Per consentire ai grandi gruppi di esportare bisogna sacrificare piccoli agricoltori e ‘avvelenare’ i consumatori. Lo vuole il sistema oligopolistico che oggi governa l’agricoltura

Le riflessioni di Antonio Piraino e ITALIA FRUIT NEWS

Stamattina vi proponiamo due riflessioni sul mondo dell’agricoltura che, alla faccia dell’Unione europea, dei Governi nazionali e – in Italia – alla faccia di chi governa le Regioni rimane in subbuglio. La prima è del nostro vecchio amico Antonio Piraino, economista e agricoltore, la seconda è di ITALIA FRUIT NEWS, il gironale on line dell’ortofrutta. (sopra foto tratta da Frutticoltura Edagricole)

“… in realtà si tratta del più mostruoso sistema burocratico/oligopolistico a direzione finanziaria che la storia conosca”

Scrive Antonio Piraino (foto sotto): “Nel lontano 1971, appena quindicenne, per il venir meno di mio padre, assieme a mio fratello Andrea mi trovai di fronte ad un bivio: continuare la tradizione agricola della famiglia o ‘fare cassa’. La scelta fu di mantenere le radici pur essendo proiettati su altre prospettive professionali. E così nel 1974 realizzammo il primo raccolto. Non ricordo quanti quintali ma ricordo il prezzo del grano: 480 lire a chilo. Quando una Fiat cinquecento costava 600.000 mila lire! Oggi un chilo di grano costa 30 centesimi di euro (circa 600 lire) quando una Fiat cinquecento 16.000 euro (circa 30 milioni di lire)! Non molto diversa è stata l’evoluzione dei prezzi di centinaia di prodotti agricoli. Le origini della protesta che sta attraversando tutto il mondo hanno quindi radici profonde che non si possono rimuovere con provvedimenti estemporanei ma esigono la messa in discussione dell’attuale modello economico, falsamente definito di libera concorrenza quando in realtà si tratta del più mostruoso sistema burocratico/oligopolistico a direzione finanziaria che la storia conosca. Duc in altum! Occorre trasformare la protesta di piazza nel nucleo iniziale di una proposta politica di governo autenticamente democratica e riformista. In questa prospettiva mi chiedo: dove sono gli economisti ed i politici indipendenti capaci di denunziare la deriva oligopolistica e indicare una nuova prospettiva?”.

L’ironia di Galbraith ha sì ridicolizzato il sistema liberista-oligopolista ma non lo ha sconfitto

Negli anni ’50 e ’60 del secolo passato un grande economista americano di origini canadesi, John Kenneth Galbraith (foto sotto tratta da Wikipedia), con godibile stile ironico (Galbraith, oltre che economista era anche un grande scrittore dallo stile limpido e chiaro, in grado di spiegare concetti astrusi in modo semplice e, soprattutto, di prendersi gioco dei potenti), dimostrava, fatti concreti alla mano, che il tanto celebrato sistema economico liberista, presentato come massima espressione della libertà umana, degenerava matematicamente in un sistema oligopolitistico. Da allora ad oggi è cambiato qualcosa? Non sembra affatto. Antonio Piraino, infatti, scrive di un “mostruoso sistema burocratico/oligopolistico a direzione finanziaria che la storia conosca”. Non a caso nell’attuale sistema ultra-liberista e globalista a dettare le regole del gioco sono gli oligopoli delle multinazionali. Il rimedio proposto da Galbraith – che fu tra i più stretti consulenti del presidente americano John Fitzgerald Kennedy – era la mitigazione del sistema liberista con l’intervento dello Stato, seguendo l’impostazione economica keynesiana. L’assassinio di Kennedy travolse questo tentativo, segnando la vittoria degli oligopoli che producevano le armi, che riuscirono a imporre la guerra in Vietnam. Cosa vogliamo dire? Che, oggi come ieri, pensare di contrastare gli oligopoli delle multinazionali che controllano l’Occidente con baricentro negli USA è operazione difficile. “Economisti e politici indipendenti” richiesti da Antonio Piraino, nell’Unione europea controllata dagli Stati Uniti d’America non hanno voce in capitolo. Dobbiamo aspettare che si consumi lo scontro tra area del dollaro americano e Paesi del BRICS – Cina, Russia e India in testa – per capire qualcosa in più.

Sul grano duro gli industriali italiani raccontano sempre la mezza verità

La seconda riflessione che leggiamo su ITALIA FRUIT NEWS non è altro che una dichiarazione di resa alla logica dei mercati oligopolistici che oggi vessa gli agricoltori di quasi tutto il mondo. Basti pensare che anche in India, Paese che non possiamo definire legato all’Occidente, è in corso un’ennesima grande protesta degli agricoltori causa i bassi prezzi dei prodotti agricoli (come potete leggere qui). L’articolo del giornale dell’ortofrutta punta a dimostrare che non possiamo fare a meno dei prodotti agricoli esteri. E cita gli esempi di banana, ananas, avocado e mango. Ma chi è che ha detto o scritto che bisogna bloccare l’importazione di banane, ananas, avocadi e mango? Semmai bisogna bloccare l’importazione di grano estero, duro e tenero. Ricordiamo che quando gli industriali italiani dicono che il grano prodotto in Italia non è sufficiente a per il fabbisogno italiano mentono sapendo di mentire. Parlano i ‘numeri’. L’Italia produce 3,7 milioni circa di tonnellate di pasta all’anno e ne esporta 2,1 milioni circa di tonnellate. Se facciamo una semplice sottrazione – 3,7 meno 2,1 – scopriamo che il consumo interno di pasta in Italia è pari a 1,6 milioni circa di tonnellate che potrebbero essere prodotte con il solo grano duro italiano. Il problema è che i nostri amici industriali, per esportare 2,1 milioni di tonnellate di pasta hanno bisogno del grano duro estero, che viene imposto anche ai consumatori italiani. E il bello è che gli industriali si sono rivolti alla Giustizia perché non volevano indicare la provenienza del grano nei pacchi di pasta ma i giudici gli hanno dato torto! (come potete leggere qui).

La controstagione è il grande alibi per giustificare ciò che non è giustificabile

Gli amici di ITALIA FRUIT NEWS si guardano bene dall’affrontare tale argomento. Del resto, loro si occupano di ortaggi e frutta. Quindi… Ma anche parlando di ortaggi e frutta l’autore dell’articolo non è affatto convincente: anzi. Ecco un passo interessante: “Da non sottovalutare, inoltre, l’importanza del prodotto in controstagione, in particolare per la frutta: agrumi, pere, kiwi, uva e frutti di bosco solo per citare i più importanti. Lo stesso vale per la frutta secca, dove la maggior parte del prodotto è importato nonostante gli sforzi compiuti a livello produttivo in Italia”. Il problema, egregi signori di ITALIA FRUIT NEWS, non è legato al fatto che agrumi, pere, kiwi e uva arrivino quando in Italia non c’è produzione: questo fiume di agrumi, pere e kiwi arriva in Italia, a prezzi stracciati, quando la produzione italiana è presente. E siccome agrumi, pere e kiwi esteri costano molto meno, anche se la qualità è spesso scadente, ‘ammazzano’ i redditi dei produttori italiani. Vi è chiaro, ora, amici di ITALIA FRUIT NEWS, come stanno le cose? Non è difficile capirlo: basta mettersi nei panni degli agricoltori (sulla frutta secca e sugli ortaggi risponderemo in un articolo).

La globalizzazione in agricoltura è una forma di criminalità organizzata internazionale che non va boicotatta: va smantellata punto e basta, costi quel che costi

Nell’articolo di ITALIA FRUIT NEWS non c’è alcun accenno a due questioni cruciali. Prima questione: il costo del lavoro agricolo bassisimo dei Paesi che esportano ortofrutta in Italia (4-5 euro al giorno per una media di 12 ore di lavoro) contro gli 80 euro al giorno ad operaio agricolo per otto ore di lavoro che si pagano in Italia; l’agricoltura italiana non può competere con Paesi dove, di fatto, vige lo schiavismo a norma di legge, perché è perdente in partenza. Seconda questione: i pesticidi. Lo sanno gli amici di ITALIA FRUIT NEWS che in certi Paesi esteri si utilizzano pesticidi che in Italia sono stati banditi dieci, venti, trent’anni fa perché dannosi per la salute umana? Nella parte finale dell’articolo, bontà loro, gli amici di ITALIA FRUIT NEWS ammettono che sì, ogni tanto “si sfrutta il prezzo più basso del prodotto straniero come leva per adeguare le quotazioni di quello italiano”. Però, aggiungono nell’articolo, ci possiamo salvare con il principio di reciprocità, che nella realtà è ‘filosofia spicciola’ allo stato puro. ‘Stupendo’ il finale dell’articolo: “Ad ogni modo, boicottare il prodotto straniero nell’era della globalizzazione è un’operazione di retroguardia, soprattutto per un Paese come l’Italia che produce più ortofrutta di quella che consuma e, perciò, senza export il settore ortofrutticolo sarebbe fortemente ridimensionato”. Quindi per consentire alle grandi cooperative e ai grandi produttori di esportare la loro ortofrutta dobbiamo fare mangiare alla stragrande maggioranza degli italiani la pessima ortofrutta che arriva dall’estero, massacrando i piccoli agricoltori locali. Nell’esatto contrario del finale dell’articolo di ITALIA FRUIT NEWS sta il vero significato della protesta degli agricoltori: la globalizzazione in agricoltura è una forma di criminalità organizzata internazionale che non va boicotatta: va smantellata punto e basta, costi quel che costi. Sappiamo che noi siamo un piccolo blog mentre ITALIA FRUIT NEWS rappresenta i ‘Grandi intellettuali’ dell’agricoltura. Siamo certi che su tali questioni non risponderanno. Ma la battaglia degli agricoltori deve sconfiggere il “mostruoso sistema burocratico/oligopolistico a direzione finanziaria”. La ‘guerra’ è appena iniziata. E continuerà, perché ne va della stessa sopravvivenza degli agricoltori.

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