Così, per curiosità, con le farine di quali grani vengono preparate oggi le pizze, comprese quelle gourmet?

Ringraziamo il nostro amico Gianni Paternò per aver dedicato il suo tempo per commentare un nostro articolo sulle pizze. Cogliamo l’occasione per qualche precisazione e per porre qualche domanda

Abbiamo letto con interesse un articolo di Gianni Paternò che critica un nostro articolo sulla pizza che a Palermo – questa è la nostra opinione – sta diventando un genere di lusso. La nostra tesi è che recarsi in pizzeria e spendere 25-30 euro a testa per una pizza è esagerato. Per non parlare delle pizzerie ‘stoccami in quattro’ (leggere gourmet), dove mangiare una pizza costa circa 50 euro a persona. Con molta probabilità, Paternò è uno dei tanti cittadini che ha dimenticato che 25 euro equivalgono a circa 50 mila lire e 30 euro equivalgono a circa 60 mila lire. Qualcuno osserverà che l’euro ha sostituito la vecchia lira nel 2002. Vero. Peccato, però, che, da allora ad oggi, il reddito pro capite degli italiani normali non è raddoppiato ma è rimasto tale e, in alcuni casi, è diminuito. Quello che è cambiata è la percezione del denaro; ed è cambiato anche il valore dello stesso denaro. Prima dell’euro una famiglia di quattro persone con un reddito di 5 milioni al mese era benestante. Oggi una famiglia con un reddito di 2 mila e 500 euro al mese – grosso modo l’equivalente di 5 milioni di vecchie lire – non deve esagerare, sennò ha problemi a fine mese. Questa premessa è fondamentale per un giornalista che vive a Palermo, città sempre più povera, dove le imprese – che sono nella stragrande maggioranza commerciali – sono oggi in difficoltà soprattutto a causa di una pressione fiscale elevata. Una realtà che Comune e Inps, a caccia di soldi, rendono ancora più problematica. A questo si aggiunge, come ricorda l’amico Paternò, l’inflazione, che non è al 5%, come cercano di farci credere, ma molto più elevata se consideriamo l’aumento delle bollette di luce e gas e i prezzi dei generi alimentari i cui incrementi ‘viaggiano’ tra il 20 e il 100%. Ma – l’amico Paternò ne converrà – non possono essere scaricati sui consumatori.

Chi è che garantisce che certe farine sono al alta qualità, soprattutto quest’anno?

Non so se questi temi interessino l’amico Gianni Paternò. Supponiamo di sì, visto che nel suo articolo cita parole come mercato, domanda e offerta. Detto questo, con la premessa che siamo felici nel sapere che ci sono persone che trovano normale pagare 30, 40 anche 50 euro per mangiare una pizza, noi guardiamo alla realtà della Palermo che ci circonda e non crediamo che la maggioranza dei cittadini sia disposta a pagare tale cifra per una pizza. Il nostro amico Paternò cita farine e impasti di alta qualità. Però non spiega una cosa fondamentale che si riassume in alcune domande: chi è che garantisce che si tratti di farine di alta qualità? C’è una certificazione oggettiva di tale qualità delle farine o basta la parola? Precisiamo: non stiamo dicendo che le farine utilizzate dalle pizzerie non sono di qualità, proviamo soltanto a capire come stanno nell’interesse dei cittadini-lettori. Prendiamo lo scenario attuale. Noi, visto che il nostro amico Paternò, oltre ad essere ferrato in economia, cita farine di qualità, diamo per scontato che sappia che cosa è successo quest’anno con il grano duro in Sicilia e in quasi tutto il Sud Italia; e diamo sempre per scontato che conosca anche lo scenario del grano tenero. Proviamo a entrare nello specifico, anche – ribadiamo – a beneficio dei lettori, compresi quelli felici di pagare 30, 40, anche 50 euro per andare in pizzeria.

Un 2023 disastroso per il grano duro di Puglia e Sicilia

E’ noto che il grano duro si coltiva tradizionalmente nel Mezzogiorno, con Puglia e Sicilia che producono l’80% circa del grano duro italiano. Ebbene, come abbiamo raccontato qualche giorno fa (come potete leggere qui), quest’anno le piogge di Maggio e di Giugno (piogge fino a metà Giugno, per la precisione) hanno mandato all’aria la produzione di grano duro di Sicilia, Puglia e di altre aree del Sud Italia. Sono state colpite dalle piogge sia le coltivazioni di grano duro in convenzionale, sia le coltivazioni di grano duro in biologico. Si è salvato soltanto il grano duro di alta collina e di montagna, che rappresenta un’esigua minoranza rispetto alla produzione complessiva. Non abbiamo nemmeno bisogno di precisare al nostro amico Paternò che in Italia la coltura del grano tenero è in netta diminuzione, se è vero che, da anni, l’Italia è piena di grano tenero canadese e, segnatamente, di grano tenero canadese varietà Manitoba.

Italia invasa da grano ucraino, canadese e russo (fatto passare per grano arrivato dalla Turchia)

Perché queste precisazioni? Perché quest’anno, a partire da Gennaio, l’Italia è stata letteralmente invasa da grano estero, duro e tenero. Avete letto bene: invasa. Si tratta di grano – duro e tenero – arrivato dall’Ucraina, dal Canada e, negli ultimi mesi, dalla Turchia. Sempre per la cronaca, il grano arrivato dalla Turchia – duro e tenero – sarebbe, in buona parte, grano russo. Non abbiamo nemmeno bisogno di aggiungere che il grano estero arriva in Italia con le navi e che tale grano non attraversa i mari conservato in ambienti a temperatura controllata con tutto quello che ne consegue sotto il profilo della qualità (non entriamo nei dettagli microbiologici per non rovinare la giornata a chi ci legge): ma queste cose il nostro amico Paternò le conosce benissimo. Da qui la nostra domanda: con la farina di quali grani vengono preparate oggi le pizze? Il problema – attenzione – riguarda la pasta, il pane e, in generale, tutti i derivati del grano: comprese, appunto, le pizze. Siccome l’amico Paternò scrive di pizzerie che offrono ai clienti “pizze di eccellenza”, ci piacerebbe capire con quali farine, quest’anno, vengono preparate queste “pizze di eccellenza”. Stanno utilizzando il grano dello scorso anno? Benissimo. L’importante è saperlo. Certo, sarebbe il massimo avere a disposizione certificazioni precise, che indichino la provenienza del grano: luoghi di coltivazione, varietà di grano coltivate, tecniche agronomiche seguite, luoghi e tecniche di macinazione dello stesso grano. Notizia importanti non soltanto per le pizze ma anche per la pasta, il pane e, in generale, tutti i derivati del grano. Tornando alle pizze, ci siamo focalizzati alle sole farine. Magari in un altro articolo parleremo degli altri ingredienti: olio extra vergine di oliva, pomodori e altri vegetali, mozzarelle, formaggi, salumi e via continuando. Ci auguriamo, con le nostre precisazioni, di non avere rovinato una bella serata in pizzeria al nostro amico Paternò.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *