Ieri abbiamo ricordato San Giuseppe Moscati, il medico che i napoletani ricordano e amano come San Gennaro e il grande Totò

di Frate Domenico Spatola

Come i Santi Cosimo e Damiano, Giuseppe Moscati, oggi Santo, è stato il medico dei poveri

Ieri per i Napoletani è stato il ricordo di un grande Santo. Come Totò? Non famoso come lui, semmai della risma di San Gennaro. Perché Santo davvero fu Giuseppe Moscati, nato a Benevento nel 1880. Medico, ascrivibile agli “anargiri” come Cosimo e Damiano. A quelli cioè che non si facevano pagare per ogni prestazione in favore degli ammalati poveri. Categoria utopica e in estinzione. Non mancano eccezioni. Si intende. Ma è l’andazzo, che “Ognuno tiene famiglia, e i soldi non bastano!”. Il Moscati pareva non averne bisogno per sé, perché per i poveri, ed erano tanti nella Napoli del primo dopoguerra, si sfacciava, in Rioni poveri e maleodoranti. “Se ne hai mettine, se non ne hai, prendine”. Il cartello faceva bella mostra su un cestino, mediamente quasi sempre svuotato, in sala d’attesa del suo studio. Sua zona era “Incurabili” e dell’omonimo ospedale sarà primario nel 1925. Ma per jattura dei suoi pazienti, solo per due anni, perché a 47 anni, il 12 aprile del 1927, compianto dall’intera città che aveva in lui l’amico dei poveri, fu freddato dall’infarto fulminante. Ma continua a vivere, nel cuore dei suoi poveri, che a Napoli lo hanno come “il medico”, e non solo dell’anima. Recentemente Peppe Fiorello, in un riuscitissimo sceneggiato televisivo, lo ha fatto conoscere al grande pubblico. Ne fece emergere la virtù, dell’appassionato del malato che, laddove non poteva con la medicina, lo raggiungeva con la fede. Napoli lo ricorda e lo invoca al pari di San Gennaro e di Totò.

Foto tratta da QuiCampiFlegrei

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