Crisi allevamenti di bestiame tra TBC e BRC. L’incontro al Parlamento dell’Isola è importante ma non basta: serve una rivolta popolare modello Forconi siciliani 2011

Ottima l’iniziativa del sindacato Sinalp, che è riuscito a coinvolgere l’Assemblea regionale siciliana. Ma bisogna fare di più

Come sanno i nostri lettori, stiamo seguendo con una serie di articoli di cronaca e di approfondimento la protesta degli allevatori siciliani e campani. Gli allevatori criticano il Governo nazionale, sottolineando che che Roma non ha mai affrontato in modo razionale due patologie che colpiscono gli animali: la Brucellosi (BRC) e la Tubercolosi (TBC) (ce ne siamo occupati qui). Un comunicato del sindacato Sinalp rilancia la battaglia degli allevatori. E ci dà notizia che i vertici della stessa organizzazione sindacale sono stati convocati ieri dalla VI Commissione legislativa del Parlamento siciliano. Questa Commissione si occupa di questioni sanitarie. E ieri, stando a quanto leggiamo sempre nel comunicato, è stata affrontata la questione relativa alla persistente diffusione della brucellosi e della tubercolosi nei bovini, negli ovini e nei caprini sul territorio regionale. Oltre ai rappresentanti del Sinalp erano presenti anche il rappresentante della Rete interregionale degli allevatori del territorio, Gianni Fabris, e il rappresentante dell’Unione allevatori Sicilia, Carmelo Galati. Della delegazione Sinalp erano presenti il Segretario regionale, Andrea Monteleone, il dirigente regionale del CAA Sinalp, Andrea Tomarchio e i delegati sindacali regionali Giacomo Fascetto e Gandolfo Pane.

La richiesta di una Commissione parlamentare speciale

“Con i deputati della Commissione legislativa Sanità – leggiamo nel comunicato del Sinalp – in presenza anche del dirigente dell’assessorato alla Salute, Pietro Schembri e dell’assessore regionale, Giovanna Volo, si è discusso della crisi, ormai trentennale, degli allevatori di bestiame a causa anche citate patologie TBC e della Brucellosi. Si è focalizzato il problema sulle azioni messe in campo per l’eradicazione di queste infezioni e di come poterle migliorare, evitando agli allevatori l’obbligo di dover abbattere diversi capi senza che poi risultino realmente infetti”. Andrea Monteleone e Gianni Fabris hanno chiesto l’istituzione di una Commissione parlamentare speciale coinvolgendo l’assessorato regionale alla Salute,
l’assessorato regionale e le organizzazioni sindacali. Obiettivo: lavorare per adeguare le norme europee e nazionali alle reali esigenze del territorio e delle aziende.

Difendere la transumanza

Si è parlato anche di transumanza (foto sopra tratta da Abruzzo Web), ovvero il complesso delle migrazioni stagionali del bestiame dai pascoli di pianura ai pascoli delle aree montane e viceversa. “Si evidenzia che l’UNESCO, nel 2019 – leggiamo nel comunicato – ha dichiarato Patrimonio Culturale Immateriale il sistema di allevamento siciliano e del Sud Italia, basato sulla transumanza. Questo sistema, a differenza degli allevamenti intensivi ‘a batteria’ del Nord Italia e dell’Europa tutela il benessere degli animali, permettendo loro di poter pascolare liberi senza subire le violenze insite negli altri sistemi di allevamento, che probabilmente daranno una resa maggiore di carne e latte ma di pessima qualità rispetto agli standard qualitativi previsti per l’alimentazione dell’uomo che vengono ottenuti con il sistema di allevamento che prevede la transumanza del bestiame al cambio delle stagioni”. nel comunicato si ricorda inoltre che la transumanza £permette anche la salvaguardia dell’ambiente dagli incendi, visto che, grazie al pascolo libero, gli animali durante la transumanza brucano l’erba ripulendo ampi spazzi di territorio”.

Il problema dei cinghiali

“La transumanza – prosegue il comunicato – pur tutelando il benessere e la dignità degli animali, mette a contatto il bestiame allevato con gli animali selvatici presenti, specialmente nei territori dei Nebrodi, dell’Etna e delle Madonie. Spesso questo contatto purtroppo agevola la diffusione della TBC e della Brucellosi, pur essendo un fenomeno in calo in questi ultimi anni. Purtroppo la diffusione in modo incontrollato, in special modo dei cinghiali (foto sotto tratta da AgroNotizie – Image Line), oggi è una problematica seria. I suidi presenti allo stato brado non hanno competitor, e di conseguenza possono proliferare all’infinito. Sono portatori di malattie e possono essere serbatoio di infezione, obbligando gli allevatori all’abbattimento di molte migliaia di capi, con gravissime ripercussioni economiche negative a danno degli allevatori siciliani”.

A complicare le cose ci si mette anche l’Asp di Enna

“Altra nota sollevata davanti alla Commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana – si legge ancora nel comunicato – riguarda l’Asp (Azienda sanitaria provinciale) di Enna, che obbliga gli allevatori ad
effettuare i controlli in momenti differenti rispetto alla normale profilassi obbligatoria, con un
eccessivo aggravio di costi per gli stessi allevatori interessati.
Le rimanenti otto Asp siciliane, invece, includono questo controllo nella normale profilassi programmata annualmente con un indubbio abbattimento dei costi rispetto alle aziende ennesi. Questo comportamento, difforme rispetto alle altre Asp, è di notevole danno non solo economico ma anche organizzativo e gestionale per le imprese zootecniche interessate”. I vertici del Sinalp scrivono a chiare lettere che gli allevatori siciliani si sentono abbandonati dalle istituzioni. Il sindacato si augura che dal confronto con la politica siciliana si possa porre fine allo stato di abbandono del mondo degli allevatori e si possa programmare una crescita del comparto.

E’ inutile girarci attorno: per rilanciare gli allevamenti di bestiame del Sud e della Sicilia – e per rilanciare in generale l’agricoltura meridionale e siciliana – serve una rivolta popolare sul modello dei Forconi siciliani del 2011. Una rivolta che coinvolga tutto il Sud Italia

Fermo restando che il confronto con la politica siciliana è un fatto positivo – soprattutto rispetto a un Governo nazionale che, fino ad oggi, ha ignorato la protesta degli allevatori – non crediamo che la buona volontà del Parlamento dell’Isola possa bastare per rilanciare il settore. L’attuale Governo nazionale di Giorgia Meloni sta ignorando gli allevamenti di bestiame di Sud Italia e Sicilia e, in generale, sta ignorando i problemi dell’agricoltura meridionale. L’attuale Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, non è un disastro solo perché ferma i treni ma perché sta indebolendo l’agricoltura del Mezzogiorno nel suo complesso. Gli scioperi della fame degli allevatori e gli incontri con i vertici delle Regioni serviranno solo se metteranno in moto un movimento uguale a quello dei Forconi siciliani del Gennaio 2011. Senza una rivolta popolare contro un’Unione europea che ci propina gli insetti a tavola e la carne sintetica (peraltro fonte di grande inquinamento) e contro un Governo nazionale che guarda al Sud come una colonia nella quale i pannelli solari dovrebbero sostituire i campi di grano per portare l’energia al Nord Italia non servono le chiacchiere: serve, lo ribadiamo, una grande rivolta. Egregi allevatori e, in generale, egregi agricoltori di Sud e Sicilia: senza una forte pressione sociale la politica vi ‘concederà’ qualche briciola e tanta aria fritta. Vi dovete ribellare. Nel 2011 il Movimento dei Forconi siciliani fallì anche perché le divisioni presero il sopravvento sull’unità d’intenti. Bisogna riprovarci discutendo con i politici non nelle segrete stanze dei Governi regionali e di Roma, ma nelle piazze. Tutto il resto è solo perdita di tempo.

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