” fu definito da Agostino d’Ippona. Non gli giovò. Trovavano in Matteo e Luca più informazioni. Alla fine del XIX secolo qualcuno studiò meglio Marco, ipotizzandolo quale “fonte” per gli altri due Sinottici. Il suo Vangelo, del quale Marco fu anche il primo a iniziare il genere: “Mise per iscritto la predicazione di Pietro apostolo”. Fu concorde testimonianza dei due vescovi del secondo secolo: Papia di Gerapoli e Ireneo. La struttura del testo è schematica, ma ricca di informazioni sulle usanze giudaiche a beneficio dei pagani cui era destinato. Marco rivela grande fede in Gesù e della sua Umanità raccontò debolezze e gloria. La tesi è nel titolo: “Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio”. In sedici brevi capitoli dimostrerà che Gesù è “Cristo” (cap. VIII) e nel quindicesimo capitolo, che è “il Figlio di Dio”. Professione di fede in bocca al centurione pagano. Il finale è lasciato incompleto: “Le donne scapparono dal sepolcro vuoto, impaurite”. L’ultima particella è un “gar”, che dal greco si traduce “infatti”, e quindi il discorso resta interlocutorio. Vuol portare il credente alla soglia dell’indescrivibile: la morte che inizia al mistero, in novità del “tremendum” che apre al “divino”. Pensarono i destinarari ad aggiungervi un finale, con un criterio per loro più razionale. Così è l’attuale che, pur ispirato, non è dell’autore.

Lo stratagemma di due veneziani che lo sottrassero ai musulmani

Marco per venti volte sarà citato nel “Nuovo Testamento”, spesso anche con il nome ebraico “Giovanni”. Cugino di Barnaba, evangelizzò Cipro, accompagnò Paolo apostolo nel “primo viaggio” di evangelizzazione attraversando l’Asia minore. Nel “secondo viaggio” per un diverbio di natura ideologica, Paolo non lo volle con sé. Marco infatti dissentiva dalla sua strategia di cercare a tutti i costi, per convertirli, gli Ebrei in qualunque città si recassero. Riteneva superati i vincoli del giudaismo, più precocemente del suo interlocutore. Per lui vigeva infatti il detto di Gesù: “Vino nuovo in otri nuovi”. Marco seguirà gli apostoli Pietro e Paolo anche a Roma, ma scapperà in tempo quando, nell’anno 64, scoppierà la persecuzione dei Cristiani ad opera di Nerone. Non si conosce come il suo corpo sia finito ad Alessandria d’Egitto. Esiste un testo del IV secolo che ne racconta il martirio. Nell’866, con uno stratagemma, due Veneziani lo sottrassero ai musulmani. Cosí San Marco divenne il protettore della città ducale e della intera Repubblica veneziana, “Pantaleone”, dove il leone era il simbolo di San Marco, si estendeva lungo tutto l’Adriatico fino alle coste della Turchia.

Foto tratta da Wikipedia

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