Spagna squallida contemporanea: ecco come il finto ‘indipendentista’ Carles Puigdemont e il finto ‘rivoluzionario’ Pablo Iglesias si sono ‘sistemati’ con il finto socialista Pedro Sánchez tra poltrone & prebende

Quando la politica diventa una cosa da buttare nella pattumiera dell’attualità e della storia

L’alleanza tra Carles Puigdemont (foto sotto, Wikipedia) e il Governo di Pedro Sánchez rappresenta uno dei paradossi più evidenti della politica spagnola contemporanea. Il leader di Junts per Catalunya, simbolo dell’indipendentismo catalano, continua a fornire sostegno parlamentare a un esecutivo che incarna esattamente quella visione europeista e centralista che dovrebbe essere l’antitesi del progetto secessionista catalano. (Sopra, manifestazione degli Indipendentisti catalani, foto tratta da Avvenire)

Sánchez, ovvero l’europeismo di facciata e il socialismo che fa ridere

Sánchez (foto sotto Wikipedia) si presenta come il paladino di un’Europa progressista, ma la realtà rivela un allineamento acritico con le élite di Bruxelles che hanno trasformato l’Unione europea in uno strumento delle oligarchie finanziarie. Il presidente del Governo spagnolo ha abbracciato senza riserve le politiche di austerità mascherate da “Green deal”, sostenendo un modello economico che favorisce le grandi corporazioni a scapito della sovranità popolare e territoriale. La recente approvazione della riforma del sistema pensionistico, imposta dalle pressioni europee, dimostra come Sánchez sia disposto a sacrificare i diritti sociali sull’altare dei vincoli di bilancio europei. Proprio quelle istituzioni che nel 2017 voltarono le spalle alla Catalogna durante il referendum sull’indipendenza, sostenendo apertamente la repressione del governo Rajoy.

L’ipocrisia sull’autodeterminazione

La contraddizione più stridente riguarda il principio di autodeterminazione. Mentre Puigdemont rivendica, anzi, rivendicava il diritto del popolo catalano a decidere del proprio futuro, sostiene un Governo che aderisce a un’Unione europea nemica dichiarata di qualsiasi velleità autodeterminista. La stessa Ue che ha ignorato le aspirazioni indipendentiste catalane, che ha sostenuto la linea dura di Madrid nel 2017, e che oggi predica l’unità territoriale come valore assoluto. Sánchez ha certamente concesso l’amnistia ai leader indipendentisti, ma questa mossa, più che un riconoscimento dei diritti catalani, rappresenta un calcolo politico per mantenere la maggioranza parlamentare. Nel frattempo, il Governo Sánchez continua a opporsi fermamente a qualsiasi forma di referendum sull’indipendenza, allineandosi perfettamente con la dottrina europea che vede nell’integrità territoriale degli Stati membri un tabù inviolabile.

Un pacifismo di comodo

Sul fronte della politica estera, Sánchez si è rivelato un fedele alleato delle strategie belliciste dell’establishment occidentale. Il sostegno incondizionato all’Ucraina, pur comprensibile sul piano umanitario, ha significato l’adesione a una logica di escalation militare che allontana prospettive di pace negoziata. Il Governo spagnolo ha aumentato le spese militari, inviato armi e sostenuto le sanzioni che hanno danneggiato l’economia europea, dimostrando una subordinazione alle strategie geopolitiche di Washington e Bruxelles. L’unico elemento di differenza rispetto ad altri Paesi Ue sta nel fatto che il Governo Sánchez non ha mai ipotizzato di inviare truppe in Ucraina. Per il resto, ribadiamo, l’appiattimento dell’attuale esecutivo spagnlo al sistema ultra-liberista e globalista dell’Unione europea è totale. Particolarmente emblematico è stato il silenzio sostanziale del Governo Sánchez di fronte ai massacri a Gaza, limitandosi a dichiarazioni di circostanza mentre l’Europa intera si rendeva complice di un genocidio annunciato. Dove sono i principi progressisti tanto sbandierati quando si tratta di opporsi concretamente alle politiche imperialiste?

Il tradimento delle aspettative: Podemos complice silenzioso

L’alleanza Puigdemont-Sánchez rappresenta il tradimento delle aspettative di chi credeva in un’alternativa reale al sistema. Il leader indipendentista, pur di mantenere una posizione di influenza, ha accettato di diventare stampella di un Governo che incarna tutto ciò contro cui dovrebbe lottare: l’europeismo oligarchico, il centralismo mascherato, l’allineamento atlantico e, soprattutto, il sistema ultra-liberista e globalista. Ma la responsabilità di questa deriva non ricade solo sulle spalle di Puigdemont. Anche Podemos, il partito che si presentava come l’incarnazione del cambiamento e della rottura con il sistema, si è reso complice di questa farsa. Se è vero che dai socialisti europei c’è poco da aspettarsi in termini di vere misure di sinistra – essendo ormai totalmente integrati nel sistema neoliberista – risulta ancora più deludente vedere come anche la formazione di Pablo Iglesias (foto sotto, Wikipedia) abbia rinunciato ai propri principi fondativi. Podemos, nato dalle proteste del 15-M e dal rifiuto dell’austerità europea, oggi si trova a sostenere politiche che contraddicono la propria base programmatica. Il partito che prometteva di “assaltare i cieli” si è accontentato di qualche poltrona ministeriale, accettando di essere il junior partner di un Governo che continua a implementare le ricette economiche imposte da Bruxelles. Dove sono finite le promesse di uscita dall’euro? Dov’è l’opposizione alle politiche di austerità mascherate da Green deal?

Conclusioni

Tornando agli ormai finti e tragicomici ‘Indipendentisti’ del piffero di Puigdemont, va detto senza mezzi termini che la squallida alleanza di convenienza con i finti socialisti di Sánchez non solo svilisce la causa indipendentista, ma rivela l’incapacità generale della sinistra spagnola di offrire alternative credibili a un sistema che serve esclusivamente gli interessi delle élite transnazionali. Mentre Puigdemont negozia poltrone e privilegi, e Podemos si accontenta di una partecipazione marginale al potere, arraffando ‘strapuntini’ e prebende politiche di qua e di là, i sogni di cambiamento sociale e di liberazione nazionale si trasformano in merce di scambio parlamentare. Il sostegno di Puigdemont al Governo Sánchez, con la complicità silenziosa di Podemos, rappresenta una delle più clamorose capitolazioni politiche degli ultimi decenni. Leaders che si presentavano come portatori di cambiamento radicale – uno per l’indipendenza nazionale, l’altro per la giustizia sociale – hanno finito per sostenere un Governo europeista e neoliberista che rappresenta l’antitesi dei loro proclami originari. La vera tragedia non è solo il tradimento degli elettori catalani che credevano in un progetto di liberazione nazionale, o degli attivisti di sinistra che speravano in una rottura del sistema, ma la dimostrazione che anche i movimenti apparentemente più radicali possono essere facilmente cooptati dal potere che pretendevano di combattere. In questo teatrino della politica spagnola, a perdere sono sempre i popoli che aspirano a una reale sovranità, autodeterminazione e giustizia sociale.

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