L’abbattimento di autovelox da parte di Fleximan si diffonde in altre Regioni del Nord Italia. Azioni fuori legge ma anche spia di un malessere che potrebbe anticipare proteste sociali

L’Italia è il primo Paese in Europa come numero di autovelox. Il dubbio che vengano piazzati per fare ‘cassa’ è legittimo

L’Italia sta diventando un Paese rivoluzionario? Ci sono gli agricoltori in lotta contro l’Unione europea e le sue finte politiche ‘green’, che in realtà nascondono i grandi affari delle multinazionali. Una rivolta anche contro l’attuale Governo nazionale e contro le organizzazioni agricole che invece di difendere gli agricoltori italiani abbracciano, nei fatti, gli interessi della Ue e dei suoi accoliti. Non a caso si ipotizza di dare vita a un nuovo sindacato degli agricoltori con una struttura federale: un nuovo sindacato agricolo per ogni Regione italiana per rappresentare le peculiarità di ogni luogo. Un’organizzazione federale di agricoltori alternativa a Coldiretti, CIA e Confagricoltura. Ma c’è anche una singolare protesta contro gli autovelox, protesta in verità fuori legge: l’abbattimento degli stessi autovelox ad opera di una organizzazione chiamata Fleximan. Ieri abbiamo pubblicato un video del filosofo Diego Fusaro, che con parole semplici dice che gli autovelox, piazzati nelle strade per costringere gli automobilisti a ridurre la velocità, potrebbero essere diventati, in realtà, strumenti per fare ‘cassa’. Il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) ha effettuato uno studio su tale argomento e ha appurato che l’Italia è il primo Paese in Europa come numero di autovelox: se ne contano 11 mila e 130 ma bisogna considerare quelli eliminati da Fleximan. Pensate un po’: in Gran Bretagna, poco più di 67 milioni di abitanti, ci sono 7 mila e 700 autovelox; in Germania, oltre 83 milioni di abitanti, si contano 4 mila e 700 autovelox; in Francia, oltre 67 milioni di abitanti si contano 3 mila e 700 autovelox. E’ evidente che in Italia hanno esagerato con gli autovelox. La notizia di queste ore è che gli abbattimento di autovelox, fino ad oggi registrati in Veneto, cominciano ad avvenire anche in Emilia Romagna e in Liguria. Anche se l’ANSA scrive che si sono verificati anche in Lombardia e Piemonte. Per ora Fleximan è un fenomeno del Nord Italia.

Il fatto che sia arrivato una sorta di Robin Hood degli automobilisti italiani vessati dagli autovelox viene vissuto come una liberazione, anche se va contro la legge

“In base ai dati ufficiali del Ministero dell’Interno, nel 2022 – leggiamo nel citato articolo pubblicato dall’ANSA – le principali 20 città italiane hanno incassato un totale di 75 milioni e 891.968 euro grazie alle sanzioni elevate tramite autovelox, con una crescita del +61,7% rispetto ai 46 milioni e 921.290 euro di proventi registrati dalle stesse amministrazioni comunali nel 2021. La città con i maggiori incassi da autovelox è Firenze, pari a 23,2 milioni di euro, seguita da Milano (quasi 13 milioni), Genova (10,7 milioni) e Roma (6,1 milioni)”. Dovendo pagare 90 miliardi di euro all’anno di interessi sul debito pubblico, il Governo italiano taglia a man bassa i trasferimenti ai Comuni e alle Regioni (le Province, di fatto, sono quasi scomparse). Non sapendo dove trovare i soldi i Comuni piazzano autovelox di qua e di là. I cittadini si lamentano. Non è un caso che l’organizzazione chiamata Fleximan riscuota consensi tra tanti cittadini. Come abbiamo ascoltato nella trasmissione radiofonica La Zanzara, ci sono cittadini che stanno raccogliendo fondi per sostenere i protagonisti di Fleximan là dove venissero arrestati. I cittadini sanno che abbattere gli autovelox è un reato. Ma il fatto che sia arrivato una sorta di Robin Hood degli automobilisti italiani vessati dagli autovelox viene vissuto come una liberazione, anche se va contro la legge. Inutile nascondere che in Italia si vive un clima di esasperazione. Questi fenomeni in alcuni casi anticipano eventi rivoluzionari. Soprattutto se associati alla povertà dilagante. Che è il caso italiano, al di là della disinformazione economica dominante.

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