Che fine fanno i 9 miliardi e mezzo di euro all’anno della sanità siciliana? I dubbi sullo Stato, i ‘misteri’ degli accreditamenti agli studi medici privati e la proliferazione degli amministrativi

Com’è possibile che, a parità di fondi (che ufficialmente sono sempre gli stessi da alcuni anni), il numero dei medici e degli infermieri negli ospedali pubblici siciliani sia in continua diminuzione? Dove finisce questo fiume di denaro pubblico?

Ieri sera avevamo promesso di pubblicare la seconda puntata della crisi della sanità pubblica siciliana (qui la prima puntata). Abbiamo rimandato di un giorno perché abbiamo dovuto fare una verifica sui ‘numeri’. La verifica è andata a buon fine e ora cercheremo di illustrare dove finiscono i soldi della sanità siciliana. Intanto partiamo da un dato: già da alcuni anni la spesa sanitaria annuale in Sicilia ammonta a 9 miliardi e mezzo di euro. Da qualche anno a questa parte, a spesa complessiva sanitaria invariata (la parola “invariata” viene fuori dalla lettura del Bilancio regionale), la situazione, negli ospedali pubblici della nostra Isola è notevolmente peggiorata. Il problema riguarda il numero di medici e di infermieri negli ospedali pubblici, che è diminuito. Ci sarebbe inoltre la mancanza di posti letto negli stessi ospedali pubblici, che dovrebbe essere il frutto di scelte romane (il condizionale è d’obbligo, perché c’è il dubbio in alcuni ospedali pubblici siciliani i posti letto vangano diminuiti con rimodulazioni ‘interne’). La domanda è piuttosto semplice: se – come viene fuori dai pochi dati sulla sanità che si possono leggere nel Bilancio regionale – la spesa annuale per la sanità siciliana è sempre pari a 9 miliardi e mezzo di euro, come mai egli ospedali pubblici mancano medici e infermieri? Proviamo a illustrare le possibili ipotesi.

Siamo proprio sicuri che lo Stato eroghi per intero il 50% del fabbisogno della sanità siciliana?

Prima ipotesi. La spesa sanitaria in Sicilia non è più pari a 9 miliardi e mezzo. In questo caso dove finiscono i soldi che mancherebbero all’appello? E’ noto che, dal 2009, lo Stato, in forza di un imbroglio parlamentare contenuto nella legge Finanziaria nazionale del 2006, scippa al Fondo sanitario regionale siciliano oltre 600 milioni di euro all’anno. Questo avviene perché il Governo Prodi 2006-2008, con la connivenza del Parlamento nazionale di quella legislatura, ha deciso che la quota di compartecipazione della Regione siciliana alla spesa sanitaria della nostra Isola, a partire dal 2009, sarebbe passata da poco più del 41% a poco meno del 50%. Questo ‘scherzetto’, come già ricordato, costa alla Regione siciliana oltre 600 milioni di euro all’anno. Ciò significa che, dal 2009, la spesa sanitaria in Sicilia la pagano lo Stato e la Regione mettendo il 50% dei fondi a testa. La Regione dovrebbe erogare poco più di 4 miliardi e 700 milioni di euro; e altrettanti dovrebbe erogarli lo Stato. La prima ipotesi è che o la Regione, o lo Stato non erogano più la somma per intero. Che lo faccia la Regione a noi sembra improbabile: è già successo con i Governi di Rosario Crocetta e Nello Musumeci che, in forza di una legge regionale del 2016, scippavano al Fondo sanitario regionale 280 milioni all’anno. Ma la Corte dei Conti e la Corte Costituzionale hanno messo fine a questa porcata. E allora? E allora potrebbe essere lo Stato a non erogare per intero i 4 miliardi e 700 milioni di euro circa. La quota di finanziamento di finanziamento della sanità siciliana da parte dello Stato è composta per un po’ più di 2 miliardi e mezzo di euro dall’Irap e, per il resto, da fondi statali. L’Irap (Imposta sulle attività produttive) è un’imposta dello Stato ma a tirare fuori i soldi sono le imprese siciliane. Lo Stato, alla fine, per la sanità siciliana eroga poco più di un miliardo di euro all’anno. L’ipotesi da non scartare è che Roma non eroghi più queste somme e tutto venga tenuto nascosto. Se fosse così la Regione, forse da due anni, si ritroverebbe con poco più di 2 miliardi in meno nel Fondo sanitario. Fantasie? Non esattamente, se è vero che Unione europea e Governo italiano – come denuncia da alcune settimane Ciro Lomonte di Siciliani Liberi – non stiano erogando i fondi del Pnrr, Piano europeo che, di fatto, è abortito con la notizia che viene tenuta nascosta.

Forse è arrivato il momento di fare chiarezza sui tanti, forse troppi, soldi presi dal Fondo sanitario regionale siciliano per sostenere la sanità privata. Il riferimento è alle grandi strutture sanitarie e agli accreditamenti agli studi medici privati

Seconda ipotesi. La riassumiamo in una domanda: la Regione siciliana sta togliendo fondi agli ospedali pubblici per aumentare i finanziamenti alla sanità privata? Sono grosso modo tre le linee di finanziamento ai privati con il Fondo sanitario regionale siciliano. I fondi erogati alle cliniche private che fanno capo all’Aiop (Associazione italiana ospedalità privata), i fondi erogati alle grandi strutture ospedaliere private (Ismett e via continuando) e gli accreditamenti agli studi medici privati. Che siano aumentati i fondi alle cliniche private dell’Aiop a noi sembra molto improbabile, anche perché il dato sarebbe venuto fuori. Che siano aumentati i fondi erogati alle grandi strutture sanitarie private che operano in Sicilia è probabile: ma è impossibile che tali aumenti giustifichino il definanziamento degli ospedali pubblici. Il terzo elemento di questa seconda ipotesi è un grande punto interrogativo. Da quello che a noi risulta i nuovi accreditamenti agli studi medici privati sono bloccati da una decina di anni. Ciò non significa che non ci sono studi medici privati accreditati: al contrario, ce ne sono un bel po’ – sempre gli stessi soggetti da circa dieci anni a questa parte – che, in alcuni casi, godono di trattamenti con cifre importanti. Se ci chiedete perché la gran massa di questi soldi pubblici finisce sempre agli stessi soggetti privati, beh, non sappiamo cosa rispondere. Nell’analisi di questo settore non possiamo che affidarci alle indiscrezioni, perché se in Sicilia c’è un’area opaca per antonomasia, ebbene, quest’area opaca è proprio quella dei finanziamenti alle grandi strutture sanitarie private e agli accreditamenti agli studi medici privati (in realtà, la dizione finanziamenti è errata, perché si tratta di contributi annuali a fondo perduto a valere sul Fondo sanitario regionale siciliano). A noi risulta che ci sono accreditamenti con studi privati da 200 mila euro all’anno, da 400 mila euro all’anno, da 600 mila euro all’anno e, in qualche caso, anche da quasi un milione di euro all’anno. Ribadiamo: non è facile risalire alle vere cifre, perché in Sicilia, quando ci sono di mezzo i fondi elargiti alle strutture sanitarie private, è difficile, se non impossibile conoscere le cifre precise. Nei Paesi democratici queste cifre si desumono dal Bilancio, in Sicilia, no. Così ha deciso tutta la politica siciliana, di maggioranza e di opposizione. Né si può sperare – almeno fino ad oggi è stato così – in un’interrogazione di uno dei 70 ‘califfi’ dell’Ars al Governo regionale siciliano per avere questi dati e renderli noti ai cittadini. Va detto che, anche in questo caso, le cifre importanti erogate dalla Regione agli studi medici privati non giustificano la grande carenza di medici negli ospedali pubblici. Trattandosi, però, di cifre importanti, riducendo gli importi, per esempio del 50-60%, si potrebbero sostenere meglio alcuni settori della sanità pubblica siciliana, a cominciare dai Pronto soccorso che lavorano spesso con piante organiche di medici e infermieri drasticamente ridotte. E’ chiedere troppo?

Spesa farmaceutica e forniture sanitarie

Terza ipotesi. Questa è legata alla spesa farmaceutica e alle forniture sanitarie. Le ‘operazioni ci sono sempre ma sono diminuite, soprattutto in materia di forniture, dove l’attenzione oggi non manca. Così come, però, non mancano macchinari acquistati negli anni passati costati fior di denari e mai utilizzati. Ma – lo ribadiamo – non è più come un tempo. Un po’ diverso il discorso della spesa farmaceutica, dal momento che oggi, in quello che resta di un Occidente rimbambito, le multinazionali farmaceutiche comandano. Basti pensare che sono riuscite, con la connivenza di tutti i poteri, a contrabbandare per ‘vaccino’ contro il Covid una terapia genica sperimentale, peraltro rischiosa, i cui effetti – non esattamente positivi -cominciano a farsi notare, andando ad aggiungersi ai decessi e a chi ha dovuto subire effetti negativi. Detto questo, non crediamo che in Sicilia la spesa farmaceutica sia quella di un tempo. In ogni caso sono numeri da non trascurare, soprattutto se non sono giustificati.

Perché la Corte dei Conti per la Sicilia non fa chiarezza sulla proliferazione dei dipendenti amministrativi – compresi i precari sempre amministrativi – nelle nove ASP e nelle Aziende ospedaliere della Sicilia?

Quarta ipotesi. Chi segue le cronache politiche e sindacali della Sicilia avrà notato che un giorno sì e l’altro pure quasi tutte le organizzazioni sindacali sono impegnatissime a chiedere la stabilizzazione dei precari che, per un verso o per l’altro, sono finiti a libro paga della sanità pubblica della nostra Isola. Cosa stiamo cercando di dire? Semplicissimo: che abbiamo la sensazione che nelle nove Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) e nelle Aziende ospedaliere della Sicilia il numero di dipendenti amministrativi e di precari sempre amministrativi potrebbe aver superato il numero dei medici e degli infermieri. Cosa ce lo fa pensare? Tre constatazioni. Prima constatazione: mentre negli ospedali pubblici mancano medici e infermieri, gli uffici amministrativi di ASP e ospedali pubblici della Sicilia, al contrario, rigurgitano di personale. Ci è capitato di vedere stanzette di tre metri per tre con tre o quattro scrivanie con altrettanti dipendenti. Seconda constatazione: in questi anni abbiamo assistito a tante stabilizzazioni e a tante manifestazioni di precari di ASP e Aziende ospedaliere che chiedono la stabilizzazione. Il fenomeno della crescita degli amministrativi nella sanità pubblica siciliana conviene ai sindacati che aumentano il numero di tesserati, conviene alla politica che raccoglie consenso elettorale ma non crediamo che faccia bene al Fondo sanitario regionale siciliano. terza constatazione: ormai da tempo quando i medici pubblici vanno in pensione non vengono sostituiti, o vengono sostituiti in parte. Emblematico il caso dei medici specializzandi (cioè non ancora specializzati) che vengono impiegati nei Pronto Soccorso. Sperare che la politica siciliana faccia chiarezza sulla proliferazione degli amministrativi nelle ASP e nelle Aziende ospedaliere della Sicilia è da stupidi. Come per i soldi che finiscono nelle tasche dei privati, l’assenza di informazione è pressoché totale. Dovrebbe essere la Corte dei Conti per la Sicilia a fare chiarezza su questo tema. Calcolando per ogni ASP e per ogni Azienda a quante unità ammonti il personale medico e a quante unità ammonti il personale amministrativo, compresi i precari amministrativi. Per capire quanto costa ogni anno, in ogni ASP e in ogni Azienda ospedaliera, il personale medico e quanto costa il personale amministrativo, compresi, ribadiamo, i tanti precari della sanità che non finiscono mai. I giudici contabili, ai quali la ‘massoneria sanitaria’ siciliana non può negare le ‘carte’, lo faranno?

Considerazione finale: non è da escludere che stiano in piedi tutt’e quattro le ipotesi…

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *