La veglia funebre nella cattedrale di Palermo di trent’anni fa per don Pino Puglisi con ricordi di dramma e dolore

“La chiesa divenne incandescente e fummo in parecchi a tentare velocemente di guadagnare l’uscita”

di Frate Domenico Spatola

La ricordo bene, a trent’anni di distanza. Era il 16 Settembre e si faceva, nella cattedrale di Palermo, la veglia funebre al corpo martoriato di Padre Puglisi. Era un via vai ininterrotto di gente, dagli sguardi tristi. Chi lo aveva visto e chi conosciuto ma anche chi, come me, non ricordava di averlo incontrato. Il caso umanamente commuoveva e la paura si leggeva nei volti, per la banda di criminali che, avendo dichiarato guerra all’umanità, si erano anche spinti contro l’uomo di Dio che voleva proteggere i bambini e i più deboli. Ricordo che la parola ricorrente anche dalla bocca del Cardinale Pappalardo, non poteva essere la rassegnazione, ma ci sembrava fatale doversi arrendere impotenti. I mafiosi erano più forti e purtroppo anche ben protetti. Per cui bisbigliando si chiedeva a quando il prossimo ammazzato. Nella ridda di pensieri che non mi davano tregua provavo a fare scorrere il rosario tra le dita, chiedendomi anche come fece Cicerone con Catilina: “Quousque tandem?” (Fino a quando?). Mentre provavo a resettare il cervello, dal fondo della chiesa si alzarono grida sempre più aggressive contro qualcuno. La paura, lo confesso, mi raggelò, non sapendo che temere, perché quelle urla crescevano più minacciose. Chiesi a un signore accanto, e compresi che sapeva. Mi riferì di coloro che, dal “triangolo della morte” del Palermitano, erano venuti con i loro preti a manifestare. Esplose la loro rabbia, quando in cattedrale videro un tizio, di cui non svelo il nome, da essi ritenuto complice e colluso con i mafiosi. La chiesa divenne incandescente e fummo in parecchi a tentare velocemente di guadagnare l’uscita. Fu il mio ricordo di quella sera, di dramma e… di dolore.

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