Non sarebbe il caso, in presenza di prove schiaccianti, di condannare al carcere a vita chi uccide una donna, eliminando la ‘filosofia’ del recupero alla società di tali assassini togliendogli ‘premi’ e ‘permessi’?

Ciò significherebbe cambiare la legislazione per questa tipologia di reato. Galera a vita e basta, senza se e senza ma, senza ‘permessi’ e ‘premi’ vari per buona condotta. Galera per il resto vita. Punto

Le cronache italiane sono tornate ad occuparsi dei cosiddetti femminicidi. Il caso di queste ore è l’uccisione di una ragazza di 14 anni. E’ stata ammazzata dal fidanzato di 19 anni a colpi di pietra. “L’ho uccisa perché mi aveva lasciato”, ha detto. Ora assisteremo alle solite scene: rabbia, solenni promesse che chi ha uscciso la ragazza la pagherà cara, altrettanti solenni impegni della politica per fermare le terribili uccisioni di donne da parte degli uomini e via continuando. Dopo di che, a meno che la vicenda non diventi un giallo, com’è accaduto per il delitto di Garlasco, la notizia scomparità dalle cronache. Tra sette, otto, dieci anni scopriremo che, piano piano, lo Stato italiano, in presenza della “buona condotta” dell’assassino, ha iniziato a “recuperare” il soggetto che ha eliminato dal mondo una donna. L’assassino comincerà a recarsi al lavoro por tornare a dormire in carcere, poi magari avrà altre agevolazioni fino – supponiamo – al completo recupero. Nulla da dire, per carità, tranne una sola e semplice considerazione: mentre l’uomo che ha ucciso una donna e il ragazzo che ha ucciso una ragazza sono stati ‘recuperati’ alla società, la donna e la ragazza uccise non sono più di questo mondo. E’ una cosa da poco? A nostro modesto avviso, no.

E’ sufficiente solo il rimorso di dostojewskiana memoria, senza dover fronteggiare altri ‘prezzi sociali’, per pagare per il resto della loro vita il fatto di aver tolto da questa Terra un essere umano?

Non entriamo in campi specialistici: psicologia, educazione, ruolo della famiglia e altro ancora. Proviamo a osservare il fenomeno da cittadini che assistono, purtroppo da anni, all’uccisione di tante donne e di tante ragazze da parte di uomini e ragazzi. Ci poniamo e poniamo un problema che si condensa nelle seguenti domande: è giusto che un uomo che ha ucciso una donna e un ragazzo che ha ucciso una ragazza tornino dopo sette, otto, dieci anni a condurre vite quasi normali? E’ sufficiente solo il rimorso di dostojewskiana memoria, senza dover fronteggiare altri ‘prezzi sociali’, per pagare per il resto della loro vita il fatto di aver tolto da questa Terra un essere umano? Basta questo, per la società? Se basta questo, ebbene, perché continuare a ‘stupirsi’ se uomini e ragazzi continuano ad ammazzare donne e ragazze? Supponiamo che, in presenza di prove schiaccianti, chi ha assassinato una donna passi il resto della vita in carcere senza se e senza ma, senza legge Gozzini e senza attenuanti varie. Non sarebbero casi rari: in tante uccisioni di donne e ragazze gli uomini e i ragazzi sono spesso rei confessi o con sulle spalle prove schiaccianti, magari corredate da testimonianze. Se il carcere a vita, per gli uomini che uccidono le donne, diventasse realtà, grazie ai mezzi di informazione, televisione e rete in testa, non pensate che qualcosa cambierebbe? Se gli uomini di sessant’anni, di cinquant’anni, di quarant’anni, di trent’anni e anche di vent’anni sapessero che ammazzando una donna non usciranno più dalla galera ci rifletterebbero o no prima di uccidere? La nostra è solo una domanda.

Foto tratta da Freepik

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